“Dopo gli attentati di Parigi e Bataclan, la Francia ha tutto il diritto di reagire, ma farlo nel modo sbagliato non farà che creare una minaccia ancora più grave. L’Occidente non deve mandare i suoi soldati in Siria e Iraq”. Lo afferma Ammar Waqqaf, attivista siriano residente a Londra, commentatore di Bbc, Al Jazeera e Russia Today, all’indomani delle azioni terroristiche che hanno provocato 128 morti e 200 feriti. L’Isis ha rivendicato ufficialmente la strage affermando che Parigi “è la capitale dell’abominio e della perversione” e lanciando nuove minacce: “Non vivrete in pace finché continueranno i bombardamenti”. Per Waqqaf, se la Francia vuole davvero sconfiggere il terrorismo “deve collaborare con gli Stati del Medio Oriente che sono in prima fila nel combattere l’Isis e dissuadere i governi che invece stanno usando il terrorismo per trarne vantaggi strategici”.



Quanto è avvenuto a Parigi era ineluttabile o è l’esito degli errori della Francia?

Nulla poteva essere fatto nello specifico per prevenire questi attentati. Ma l’insieme delle politiche che hanno destabilizzato i Paesi del Medio Oriente, tra cui Libia e Siria, hanno fatto sì che il terrorismo riempisse il vuoto. L’Isis ha sempre bisogno di nuove reclute, e sente che colpendo luoghi simbolici come Parigi o Londra diventa più popolare tra i segmenti della popolazione islamica che si sentono oppressi. Questi stessi segmenti ora seguono il modello del califfato in quanto è stato in grado di colpire gli infedeli.



Perché proprio Parigi?

Innanzitutto,  gli attentati di Parigi seguono di pochi giorni quelli di Beirut e potevano avvenire anche a Londra o in qualunque altro Paese europeo. Il problema è la politica di lungo termine attuata negli ultimi cinque anni, che ha destabilizzato gli Stati arabi e facilitato la vita agli estremisti.

Ritiene che da parte dell’Isis ci sia stato un salto di livello?

L’Isis sta influenzando un numero sempre maggiore di giovani in quanto sta ottenendo risultati sempre maggiori. Lo stato islamico sta facendo tremare i governi occidentali, “punendoli” per i bombardamenti e le interferenze in Medio Oriente. Dobbiamo renderci conto di due dati di fatto. In primo luogo, le capacità organizzative e le risorse a disposizione dell’Isis stanno aumentando. In secondo luogo i suoi attentati incoraggiano un numero sempre maggiore di persone a seguire il califfato.



Secondo lei la regia degli attentati è interna o esterna?

Gli attentati di Parigi sono stati coordinati dall’estero, ma sono stati realizzati in collaborazione con elementi francesi. Questo fatto aumenta la probabilità che analoghe azioni si verifichino anche in altri Paesi europei.

Per Bashar al Assad la Francia ha favorito “l’espansione del terrorismo”. Come valuta questa dichiarazione?

Il presidente siriano fa riferimento alle parole che egli stesso pronunciò nell’ottobre 2011, pochi mesi dopo l’inizio della crisi siriana. All’epoca Assad disse: “La Siria è come la faglia, se la si fa oscillare ci saranno terremoti”. Il messaggio che all’epoca mandò ai poteri occidentali fu che il tentativo continuo di destabilizzare la Siria avrebbe fatto esplodere l’intero Medio Oriente, e che a pagarne le conseguenze sarebbe stato lo stesso Occidente. Adesso Assad vuole semplicemente ricordare al mondo intero: “Io ve lo avevo detto, ma voi non mi avete ascoltato”.

A questo punto che cosa si aspetta che faccia il presidente Hollande?

I discorsi tanto di Hollande quanto di Obama lasciano intendere che Francia e Stati Uniti, e forse anche il Regno Unito, utilizzeranno questo attentato per giustificare un’intensificazione del loro intervento in Siria. L’Occidente probabilmente lascerà alla Francia la guida delle operazioni, e gli Stati Uniti sosterranno Parigi con tutti i mezzi a loro disposizione.

 

Hollande fa bene a reagire o dovrebbe lasciare l’intervento all’Onu?

Hollande ha tutto il diritto di reagire contro l’Isis. Tuttavia ritengo che un intervento francese possa creare danni ancora maggiori se non sarà compiuto seguendo le giuste modalità. Utilizzare gli attentati come una giustificazione per bombardare l’Isis e mandare truppe francesi, americane e della Nato in Siria e Iraq non farà altro che complicare i problemi. Ricordiamoci che le origini stesse dell’Isis coincidono con l’invasione dell’Iraq nel 2003.

 

Che cosa bisogna fare allora?

Il terrorismo è come una malattia le cui sofferenze sono inflitte più a chi vive in Medio Oriente che non agli stessi europei. La Francia deve quindi cooperare con le persone che vivono nel mondo arabo e conoscono il terrorismo e la loro ideologia, aiutandole a sconfiggerne la minaccia.

 

Con chi dovrebbe cooperare Hollande per battere l’Isis?

Con i governi di Siria, Iraq, Iran e Kurdistan, cioè con quanti rappresentano la maggioranza della popolazione nella regione. La priorità è cercare una soluzione politica e diplomatica in Siria. Insistere sul rovesciamento del governo di Damasco o cercare di trarre dei vantaggi politici dalla situazione catastrofica in cui versa la Siria non farà che rendere ancora più difficile la guerra contro il terrorismo. Dobbiamo comprendere che ci sono alcuni Paesi mediorientali che sostengono e usano le organizzazioni terroristiche a loro beneficio.

 

A chi si riferisce?

Arabia Saudita e Turchia non considerano l’Isis come una minaccia, ma ritengono di poterlo utilizzare per rovesciare i governi di Siria e Iraq e per guadagnare punti contro l’influenza iraniana in Medio Oriente. Arabia Saudita e Turchia ora devono comprendere che l’Europa sta soffrendo a causa delle loro scelte politiche. Devono quindi smettere di fare finta di non vedere quanto sta avvenendo, e al contrario devono condividere con l’Occidente tutte le informazioni a loro disposizione sui terroristi.

 

(Pietro Vernizzi)

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