Con milioni di visualizzazioni su Facebook e youtube e oltre 50mila condivisioni, un video diffuso dall’associazione americana Live Action ha causato un responso enorme sull’industria dell’aborto tardivo. Come si sa esistono in America cliniche abortive che praticano il cosiddetto aborto tardivo, cioè l’uccisione del feto anche quando esso è in grado di sopravvivere al precedente tentativo di aborto ed esce dal grembo materno in vita e soprattutto al limite del termine previsto dalla legge americana in materia. Il video si intitola What is Human? Nel video si possono ascoltare le dichiarazioni di Leroy Carhart, colpevole in passato della morte di una donna di 29 anni in seguito a una procedura di aborto fallito che in passato aveva definito i bambini nati prematuri come “carne nella pentola a pressione”. Il personaggio in questione cerca di “umanizzare” la procedura di uccisione dei feti nati vivi, mentre un altro abortista, Laura Mercer, risponde in modo evasivo a una donna che vuole praticare un aborto tardivo. La donna, alla 23esima settimana di gravidanza, chiede se il feto è sviluppato completamente, se ha cioè tutti gli organi vitali. La Mercer risponde che non è del tutto sviluppato e che non assomiglia a un bambino. A domande incalzanti risponde: tecnicamente ha tutti gli organi come li abbiamo noi, ma non è un essere finito. La Mercer poi spiega i dettagli raccapriccianti del protocollo di questo tipo di aborti, compresa l’iniezione di Digossina che agisce come un veleno nel cuore del feto o del liquido amniotico per uccidere il bambino, seguita dal travaglio indotto. La donna spiega anche le procedure di dilatazione ed evacuazione che strappano in pezzi il bambino prematuro, arto per arto. Inutile dire che, come si legge dai commenti al video anche molti abortisti convinti dopo aver visto il filmato hanno cambiato idea. Live Action in passato ha documentato i gravi abusi dell’industria dell’aborto, compresa la copertura di abusi sessuali, il favoreggiamento nei confronti dei trafficanti di sesso, la disponibilità di medici abortisti a effettuare infanticidi e aborti in base al sesso e alla razza.