“Parigi aveva ricevuto rassicurazioni dai servizi segreti turchi che l’Isis non avrebbe colpito la Francia. Ma dopo l’uccisione dell’uomo attraverso cui la Turchia si coordinava con lo stato islamico, i jihadisti presenti in Europa sono sfuggiti a qualsiasi controllo e hanno iniziato ad agire in modo autonomo. E’ così che sono nati gli attentati del 13 novembre”. A rivelarlo è Haytham Manna, attivista siriano e portavoce del Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico (Ncc), uno dei due gruppi principali che hanno dato origine alla rivoluzione. Manna vive a Parigi, da dove coordina i gruppi siriani che si contrappongono tanto ai jihadisti quanto ad Assad. E ci spiega: “L’esercito democratico nel nord della Siria è pronto al cessate il fuoco con le forze di Damasco, a condizione che si avvii una transizione politica”.



Perché gli attentati sono avvenuti proprio a Parigi?

E’ una buona domanda, considerato che nell’Ue ci sono 28 capitali e che a colpire Parigi non sono stati soltanto terroristi francesi. Il problema è che le lobby francesi del settore petrolifero influenzano la politica mediorientale del governo. La Francia ha dei contratti con Qatar e Arabia Saudita, e questa politica ha dei costi molto elevati.



Può spiegare meglio in che modo le lobby petrolifere influenzano la politica francese?

La Francia non ha stabilito relazioni positive con l’opposizione democratica in Siria, ma ha rapporti soltanto con la coalizione messa in piedi da Turchia e Qatar. Parigi non ha alcun contatto né con il gruppo che presiedo né con la Conferenza del Cairo, che ha federato diversi gruppi siriani.

Ma che cosa c’entra tutto ciò con gli attentati?

Il punto è che i servizi segreti turchi avevano fornito alle autorità francesi rassicurazioni sul fatto che Parigi non sarebbe stata colpita da attentati terroristici. Da quando però il 18 agosto scorso Abu Muslim al-Turkmani è stato ucciso, l’intelligence turca non può più controllare le azioni dei terroristi. Al-Turkmani era infatti uno stretto collaboratore del califfo Al-Baghdadi, responsabile del coordinamento tra l’intelligence turca e l’Isis.



E quindi?

Tutti questi elementi sono fondamentali per capire sia perché sia stata colpita proprio Parigi, sia quale dovrebbe essere la risposta francese. La Francia dovrebbe cioè sviluppare una politica mediorientale autonoma, smettendola di dipendere da Qatar e Turchia.

A quale gioco sta giocando la Turchia?

Non è certo un segreto che l’intelligence turca si coordinasse con Isis e Al Nusra. Tra Turchia e stato islamico il traffico è aperto in entrambe le direzioni e lungo le frontiere passano petrolio, reperti archeologici e storici, denaro e armi. Da agosto però i rapporti tra le due parti non sono più buoni come prima, e la causa è l’uccisione di Al-Turkmani. Di conseguenza la rete dei cittadini europei legati all’Isis, che prima era sotto controllo della Turchia, ora le è sfuggita di mano e agisce in modo autonomo. I terroristi europei oggi decidono tutto da soli.

In molti hanno accusato la Turchia di coordinarsi con l’Isis, ma nessuno lo ha mai dimostrato. Lei che prove ha?

Ho le prove e le ho fornite a diverse delegazioni presenti ai colloqui di Vienna. Paesi Ue e Russia hanno a disposizione le prove di cui parlo. Tra Turchia e stato islamico passano ogni settimana quantitativi di petrolio del valore di 30 milioni di dollari. Non si può certo dire che tra Ankara e Raqqa non vi sia alcun coordinamento.

 

Prima lei ha detto che tra gli errori di Parigi c’è stato quello di non collaborare con i gruppi ribelli. Ci si può fidare di loro?

Non di tutti ovviamente. Nel nord della Siria esiste un esercito molto potente, noto come Forze della Siria Democratica (Sdf), composto da curdi, siriani e arabi di altri Paesi. Dovrebbero essere loro gli interlocutori dell’Occidente. Il governo di Ankara però non vede questo gruppo di buon occhio proprio perché sono coinvolti dei curdi, e lo ritiene quindi un pericolo per la Turchia. Anche se gli obiettivi dell’Sdf sono tutti in Siria, e non in Turchia.

 

I gruppi ribelli, combattendo contro l’esercito di Damasco, finiscono però per fare il gioco dell’Isis …

Assolutamente no. Molti gruppi ribelli in questo momento non stanno combattendo, in quanto vogliono prima vedere che cosa accadrà al livello politico. Solo Al Nusra e Ahrar al-Sham stanno combattendo contro l’esercito siriano.

 

E’ ipotizzabile un cessate il fuoco tra i ribelli democratici e il governo di Damasco?

Se si avvierà un processo politico di transizione, il cessate il fuoco sarà parte integrante della transizione stessa. Ma senza un processo politico nessuno di questi gruppi dichiarerà se sta o meno combattendo.

 

Lei ha parlato di transizione politica, ma in questo momento sono in corso i bombardamenti di Russia e Francia. Come li valuta?

Potrebbero essere positivi a condizione che la soluzione politica assuma la stessa importanza delle operazioni militari. Se non comprendono che la soluzione politica è essenziale per eliminare l’Isis, Russia e Francia non potranno ottenere una vittoria militare. Quest’ultima richiede come condizione un governo di transizione cui prendano parte tutte le forze siriane contrarie al terrorismo.

 

La Turchia ha fatto sapere che Assad cederà il potere tra sei mesi…

Assad deve cedere il potere, ma non ritengo credibili gli annunci della Turchia sul fatto che non si ricandiderà alle prossime elezioni. Sono stanco della propaganda turca che utilizza il sangue siriano per i suoi obiettivi.

 

(Pietro Vernizzi)

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