ELEZIONI ARGENTINA. Il 17 ottobre si sono celebrati in Argentina i 70 anni dell’ascesa al potere del Generale Peron: un evento che nel tempo si è dissolto per importanza, ma che da sempre viene chiamato “il giorno della lealtà”. Dissolto perché, sopratutto in questi anni con l’ascesa del kirchnerismo, che si considera la sua evoluzione, il peronismo come movimento si è scisso nettamente in due parti: una che appoggia la “decade vinta” dei Kirchner, l’altra che invece ripudia integralmente l’attuale regime.



Eppure esiste un nesso inconfutabile tra le due esperienze politiche, che le collega direttamente con aneddoti storici che da non molto ha fatto venire alla luce la straordinaria giornalista Silvia Mercado attraverso due libri che li hanno rivelati: il primo riguarda Raul Apold, lo sconosciutissimo “inventore” del Peronismo; il secondo riguarda direttamente non solo quel fatidico 17 ottobre ma anche altre tappe “epiche” o almeno credute tali. Ne abbiamo parlato direttamente con Silvia, che ci ha concesso un’intervista a Buenos Aires.



Il suo primo libro sul tema ha di fatto resuscitato un personaggio importantissimo nel peronismo, caduto nell’oblio da anni: ci vuol dire chi era Raul Apold?

Uno dei miei libri è una biografia sull’addetto stampa di Peron, che coprì le due presidenze del generale in un periodo che va dal 1946 al 1955, quando venne destituito. Lo definisco inventore del peronismo perché nel 1947 fu lui che decise di porre il nome del Presidente, ancora in vita, al partito dato che Peron andò al potere con il Partito Laburista. Si tratta dell’unico partito al mondo ad avere il nome del suo capo ancora in vita, però il suo merito maggiore consiste nell’aver creato quello che potremo definire con termini attuali, la “fiction” peronista. 



Cosa intende dire?

In pratica costruì una gran quantità di episodi, per non dire un melodramma, molto distanti dalla realtà, che ancor oggi risultano credibili, anche perché la gran quantità delle informazioni su di essi è stata cancellata. Ha inventato un vero e propria sottosegretariato della comunicazione, sulla base di quella di Mussolini del quale il Generale fu ammiratore, che è rimasto unico nel suo genere in America Latina, almeno fino al sorgere del kirchnerismo. È stato in pratica il Goebbels di Peron che si occupò di uniformare i media dell’epoca in una voce unica: o comprati dallo Stato o acquisiti da imprenditori amici. Anche i due giornali indipendenti, Clarin e Nacion, che tuttora vengono pubblicati, erano obbligati all’autocensura perché lo Stato aveva il monopolio della produzione di carta da giornale. Ma la manovra investì anche il mondo dell’arte, il cinema in particolare, visto che proprio da questo mondo proveniva Apold, prima del suo incarico politico.

Ci può citare esempi del melodramma?

Tutti crediamo, peronisti o no, che il 17 ottobre del 1945 il popolo si mosse in massa per chiedere la liberazione del Generale dal carcere, quando nella realtà fu tutta un’operazione di intelligence, della quale Peron faceva parte. In pratica la manifestazione oceanica non esistette perché si aggregarono all’operazione solo l’esercito, la Polizia federale e sindacati la cui importanza era marginale. Nelle due immagini reali di quel giorno si vede poca gente, non il milione spacciato dal potere a ogni sua commemorazione. Ma qui sta il punto: le immagini spacciate per adunate oceaniche esistono, ma appartengono alle commemorazioni, dove la giornata era festeggiata con un dispiego di mezzi e una scenografia imponente. Anche la rinuncia di Evita Peron alla vicepresidenza, il 22 agosto 1951, come pure la sua “santificazione” è un melodramma costruito da Apold, anche questa volta con una scenografia imponente imposta dal regime. Evita si era candidata, ma era solo il pretesto per una messinscena, in quanto Peron era contrario a una vicepresidenza forte, che poteva contrastarlo mediaticamente.

Cme mai a un certo punto Nestor Kirchner si interessa all’opera di Apold convocando un uomo politico che all’epoca lo aveva conosciuto?

I Kirchner avevano aveva già provato un’esperienza di autoritarismo notevole quando Nestor era Governatore a Santa Cruz, in Patagonia, ma aveva difficoltà a riprodurla a livello nazionale e quindi volevano conoscere un politico dell’epoca per avere informazioni. Nestor lo convocò presso la residenza Presidenziale di Olivos e questo ex politico, che seppure da me intervistato lo ha fatto in forma anonima, gli ha consigliato non solo di puntare sul monopolio mediatico, ma anche di tirare dalla sua parte il mondo artistico, cosa che Kirchner ha compiuto in maniera più profonda di quanto fatto da Peron all’epoca. E da quel momento che sono iniziate le manovre per conquistare i media o direttamente o attraverso imprenditori amici (oggi il Governo controlla l’80% dei media del Paese ma con solo il 20% di share, ndr): contemporaneamente ha iniziato a collaborare con il potere Javier Grossman, un esperto in comunicazione, che diventa il suo Apold, ossia il creatore del “racconto” kirchnerista.

 

L’Argentina non può però continuare a vivere di “fiction”, a meno di trarre la conclusione che le esperienze degli ultimi 70 anni non abbiano insegnato nulla

Fondamentalmente è così, perché io credo che il peronismo costituisca un “sistema” di credenze, come una religione, che ha superato i limiti del Partido Justicialista da cui proviene. L’unico modo per uscirne è separare la fiction dalla realtà che si vive quotidianamente, uscire dall’abbagliamento che a noi argentini piace tanto, cosa che ritengo possibile e alla quale ho dato il mio contribuito con i miei libri e la mia attività giornalistica. Il nostro conto in sospeso è poter vivere pienamente una democrazia, cioè essere una Repubblica dotata di istituzioni forti indipendenti e stabili, smettendola con i melodrammi o i racconti per affrontare la realtà: che di sicuro sarà meno epica, ma indubbiamente più sana.

 

(Arturo Illia)