Un caso che più intricato non si può, di cui avevamo già parlato sul sussidiario e che adesso è arrivato alla sentenza del tribunale. Tutto si gioca su una bambina e sua sorella,  una di 14 e una di 10 anni, avute da un donatore di sperma, cresciute con la madre biologica e la sua compagna, in quanto coppia di lesbiche. Il padre biologico intanto, un gay, ha costruito la sua relazione affettiva con un altro uomo. Dopo un primo periodo in cui i quattro adulti collaboravano nella crescita delle piccole, i rapporti si erano interrotti malamente, tanto che verso i sette anni della più grande i due uomini si sono rivolti a un tribunale. Le due donne però si sono opposte, costruendo come si legge nella sentenza, una sorta di “fortezza protettiva attorno alle bambine”. La cosa si è trasferita ben presto in tribunale, con una causa durata quasi sette anni. Alle ragazzine la corte ha dato il diritto legale di decidere cosa fare, se cioè intrattenere rapporti con la coppia di uomini, ma la più grande non è sembrata apprezzare questa decisione, per via della durata e dell’asprezza del confronto legale fra le due coppie di cui ha incolpato il padre biologico. A questo punto ha deciso il giudice con una sentenza che rivela una verità oggettiva. Per il giudice, il problema è che i figli non dovrebbero mai conoscere il donatore, il padre biologico, ma ha sentenziato comunque che i due uomini debbano avere una relazione seppur ridotta con le ragazze “perché è necessario per ogni bambino avere durante la crescita rapporti anche con figure maschili e non solo femminili”. Una implicita ammissione dunque che i figli necessitano di un padre e di una madre. “C’è un vuoto esistenziale nelle ragazze che è dovuto alla mancanza di una relazione significativa con figure maschili”. Al momento i due uomini per non inasprire una situazione così delicata hanno deciso di limitarsi a scrivere lettere e mandare regali, nella speranza che i rapporti fra tutti i componenti delle due famiglie si ristabiliscano in modo decente.



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