“Sono d’accordo al 100% con il Papa quando afferma che uccidere in nome di Dio è una bestemmia. Anch’io mi sono trovato di fronte a dei giovani estremisti, ho provato a convincerli ad abbandonare la loro ideologia di odio ma non sempre ci sono riuscito”. A parlare è l’imam Usama Shami, presidente del Centro islamico di Phoenix in Arizona. Una moschea balzata agli onori delle cronache lo scorso maggio, quanto due giovani hanno aperto il fuoco all’ingresso di un museo nel Texas al cui interno erano presenti delle vignette su Maometto. Due le vittime, gli stessi attentatori: Elton Simpson e Nadir Soofi. Il primo dei due frequentava il Centro islamico di Phoenix, anche se secondo Shami da alcuni mesi aveva smesso di farsi vedere.
Che cosa ne pensa di quanto è avvenuto a Parigi il 13 novembre?
Quanto è avvenuto è una tragedia che ha colpito tutti, non solo l’Europa ma anche gli Usa. Quanti hanno compiuto la strage sono dei criminali che hanno agito nel nome dell’Islam, ma io ritengo che non siano musulmani.
Il Papa ha detto che “uccidere in nome di Dio è una bestemmia”. Come valuta queste parole?
Sono d’accordo con il Papa al 100%. Dio non può ordinare certo di uccidere delle persone innocenti, perché la vita in quanto tale è sacra. I terroristi sono entrati in un ristorante e hanno ucciso degli innocenti che non c’entravano nulla.
Che cosa può esserci nel cuore di un giovane con il passaporto francese o belga che decide di farsi esplodere o uccidere degli innocenti?
C’è una tendenza che accomuna questi terroristi. Hanno tutti un passato in cui non erano religiosi e avevano commesso dei piccoli crimini. Quindi una volta in prigione è avvenuta la svolta radicale come un modo per regolare i conti con il passato. Proprio per il loro passato queste persone non conoscono la misericordia insegnata dalla religione. Sono giovani che non riescono a provare amore a causa del loro passato.
Le è mai capitato di incontrare dei giovani musulmani con idee radicali?
Sì, mi è capitato di incontrare persone convinte che chi non la pensava come loro meritasse di morire. Ho provato a spiegare loro che cosa insegnasse veramente la fede musulmana, e la loro prima reazione è stata quella di mostrarsi molto confusi.
Un estremista può riuscire a liberarsi della sua ideologia?
Sì. Conosco persone che hanno vissuto una trasformazione liberandosi dall’ideologia estremista. Ciò che era stato insegnato loro è che anch’io, pur essendo un musulmano, avevo deviato dalla retta via e non ero migliore di un miscredente. Parlare con persone che vengono da un passato di questo tipo è sbalorditivo perché hanno una visuale estremamente ristretta.
Come si è sentito di fronte a persone così?
Mi sono sentito frustrato, perché il modo in cui parlavano agli altri era priva di qualsiasi rispetto. Parlando con loro emerge inoltre quanto sia superficiale la loro comprensione della fede musulmana e il loro modo di argomentare. In alcuni casi è possibile aiutarli a vincere i pregiudizi. Con altri invece puoi andare avanti a parlare per ore, ma loro non fanno altro che sorridere beffardi senza per questo cambiare idea.
Molti imam non hanno preso una chiara posizione contro l’Isis. Hanno paura di farlo?
Chi ha paura di dire la verità e di insegnare le cose giuste non merita il nome di imam. Ci sono comunque delle persone che si autoproclamano imam e che trasmettono l’ideologia radicale perché non sono in grado di capire i principi fondamentali della loro fede. Conosco però diversi imam che parlano contro l’odio, incuranti se ciò possa piacere o meno a chi li ascolta. Chi non condanna la violenza perché ha paura dovrebbe lasciare il suo incarico a qualcuno in grado di svolgerlo in modo più dignitoso.
Quanto sono diffusi gli imam che hanno paura di prendere una posizione netta contro l’Isis?
A dire il vero non ne ho visti molti negli Usa. Se un imam predica l’odio e la violenza in una moschea, la maggioranza dei fedeli gli andrà a dire che quello che sta dicendo è sbagliato. A meno che ci sia un gruppo specifico che sceglie un determinato imam proprio perché predichi l’odio e la violenza.
In alcuni punti dello stesso Corano si parla della violenza in termini ambigui. Lei come fa a distinguere quale sia la fede autentica?
Per comprendere il Corano bisogna conoscere il contesto storico in cui è stato scritto, le ragioni della rivelazione e soprattutto occorre saperlo leggere in lingua araba. Senza questa conoscenza, chiunque può usarlo per finalità violente. Ma anche nello stesso Vangelo Gesù dice di essere venuto a portare la spada. Significa che Gesù invita i cristiani a prendere una spada e a uccidere gli altri? Occorre comprendere il contesto. Nel caso del Corano, per farlo bisogna imparare da chi lo ha studiato a lungo. I terroristi di Parigi invece hanno letto e interpretato il Corano da soli, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
(Pietro Vernizzi)