“Se l’Iran, che ha già ammesso di non essere interessato alle armi nucleari, riconosce che è nel suo interesse e riesce a dimostrarlo al mondo, le sanzioni potrebbero essere rimosse, l’economia iniziare a crescere e l’Iran sarà reintegrato nella comunità internazionale”. Lo ha detto il presidente americano, Barack Obama, il quale ha poi aggiunto di non escludere la possibilità di aprire un’ambasciata in Iran. “Mai dire mai”, ha commentato l’inquilino della Casa Bianca. Ne abbiamo parlato con il professor Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali (Ce.Si).
Come valuta le dichiarazioni di Obama sull’Iran?
Nel modo migliore possibile. L’Iran è una potenza regionale il cui ritorno all’interno del consesso dei principali attori dell’area non potrà che essere positivo per l’intero Medio Oriente.
Come si spiega questa svolta di Obama?
Non è una svolta. Le posizioni politiche variano ed evolvono a seconda dei contesti. Gli americani ritengono che l’Iran abbia fatto degli importanti passi avanti e ne prendono doverosamente atto.
Il segretario Usa alla Difesa, Chuck Hagel, è stato licenziato proprio per le sue eccessive aperture all’Iran. Ora Obama fa marcia indietro?
Le vere ragioni per cui Hagel ha dato le dimissioni sono conosciute soltanto all’interno del Consiglio di sicurezza nazionale. Un’apertura verso l’Iran è nell’interesse di tutti e in particolare dell’Italia.
Perché dice che un’apertura all’Iran è anche nell’interesse dell’Italia?
Perché l’Italia è sempre stato un partner privilegiato dell’Iran. Avere un Iran normalizzato e non più messo all’indice potrebbe aprire nuovamente alle aziende italiane importantissimi sbocchi con ritorni diretti per la nostra economia.
Quali possono essere le conseguenze di questa apertura di Obama?
Sicuramente positive. Dall’11 settembre viviamo sotto la spada di Damocle del terrorismo sunnita. Avere un contraltare amico ed autorevole grazie a un nuovo Iran non potrà che avere eccellenti ricadute sull’intero Medio Oriente.
L’apertura di un’ambasciata a Tehran può favorire anche il negoziato sul nucleare?
Decisamente sì, ma mi pare che l’apertura di un’ambasciata a Tehran sia la conseguenza di un accordo più ampio. Non solo un primo passo ma già un passo in avanti molto forte compiuto dall’amministrazione americana.
Iran e Occidente possono combattere insieme contro l’Isis?
Iran e Occidente già collaborano da tempo contro l’Isis e contro Al Qaeda. I più recenti sviluppi sono la conseguenza di anni di piccoli incontri riservati, che stanno portando a un rapporto nuovo tra l’Occidente e l’Iran.
E’ più importante combattere l’Isis o Assad?
Sono due cose diverse. Che piaccia o meno, Assad in questo momento rappresenta una realtà di stabilizzazione. Se la Siria implodesse finirebbe automaticamente in mano ai guerriglieri jihadisti.
Per dialogare con l’Iran è necessario prendere le distanze da Israele?
No. Vorrei ricordare che l’Iran è l’unico Paese del Medio Oriente che ha all’interno del Parlamento una quota riservata a deputati di religione ebraica. Israele è uno Stato forte e legittimo, l’Iran è uno Stato altrettanto legittimo. Con entrambi va usata la realpolitik: abbracciare un Paese non vuole dire abbandonarne un altro.
Israele accetterà queste aperture all’Iran?
Mi scusi, ma la politica estera degli Stati Uniti o dell’Italia non la può fare un altro Paese. L’amministrazione americana prenderà le proprie decisioni sulla base di quella che è la migliore convenienza per gli Stati Uniti. Se l’Iran dimostrerà ampiamente di avere abbandonato un certo tipo di politica, non vedo per quale ragione un altro Stato debba essere contrario.
Ritiene che in passato ci sia stata un’influenza forte degli ebrei tanto americani quanto israeliani sulla politica estera di Washington?
Mi perdoni, ma io non discuto le dinamiche delle cosiddette lobby, tanto da una parte quanto dall’altra. Le politiche estere si fanno in maniere diverse, se poi qualcuno si fa influenzare buon per lui, o cattivo per lui che dir si voglia.
Lei che cosa ne pensa del riconoscimento dei due Stati, Israele e Palestina?
Ritengo che sia nell’interesse di Israele avere la pace vicino ai propri confini, e che non sia dignitoso vedere centinaia di migliaia di persone vivere in condizioni di profondo disagio. Allo stesso modo non è possibile immaginare che ci siano cittadini che vivono nel timore o nella paura di una pioggia di razzi. Quindi la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Palestina è negli interessi globali.
Come valuta la posizione di Onu e Ue nei confronti di Israele e Palestina?
Con la stessa forza che hanno le Nazioni Unite e l’Unione europea.
(Pietro Vernizzi)