Che cosa hanno significato per l’Argentina gli anni del kirchnerismo, che la guida dal 2003? A questa domanda la persona più indicata a rispondere è senz’altro Mariana Zuvic, che da membro del movimento Ari ha per prima denunciato questa forma di potere fin dai suoi albori nello Stato patagonico di Santa Cruz. L’abbiamo intervistata a Buenos Aires.
Signora Zuvic: com’è iniziato il potere kirchnerista nella Provincia di Santa Cruz, la sua terra?
Nestor Kirchner vince le elezioni a Governatore nel 1991 a causa di un dispositivo elettorale chiamato “Ley de lemas”: in pratica il candidato di una coalizione può sommare i voti del suo gruppo e quindi anche se l’avversario singolarmente vince a livello di voto personale, perde se l’altro iscrive più compagni di lista. Fin dall’assunzione del potere, cosa ripetuta a livello nazionale, il suo primo obiettivo è stato l’eliminazione di qualsiasi opposizione interna nel peronismo, raggiunto attraverso l’elargizione di privilegi e una cooptazione che hanno in pratica silenziato le voci dissidenti, controllando il potere provinciale. Da quel momento si mettono in atto decisioni che ricordiamo tristemente.
Quali?
Per esempio, la riforma della Costituzione provinciale, quella dei principi del partito che elimina il dissenso, la rielezione infinita, la creazione di un Consiglio della magistratura provinciale e la figura di Deputato del Popolo, la creazione di enti autarchici, la distruzione degli organismi di controllo, la cooptazione dei mass media attraverso l’attribuzione di pubblicità governativa e l’incorporazione massiva di impiegati pubblici. Tutti provvedimenti tesi al mantenimento del potere.
Con l’elezione di Nestor Kirchner a presidente dell’Argentina inizia la “storia” del kirchnerisno, e allo stesso tempo il suo modello di corruzione. Può illustrarci la connessione tra le due cose?
In realtà, come già le dicevo, il racconto e il modello di corruzione del kirchnerismo, a partire dal 2003, sono una conseguenza della concezione politica che già esisteva. Il kirchnerismo non crede nel potere democratico e repubblicano che implica controlli, dissenso e limitazioni nel suo svolgimento, ma in un’altra forma di governo e tutto viene messo in pratica da questa prospettiva. Non è che la “fiction” kirchnerista sia funzionale alla corruzione, uno e l’altra si retroalimentano e il fine di ciò è la ricerca dell’impunità.
Il mondo della corruzione K comprende potenti uomini di affari e personaggi che hanno raggiunto una ricchezza notevole partendo dal nulla. Quali sono le possibilità di un’effettiva condanna?
Non si tratta di condannare o meno il kirchnerismo. È chiaro che voglio vederli davanti alla giustizia a rispondere di ciò che hanno fatto. Però non lo ritengo possibile, a meno che in Argentina si produca un cambio epocale, perché, come hanno fatto a Santa Cruz, dal primo giorno che hanno assunto il potere della Presidenza Nazionale il loro unico obiettivo è stata la cooptazione dello Stato argentino nella sua totalità, che include il potere esecutivo, legislativo e quello giudiziario, gli organismi di controllo, gli enti autarchici e ora anche il Parlasur (l’Ue latinoamericana, ndr). Il cambiamento che dobbiamo raggiungere è che a partire dal mese di gennaio lo Stato non sia posto al servizio degli interessi della classe politica e dei corrotti ma degli argentini. Ne sono convinta e a partire da quel giorno molti dirigenti che fanno parte del Frente Para la Victoria (il partito di governo, ndr) e gli imprenditori che lo circondano dovranno farsi responsabili di quanto accaduto fino a oggi.
Il candidato del Governo attuale, Daniel Scioli, ha vinto le primarie e ha molte possibilità di essere il prossimo Presidente: il potere K continua anche se la società lo critica fortemente?
Guardi: concretamente, alle primarie, il 62% della gente ha votato per un cambiamento. Il Fpv ha ottenuto un risultato inferiore alle aspettative e ha chiaramente dimostrato come in Argentina esistano due modelli di conduzione: quello kirchnerista, di Scioli e della Campora che hanno come unico interesse continuare con i privilegi e i favori agli amici, che concepisce gli altri come un nemico da distruggere; il concepire la politica come servizio alla gente e non ai politici stessi, con una costruzione attuata attraverso il dialogo e e il pensiero che esista veramente la possibilità di un Paese migliore. Questo è il nostro modello: quello del fronte “Cambiemos” che ha come leader Maurizio Macri.
Però molti argentini associano Macri al neoliberalismo che già tanti danni ha provocato al Paese sotto la presidenza di Menem….
In primis credo che la maggioranza degli argentini abbia ben chiaro il concetto che chi ci governa oggi siano gli stessi che lo fanno da 25 anni. Molti che facevano parte di quel governo sono gli stessi dell’attuale. Se guardiamo poi le votazioni nel Senato negli ultimi anni scopriamo che Menem è un alleato del kirchnerismo. Macri crede in uno Stato presente e vicino alla gente. Lo dimostra continuamente e lo conferma la sua gestione nella città di Buenos Aires. Le sue convinzioni puntano a una scuola statale di qualità, a una sanità pubblica alla portata di tutti, a un sistema di trasporti sostenibile, moderno e rispettoso dell’ambiente. L’importante, come ripeto, è che lo Stato sia al servizio della gente e per fare ciò occorre comprometterci e lavorare con valori e gente onesta: crediamo fermamente che si possa vivere molto meglio di quanto abbiamo vissuto negli ultimi anni. Lavoriamo alla costruzione di un fronte molto ampio che invita a partecipare tutti coloro che credono in un modo differente di far politica: abbiamo ricevuto moltissime adesioni e questo ci riempie di entusiasmo. Il nostro obiettivo non è solo quello di vincere le elezioni, ma anche quello di trasformare l’Argentina per offrire un livello di vita migliore a tutte le famiglie che la compongono.
(Arturo Illia)