Sembra che il presidente del Consiglio Matteo Renzi non abbia preso bene il mancato invito a partecipare al vertice anglo-frano-tedesco di Parigi di alcuni giorni fa, lamentandosi con Federica Mogherini che invece, in qualità di Alto rappresentante della politica estera e della sicurezza dell’Unione europea, a quel vertice c’era. Un vertice che aveva a tema la situazione internazionale, Libia in primo piano. Ed è ovvio che ogni decisione riguardo alla Libia interessi all’Italia probabilmente più di ogni altro Paese. Perché Renzi non è stato invitato? Secondo Andrea Margelletti, già consigliere strategico del ministero della Difesa e alla guida del Cesi, “l’Italia paga il dato di fatto che la politica estera non è mai stata al centro degli interessi dei nostri governi e per questo siamo esclusi tutt’oggi dai grandi vertici”. Questo nonostante, dice ancora, la “lungimiranza franco-britannica a proposito della Libia si sia dimostrata anche in tempi recenti un fallimento”.
L’Italia è marginalizzata? Cosa pensa del fatto che l’Italia non è stata invitata all’ultima riunione sulla Libia?
Diciamo intanto che la “lungimiranza” franco britannica a proposito della Libia ha già dato prova di sé in tempi non sospetti e che i francesi e gli inglesi non hanno nulla da insegnarci in tema di politica internazionale.
Però siamo rimasti a casa, come mai?
Il nostro paese cerca da tempo una chiave di lettura che possa creare un accordo fra le varie composizioni libiche, individuare cioè una situazione che vada bene per la maggioranza dei libici.
Lei sembra sostenere che siccome l’Italia non fa uso della forza militare, allora non viene invitata a questo tipo di vertici, è così?
Noi non siamo meno interventisti di altri Paesi, ma quando il governo italiano si muove, è preoccupato che lo strumento militare sia parte integrante della politica estera e non solo una esibizione di forza muscolare, come fanno altri Paesi.
Dunque? Conta o non conta la nostra politica internazionale?
C’è un punto fondamentale da chiarire. La politica estera non è mai stata centrale nella politica italiana. Questo rende l’Italia uno stato più debole degli altri nel contesto internazionale, perché abbiamo politici che non sanno o non vogliono sapere quello che accade intorno a noi e cittadini italiani mediamente più provinciali. Questo è un dato di fatto. I cittadini italiani si formano sui media e se i media non si occupano di politica internazionale è difficile andare a cercare la cruna nell’ago. Va poi detto che l’intesa franco-britannica è l’ennesimo canto funebre dell’Unione europea.
In che senso?
Nel senso che in qualunque importante consesso internazionale gli stati dell’Unione europea si comportano da sé e non in concerto con l’Unione. Dobbiamo avere l’onestà di dire che l’Unione europea non esiste.
Parole forti, le sue.
Applaudiamo all’unione monetaria, l’unica unione reale che esiste, ma dal punto di vista politico l’Unione europea non esiste. Uno dei risultati di quanto dico è il fatto che negli ultimi anni è aumentato il numero dei partiti populisti che sono contro l’Unione.
Che ne pensa del lavoro che sta facendo l’inviato delle Nazioni unite Bernardino León in Libia?
L’Onu non ha un record straordinario negli ultimi 30 anni di risoluzione dei conflitti, fanno quello che possono con i mezzi che hanno. León è un grandissimo professionista, ma tessere la tela della complessa ragnatela libica non è cosa facile, gli occorre molto tempo. Gli stati europei poi si muovono ciascuno per conto proprio.
In questa situazione, la “disponibilità” a impegnarsi in Libia di cui Renzi ha parlato all’Onu che presupposti ha?
Renzi è persona volenterosa ma non ha alle spalle un paese fortemente interessato alle dinamiche di politica internazionale. Lo dimostra il fatto che fino a ieri si è dibattuto sui barconi ma non sulle reali ragioni della migrazioni. Questa incapacità ci rende più fragili delle altre nazioni.
Ma potrà auspicare al ruolo che ha chiesto?
Un suo ruolo è auspicabile, fermo restando che l’Italia per tradizione non assume ruoli unilaterali. Per cui se il premier sarà sinergico a un’azione comune, ben venga.
Cosa pensa della nuova iniziativa della Russia?
La Russia a differenza della Ue ha una politica estera, tutto qui. Ha una strategia chiara di lungo termine, cosa che noi europei non sappiamo neanche cosa voglia dire. Quello della Russia non è un ingresso in uno scenario per lei inedito, semmai un permanere, visto che non se ne sono mai andati.
In prospettiva la presenza russa in Medio oriente ribalterà lo scenario a cui eravamo abituati?
Non credo che possa ribaltarlo, perché lo scenario di riferimento è chiaro. Certamente la Russia assumerà altri spazi perché la Ue non li prende e in politica gli spazi vuoti tendono a essere riempiti abbastanza velocemente.
Sulla crisi libica avevamo aperto un canale privilegiato con l’Egitto: dov’è andato a finire?
Il canale con l’Egitto rimane forte ed efficace, il nostro paese ha eccellenti rapporti con il Cairo. Bisogna anche osservare che oltre ai nostri rapporti quelli egiziani con Parigi sono diventati eccellenti perché la Francia ha una strategia a lungo termine e un approccio più speculativo dell’Italia alla politica internazionale.
Cosa vuole Putin in definitiva, solo proteggere Assad? Il suo intervento potrà estendersi anche alla Libia, visto che anche in Libia opera l’Isis?
Lo escluderei. Putin non è tanto impegnato contro l’Isis ma a stabilizzare gli interessi russi in Siria, tanto è vero che russi stanno colpendo ogni tipo di oppositore di Assad. Dallo scoppio della rivolta l’occidente non ha avuto un solo credibile candidato che possa essere accettato come interlocutore dai siriani ed ecco che Putin si prende questo ruolo.
Quale scenario immagina a breve termine?
Vorrei che non mi si facesse più questa domanda, dobbiamo smetterla di pensare a prospettive a breve termine. O ci abituiamo a ragionare a medio e lunghissimo termine e ci attrezziamo in questo senso, o verremo spazzati via. Questo potrà insinuare timore nel cittadino, ma abbiamo il dovere morale di non premere in giro e dire le cose come stanno.