La Russia sta preparando sanzioni economiche ad ampio raggio contro la Turchia dopo l’abbattimento del jet al confine con la Siria. Il primo ministro Dimitry Medvedev ha dichiarato che le misure saranno messe a punto nell’arco di qualche giorno, e che potrebbero colpire piani di investimento comuni. Giovedì inoltre l’esercito russo ha sospeso qualsiasi canale di comunicazione con i militari turchi, inclusa la stessa “hot line” che era stata creata per evitare incidenti aerei. Sempre giovedì 50 imprenditori russi che si trovavano in Turchia sono stati arrestati con l’accusa di avere mentito sul motivo del loro ingresso nel Paese. Per Gian Micalessin, inviato di guerra de Il Giornale, “con l’abbattimento del jet la Turchia sperava di provocare una reazione militare da parte di Mosca, per spezzare l’asse congiunto Russia-Nato contro l’Isis. L’unico effetto però è che Putin chiuderà il rubinetto del gas creando grossi problemi ad Ankara”.



Che cosa sperava di ottenere la Turchia con l’abbattimento del jet russo?

Quello allestito dalla Turchia è stato un vero e proprio trappolone. Il momento in cui è scattato non è casuale. Due giorni prima Ankara aveva avvertito Mosca convocando il suo ambasciatore, così da poter dire: “Ve l’avevamo detto”. L’aereo inoltre è stato abbattuto a pochi giorni dall’incontro tra Hollande e Putin (si è svolto ieri, ndr), dedicato a un’eventuale intesa operativa contro l’Isis.



Perché lei dice che è stato un trappolone?

Perché è chiaro che se ci fosse una reazione militare della Russia contro la Turchia, Erdogan avrebbe buon gioco a chiedere l’aiuto dell’Alleanza Atlantica. Ankara punta a creare una frattura tra Putin e la Nato. Vuole così evitare una saldatura tra la guerra di Mosca e quella parte dell’Europa che dopo gli attentati di Parigi ha a sua volta trovato la determinazione di combattere l’Isis. Erdogan vuole dunque spezzare una possibile alleanza tra Russia e Nato contro lo stato islamico.

Quali saranno le conseguenze?

Putin è un giocatore di scacchi abbastanza abile per non cadere nella trappola. Molto probabilmente ci sarà una decisa reazione dal punto di vista diplomatico ed economico. Se la Russia chiude i rubinetti del gas con la Turchia, Erdogan rischia realmente di finire in ginocchio.



Dopo l’abbattimento del jet la Turchia finirà nell’angolo?

Gli Usa sono gli unici ancora decisi ad appoggiare la Turchia. Gli Stati Uniti hanno sempre premuto perché Ankara entrasse nell’Ue. Anche negli ultimi tempi, quando è diventato chiaro il sostegno di Erdogan all’Isis, Obama non ha cambiato posizione. Per Washington, la Turchia rappresenta una piattaforma indispensabile sull’asse Sud della Nato per tenere sotto tiro tanto Russia quanto Iran. Proprio per questo Obama sembra l’unico a non voler premere sulla Turchia, al punto da affermare che l’abbattimento dell’aereo russo è stato giustificato dallo sconfinamento. E’ una strategia che sembra però ancora disegnata sulla base degli schemi della guerra fredda.

La Russia ieri ha arrestato 50 imprenditori turchi. E’ l’aggravarsi della crisi?

E’ il segnale del fatto che la Russia è decisa a continuare sulla sua strada. Non dimentichiamoci che in precedenza un aereo civile russo era esploso sul Sinai. Mosca è assolutamente determinata a distruggere l’Isis e a impedire alla Turchia di fare cadere Assad.

 

Come valuta la strategia in ordine sparso dei Paesi europei?

E’ una strategia figlia della confusione che ha guidato questi quattro anni di conflitto siriano. Per tre anni e mezzo l’Europa, sotto la guida di Obama, Cameron e dello stesso Hollande, ha pensato che l’obiettivo principale non fosse combattere l’estremismo jihadista e l’orrore dell’Isis, bensì abbattere Bashar al Assad. Senza peraltro riuscire a dire chi potesse essere il suo sostituto.

 

La strategia militare di Putin sta funzionando?

I bombardamenti russi sono iniziati il 30 settembre, e i risultati sono stati assai più considerevoli di quelli di Usa e loro alleati, il cui intervento era iniziato nell’estate 2014. L’entrata in scena di Putin è stata dunque decisiva per cambiare i contorni di una guerra che sembrava destinata a trasformarsi in un pantano.

 

La Russia ha in mente anche una soluzione politica per la Siria?

Quello di Putin è innanzitutto un piano politico. Non dimentichiamoci che parallelamente ai bombardamenti, per la prima volta dal 2011, è iniziata una trattativa politica a Vienna che vede presenti l’Iran e le varie nazioni arabe per trovare una soluzione politica e un futuro per la Siria. Finora nessuno ha saputo dire chi si debba mettere al posto di Assad. Oggi finalmente, grazie alla Russia, si sta cercando di capire non solo come sconfiggere l’Isis, ma anche quale potrebbe essere il futuro della Siria.

 

Nel frattempo il governo sciita di Baghdad continua a discriminare cristiani e sunniti. Occorre una soluzione politica anche per questo problema?

Il parlamento irakeno ha approvato una legge in base a cui i bambini cristiani sono costretti a convertirsi all’islam se lo fa il loro padre o se la loro madre sposa un musulmano. Altre discriminazioni sono state compiute nei confronti dei sunniti. Questo è il grosso problema che ha portato anche alla nascita dello stato islamico nel Nord dell’Iraq. A Baghdad si sono succeduti governi estremisti di ispirazione sciita, che non considerano la necessità di posizioni di mediazione. Su questo può aiutarci eventualmente un’alleanza con il governo iraniano di Rouhani, che può spingere l’Iraq alla moderazione per motivi pragmatici, cioè per togliere il brodo di coltura in cui galleggia lo stato islamico.

 

(Pietro Vernizzi)