“Gli Stati Uniti non possono sostenere in nessun modo l’intervento della Russia in difesa di Assad, perché si troverebbero contro l’intero mondo sunnita e soprattutto i loro principali alleati in Medio Oriente: Turchia e Arabia Saudita”. Lo afferma Carlo Jean, generale e analista militare, dopo che Washington ha detto no alla proposta del Cremlino di un vertice a Mosca sulla questione siriana. La Casa Bianca ha rifiutato anche di incontrare in America una delegazione russa guidata dal premier Dmitri Medvedev. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov. Sempre per il generale Jean, “la scelta dell’Italia di usare i Tornado presenti in Iraq per effettuare ricognizioni ma non per bombardare l’Isis è un grave errore. Il governo dell’Iraq, un Paese amico, ci ha chiesto di intervenire per difenderlo da un’aggressione territoriale. Ancora una volta il governo italiano ha scelto di tenere un piede in due scarpe”.



Generale, come si spiega la decisione Usa di dire no a un vertice sulla Siria a Mosca?

Gli Stati Uniti hanno posto come precondizione il fatto che Assad venga subito deposto, prima di avviare qualsiasi transizione. La Russia invece sta agendo in favore di Assad, anche giocando sul fatto che molti in Europa lo preferiscono all’Isis o al caos.



Perché gli Stati Uniti insistono così tanto sulla deposizione di Assad?

Perché è la precondizione posta dagli alleati degli Stati Uniti in Medio Oriente, cioè Turchia e Arabia Saudita. Gli Stati Uniti non possono dettare una linea diversa? No, gli Stati Uniti non possono dettare la linea perché si troverebbero contro l’intero mondo sunnita. Gli analisti della Casa Bianca prevedono che in Siria presto la Russia si troverà nei guai. Anzi gli stessi musulmani russi, a loro volta sunniti, stanno già incominciando ad agitarsi soprattutto nel Caucaso del Nord e in Uzbekistan.

Le diverse anime dei Democratici Usa sulla Siria hanno una posizione comune?



Negli Stati Uniti la politica estera è ormai una questione trasversale. Non è più così bipartisan come durante la guerra fredda, ma sia tra Democratici sia tra Repubblicani alcuni sono favorevoli alle posizioni soft di Obama,mentre altri vorrebbero un intervento più duro. Il senatore John McCain per esempio vorrebbe l’impiego di truppe di terra contro l’Isis, così da occupare l’intera zona tra Siria e Iraq. L’importante è che a dettare la soluzione siano gli Stati Uniti e non invece la Russia.

Nel frattempo com’è la situazione sul campo in Siria?

Il morale dell’esercito di Assad si è ripreso. Il merito è dell’intervento tanto della Russia quanto dei pasdaran iraniani, mille dei quali si trovano già in Siria, e dei militanti di Hezbollah. L’offensiva congiunta di forze governative, iraniani ed Hezbollah mira a riconquistare la zona di Aleppo. Quest’ultima è in gran parte nelle mani di insorti siriani appoggiati da Turchia, Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar. L’Isis controlla le campagne, ma non ha una presenza forte ad Aleppo.

Renzi intanto ha rinviato qualsiasi decisione rispetto ai bombardamenti dei Tornado italiani in Iraq. E’ la scelta migliore?

Dobbiamo tenere conto di un fatto: sia che i Tornado partecipino ai bombardamenti, sia che svolgano solo ricognizioni, noi siamo in guerra contro lo Stato Islamico. Di fatto l’Italia è intervenuta in appoggio del governo di Baghdad, che aveva chiesto il nostro aiuto. Queste sottili disquisizioni legalistiche quindi non hanno senso. Le ricognizioni di obiettivi colpiti poi da jet di altri Paesi sono un atto di guerra così come un bombardamento.

 

Come spiega allora le incertezze del nostro governo?

E’ il solito vizio italiano di partecipare alle coalizioni internazionali con un piede dentro e uno fuori. La ritengo una scelta sciagurata, perché in questo modo perdiamo tutti i vantaggi che potremmo avere da una partecipazione piena. Tutti i nostri alleati, come Stati Uniti, Paesi Bassi, Francia e Regno Unito, hanno accolto la richiesta del governo di Baghdad di bombardare l’Isis.

 

La nostra Costituzione ci consente di intervenire in modo attivo fuori dai confini nazionali?

La legittimità dell’intervento in Iraq è dovuta al fatto che c’è un’esplicita richiesta del governo di Baghdad. Le disquisizioni sull’articolo 15 della Costituzione sono dunque del tutto fuori luogo. In Iraq c’è un governo amico che ci chiede di intervenire contro una minaccia alla sua integrità territoriale e alle sue istituzioni. Il fatto che i Tornado italiani facciano solo ricognizioni ha come conseguenza che i nostri aerei sono soggetti allo stesso rischio che avrebbero se bombardassero. Ma da un punto di vista politico-diplomatico i ritorni che può avere l’Italia sono sicuramente inferiori.

 

Infine una domanda su quanto sta avvenendo in Palestina. Il radicalizzarsi della situazione è in qualche modo ispirato dall’Isis?

Senz’altro c’è una propaganda dell’Isis per cercare di muovere le acque e avere affiliati anche tra i palestinesi. Escludo però che ci sia un’azione diretta dello Stato Islamico su Al Fatah e su Hamas. Teniamo conto che quando è iniziata la rivolta in Siria, il comando politico di Hamas è stato spostato da Damasco al Qatar. Ritengo che non sia un caso che la nuova sede di Hamas in Qatar è proprio vicina alla grande base aerea degli Stati Uniti.

 

(Pietro Vernizzi)