In questi giorni si sta concludendo a Buenos Aires un processo importantissimo: quello della tragedia ferroviaria alla stazione Once nella quale, il 22 febbraio del 2012, perirono 52 persone e oltre 700 furono ferite. Il triste episodio è uno dei tanti scandali della favola kirchnerista, perché rivela come il sistema politico in vigore da 12 anni e che a breve segnerà il suo epilogo (le elezioni avranno luogo il 25 dicembre e Cristina Fernandez de Kirchner non potrà presentarsi) altro non è che la continuazione di quello menemista tanto “combattuto” a livello ideologico ma del quale entrambi i presidenti Kirchner sono stati i più ardenti sostenitori. Se Menem aveva distrutto il sistema ferroviario privatizzandolo selvaggiamente, i Governi successivi hanno elargito cospicui fondi alle società di gestione che però, invece che essere utilizzati per migliorare sia la rete che i treni, attraverso società di comodo finivano nei conti all’estero degli imprenditori… ovviamente con l’avvallo politico e sostanziose “ricadute” sul sistema di potere. Prova ne è che tutte le relazioni delle Commissioni per la sicurezza, che rilevarono l’estrema precarietà del sistema e la sua mancanza di sicurezza, vennero bypassate senza avere alcun effetto. 



Ma c’è di più: pochi giorni prima dell’incidente una mail del Dirigente del Materiale ferroviario segnalava come il convoglio protagonista della tragedia (nominato “Chapa 11”) non era in grado di circolare perché presentava “Anomalie non riparabili”. Nei giorni della tragedia, anziché parlare alla Nazione come fa ogni settimana a reti unificate cogliendo spesso occasioni fittizie (inaugurare opere già inaugurate o non ancora complete) la Presidente disse che “se fosse stato di domenica non si sarebbero registrate vittime”, incorrendo in una delle tantissime gaffes che hanno contraddistinto il suo mandato. Abbiamo incontrato l’ingegner Juan Brito, il perito che, dapprima convocato dai giudici in quanto massimo esperto di ferrovie dell’Argentina, è stato in seguito ostacolato proprio perché dimostrò le gigantesche falle del sistema.



Lei è il massimo esperto in Argentina rispetto al trasporto ferroviario. Come Le è pervenuto l’incarico per la perizia?

Il giudice Bonadio aveva richiesto all’Universita di Buenos Aires degli esperti e lì mi è stato affidato l’incarico che ho accettato a determinate condizioni. In primis, l’acquisto di un’apparecchiatura particolare computerizzata che si usa in questi casi e poi la trascrizione completa della perizia, in modo da fornire una documentazione futura su di essa e con questo ottenere la massima trasparenza.

Qual è stata la metodologia di investigazione?



All’inizio eravamo divisi in squadre specializzate in diverse parti dell’incidente: in qualità di esperto in materiale ferroviario mi sono occupato dello stato del sistema frenante. Poi però sono sopraggiunte delle distonie molto forti sulle conclusioni e mi sono trovato solo.

Perché?

La metodologia di registrazione del movimento del treno attraverso il GPS presenta sempre delle falle che solo attraverso l’applicazione del polinomio di Lagrange a livello matematico possono rivelare dei dati inconfutabili, che hanno determinato, in questo caso, il mancato funzionamento del sistema frenante, il tentativo estremo effettuato dal macchinista solo poco prima dell’impatto e la pessima situazione del sistema di paracolpi a fine binario che, combinata alla perdita di una lamiera della carrozzeria anteriore del treno (segno indiscutibile di frenata), ha provocato il suo innalzamento, la conseguente entrata di più di metà del secondo vagone nel primo e l’ammontonamento degli altri, fatto che ha moltiplicato le vittime.

 

Il treno in che stato si trovava?

I vagoni erano i giapponesi Toshiba e furono comprati nel 1965. Il Giappone disponeva già di un’avanguardia tecnologica che l’ha portato a dotare i suoi treni di un impianto frenante praticamente indistruttibile perché misto dinamico ed elettrico unito a compressori. Dopo l’incidente si è incontrata una modifica effettuata da diversi anni, mai approvata dall’organo competente per la sicurezza argentino, il Cnrt, che aveva di fatto eliminato sia il sistema elettrico e dinamico che parte dei compressori, riducendoli da 8 a 6 per convoglio. Altra cosa importante e unica nel suo genere è che a causa della mancanza di revisioni, nei vagoni si era accumulato tanto ossido da provocare una spessa nube al momento dell’impatto.

 

In definitiva quali sono le responsabilità del macchinista, visto che rischia una condanna pesantissima?

Cosa vuole che le dica? Lavorava da solo un anno e non aveva avuto alcun addestramento specifico all’emergenza. Al giorno d’oggi esistono poi dei sistemi che controllano l’operato del macchinista e permettono correggerne gli errori, ma ovviamente in Argentina non sono presenti.

 

(Arturo Illia)