“I raid aerei ordinati da Putin non sono sufficienti per contrastare l’Isis. Servono truppe di terra, ma l’esercito siriano è troppo debole per sfidare il califfato e gli stessi peshmerga curdi sono in grado di fermarlo, ma non di riconquistare i territori perduti”. A spiegarlo è Michael Herzog, analista strategico israeliano e international fellow del Washington Institute for Near East Policy. Ieri fonti libanesi hanno fatto sapere che Assad sta predisponendo una controffensiva di terra per riconquistare parte della Siria in mano ai ribelli. Nel frattempo alcune centinaia di combattenti iraniani sono giunti in Siria, dove sono già presenti le milizie sciite di Hezbollah.
Che cosa ne pensa dei raid russi sulla Siria?
La Russia ha affermato di avere colpito l’Isis, mentre in realtà ha preso di mira altri gruppi anti-Assad. Combattere l’Isis non è la sola, e forse neanche la principale ragione che ha spinto la Russia ad andare in Siria. A essere in gioco sono le prospettive globali di Mosca e il suo desiderio di riaffermarsi come una potenza globale mondiale. Nello stesso tempo Putin ha deciso che è nel suo interesse tenere in vita il regime di Assad. Quelle colpite dalla Russia sono aree importanti affinché l’entità controllata da Assad continui a esistere.
Perché Putin ha deciso di salvare Assad a tutti i costi?
Per una serie di ragioni. I russi hanno paura che se Assad cade, il vuoto sarà riempito da jihadisti e islamisti. Un tema rispetto a cui Mosca è molto sensibile perché in Russia c’è una grande comunità musulmana. Secondo fonti di Mosca, oltre 2.400 russi in questo momento stanno combattendo con lo stato islamico. Tenendo in vita Assad, la Russia intende inoltre giocare un ruolo decisivo nel futuro della Siria.
Qual è il piano politico del Cremlino?
L’idea è che Assad sarà parte della soluzione e per arrivarvi bisognerà parlare con la Russia. In terzo luogo Mosca vuole dimostrare che è leale ai suoi alleati, a differenza di quanto hanno fatto Stati Uniti ed Europa. Per non parlare del fatto che la Siria è sempre stata un punto d’appoggio per la Russia, che controlla il porto di Tartus e l’aeroporto di Latakia.
Stati Uniti e Russia riusciranno a trovare un accordo?
Da una parte, tanto Usa quanto Russia si oppongono allo stato islamico. Washington è alla guida di una grande coalizione internazionale che sta attuando degli attacchi aerei contro l’Isis. E adesso anche Mosca afferma di stare facendo altrettanto. Dall’altra, però, come dicevo, per la Russia Assad deve essere parte della soluzione, mentre gli Stati Uniti continuano a dire che non ci può essere nessun ruolo futuro di Assad, anche se, va detto, una apertura l’hanno fatta quando hanno detto: “La soluzione può iniziare con Assad, ma non può concludersi con lui”.
Dunque esistono spazi di collaborazione?
In realtà, credo di no. Anche se una questione rispetto a cui è indispensabile un coordinamento tra Usa e Russia è quella che riguarda gli spazi aerei. Nel momento in cui entrambe le superpotenze stanno compiendo dei raid aerei in Siria, se si vuole evitare che per errore un aereo russo ingaggi uno scontro a fuoco con un aereo americano, o viceversa, sono necessarie forme di coordinamento.
Ritiene che il piano russo sia adeguato per contrastare l’Isis?
Non penso che avrà un impatto strategico, perché i raid aerei da soli non sono sufficienti a sconfiggere lo stato Islamico. Perché ciò avvenga occorrono truppe di terra. L’esercito siriano è incapace di sconfiggere l’Isis, sia pure con il sostegno dell’aeronautica russa. Perché quest’ultimo sia efficace occorrerebbero inoltre centinaia di voli ogni giorno, e non poche unità come avviene oggi.
Chi può fornire questo supporto di terra?
Le uniche truppe efficienti nel Nord della Siria in questo momento sono quelle dei curdi. Questi ultimi sono forti abbastanza per fermare e respingere l’Isis, ma non per riconquistare i territori nelle loro mani.
John McCain ha denunciato il fatto che i jet russi hanno colpito il Free Syrian Army…
Non sarei sorpreso se a un certo punto i ribelli siriani addestrati dagli Usa fossero colpiti dagli aerei russi. Se ciò avverrà, senza risposte da parte dell’America, farà venire alla luce l’inefficacia delle politiche Usa in Siria.
Un portavoce del Pentagono ha reso noto che gli Usa hanno speso milioni di dollari per addestrare ribelli che poi hanno consegnato le loro armi ai qaedisti di Al Nusra. Che cosa ne pensa di quanto è avvenuto?
La ritengo una vera disgrazia. Il piano Usa in Siria si è rivelato un fallimento. I progetti americani sono stati avviati troppo tardi. Si sarebbe dovuto iniziare fin dalle prime avvisaglie della rivoluzione, come fu suggerito dall’allora segretario di Stato Hillary Clinton e dai vertici della Cia. Ora gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Quali interlocutori sul terreno ritiene affidabili?
Se guardiamo alla mappa della Siria, le forze affidabili e in grado di contrastare l’Isis sono ben poche. Alcuni elementi tribali sunniti nel Nord di Siria e Iraq si stanno organizzando e stanno iniziando a unirsi al combattimento. Sono questi gruppi che dovrebbero essere incoraggiati dagli Stati Uniti, anziché formazioni deboli come quelle dei ribelli.
(Pietro Vernizzi)