Un avvocato curdo, molto noto in quanto attivista per i diritti umani, è stato assassinato a Diyarbakir, città nel Sud-Est della Turchia. Tahir Elci è rimasto ucciso nel corso di una battaglia a colpi di pistola tra la polizia e un gruppo di uomini armati che non sono stati identificati. Elci aveva appena finito di tenere un discorso pubblico, nel corso del quale aveva chiesto la fine delle violenze tra il governo turco e i ribelli curdi del Pkk. Nel pomeriggio a Istanbul la polizia ha sparato con i cannoni ad acqua per disperdere la folla che manifestava per la morte di Elci. Erdogan ha accusato lo stesso Pkk di avere ucciso l’avvocato curdo. Abbiamo chiesto un commento a Fausto Biloslavo, inviato di guerra de il Giornale.
Chi c’è dietro la morte di Tahir Elci?
Difficile dirlo. Potrebbe essere stato il Pkk per motivi interni, e del resto non sarebbe la prima volta. Può esserci però anche lo zampino dei servizi segreti turchi, che magari si sono limitati a lasciar fare per alimentare una sorta di continua destabilizzazione per quanto riguarda il problema curdo. Il paradosso è che fino a pochi mesi fa c’erano ipotesi di accordo, lo stesso Ocalan dal carcere aveva invitato a deporre le armi, e poi tutto è precipitato.
Verso dove sta andando la Turchia?
Da alcuni anni a guidarla sono le manie di grandezza del nuovo sultano Erdogan, che spinge il Paese su un terreno pericoloso. Ankara è un membro della Nato ma in Siria fa quello che vuole. Anzi si permette anche di abbattere un aereo russo per attirare la Nato in una sorta di trappola. Dopo le rappresaglie della Russia, come risposta ulteriore Erdogan ha sospeso i raid contro l’Isis, anche se probabilmente quelli contro i curdi continueranno. La vera domanda quindi è: “Ma la Turchia con chi sta?”.
Intanto sull’abbattimento del jet Erdogan ha detto che vorrebbe non fosse successo …
Erdogan ha sbagliato i calcoli, perché questa faccenda non finirà qui ma anzi gli si ritorcerà contro. Dopo quanto è avvenuto si è reso conto di avere fatto il passo più lungo della gamba, ma ormai è troppo tardi.
Quali saranno le conseguenze?
Le conseguenze saranno imprevedibili. Un possibile scenario è quello seguito all’attentato di Sarajevo del 1914. Ma potremmo andare anche verso una crisi acuta che poi si concluderà con un accordo definitivo sul bubbone siriano. Perché si verifichi quest’ultima ipotesi occorre una grande coalizione che decida di farla finita con lo Stato Islamico, e magari anche con Assad, per dare un minimo di speranza al futuro della Siria.
Da dove nasce l’ambiguità di Erdogan nei confronti dello Stato Islamico?
Proprio nell’ottica di questa volontà di potenza regionale e di queste ambizioni da Sultano, la principale potenza contrapposta è l’Iran sciita che appoggia quanto resta del regime di Assad, che è alawita e quindi una costola sciita. Il presidente siriano è tenuto in piedi da pasdaran ed Hezbollah, con il generale iraniano Qasem Seleimani che è intervenuto direttamente sul terreno insieme alla sua brigata Al-Quds.
Quindi la Turchia vuole opporsi all’asse sciita?
Sì. Erdogan appoggia le forze estremiste, inclusi i qaedisti di Al-Nusra, in funzione anti-sciita. Anche se penso che gli stessi cittadini turchi si stiano rendendo conto di quanto sta avvenendo. Dopo gli attentati in Turchia di ottobre, l’Isis ha infatti inaugurato un nuovo prodotto editoriale in turco che si intitola “Costantinopoli” con l’obiettivo di fare propaganda nel Paese.
All’Occidente con chi conviene stare in questo scontro che è geopolitico ma anche settario?
All’Occidente conviene stare con i meno peggio per difendere i suoi stessi interessi, e per farlo bisogna spazzare via le bandiere nere dell’Isis. Gli attacchi aerei non sono però sufficienti, ma occorre un intervento di terra. Se non lo si vuole fare con le sue forze, l’Occidente deve trovare degli alleati in loco che siano i meno peggio.
Secondo lei chi sono i meno peggio?
A essersi dimostrati i meno peggio finora sono stati i peshmerga curdi, nel Nord dell’Iraq, e adesso anche gli Ypg nel Nord Est della Siria. Insieme alle milizie cristiane e a piccole formazioni sunnite moderate, i curdi hanno creato una nuova alleanza e sostengono di volere marciare su Raqqa, la capitale del Califfato.
(Pietro Vernizzi)