Il settimanale americano Time ha scelto come “Persona dell’Anno” per il 2015 Frau Angela Merkel, cancelliere della Repubblica federale tedesca, meglio, “cancelliere del mondo libero”, secondo la rivista newyorkese.
La nomina non indica necessariamente un apprezzamento, perché viene scelta la persona che si ritiene abbia avuto in quell’anno la maggiore influenza nel mondo: “nel meglio o nel peggio”. Angela Merkel ricade nel “meglio”, come evidenziano il già citato titolo attribuitole e un articolo, a firma Nancy Gibbs, dai toni decisamente agiografici.
Il tema di fondo è la sua nascita e giovinezza nella Germania dell’Est sotto il regime comunista, la sua difficile esistenza in un regime oppressivo, il suo essere sostanzialmente “una profuga”. Per questo si è dimostrata così aperta al problema dei profughi siriani: il suo “Wir schaffen das“, cioè “lo possiamo fare”, sembra quasi il famoso “Ich bin ein Berliner” di Kennedy a Berlino nel 1963. Alla Merkel viene anche attribuita la soluzione della crisi greca, l’opposizione a Putin per l’Ucraina e viene lodata per la decisione di mandare truppe contro l’Isis. Insomma, eletta a Persona dell’Anno senza se e senza ma.
Per la verità, in un altro articolo a firma Karl Vick, si cita la sua ormai famosa reazione alla richiesta di asilo di una quattordicenne palestinese: “Se diciamo potete venire tutti, semplicemente non riusciamo a gestire la cosa“. L’articolista si affretta però a segnalare la profonda commozione della Merkel di fronte alla reazione della bambina, e la figura del “cattivo” viene subito rifilata al premier ungherese Viktor Orban e alla sua chiusura della frontiera. Anche l’aver ottenuto 3 miliardi di euro dall’Ue, cioè a carico anche di tutti gli altri Stati, da dare a Erdogan per fermare il flusso di profughi diventa il gesto di un grande politico e non una resa di fronte alla chiusura di altre frontiere, e non della sola “fascista” Ungheria, e al montare delle critiche all’interno della Germania. E chissà perché il flusso dei profughi in Italia era, invece, solo un affare nazionale e dall’Ue avevamo solo rimbrotti. In ombra completa la questione della mano d’opera qualificata per l’economia tedesca, parte fondamentale della scelta della cancelliera anche secondo i commentatori tedeschi.
Sulla Grecia, si loda, sia pure con qualche riserva, il severo rigore dimostrato dalla Merkel verso le cicale greche, ma non vi è traccia del salvataggio dei bilanci delle banche tedesche a spese di altri Stati, come l’Italia, che avevano solo esposizioni marginali verso il sistema bancario greco.
Ci si può chiedere perché questa scelta, o meglio, questa enfasi; in fondo, i rapporti tra Usa e Germania non sono poi così distesi. Forse la risposta sta nel terzo “successo” attribuito alla Merkel, la resistenza all’espansionismo di Putin in Ucraina, e la sua vita nella Germania comunista viene quasi immediatamente traslata in una “ontologica” opposizione al (post) comunista Putin.
Cosa che non può che far piacere ad Obama, che con la sua politica sta riportando a un clima da Guerra Fredda, e risulta quindi molto opportuna la scelta di una “vittima” del comunismo. Solo che la Merkel non risulta essere, né mai si è atteggiata, a una perseguitata del comunismo.
Anche la definizione di “capofila” nelle sanzioni verso la Russia sembra un po’ affrettata. Al Time dovrebbero sapere che proprio i tedeschi stanno raddoppiando con i russi il Nord Stream, che consentirà al gas russo di arrivare in quantità doppia in Europa, evitando di passare dall’Ucraina. Forse anche le sanzioni sono come gli animali della fattoria orwelliana e i tedeschi sono più uguali di noi italiani, che invece continuiamo a subire le sanzioni sull’esportazione dei nostri prodotti.
Può darsi che la mia sia una cattiva lettura e che la scelta del Time non nasconda alcun retroscena, tanto più che Angela Merkel è stata definita come la seconda persona più potente nel mondo da Forbes, altra quotata rivista americana. Però, al primo posto c’è Vladimir Putin (Obama è al terzo posto), mentre Time dopo la Merkel mette Abu Bakr al-Baghdadi, numero 57 nella lista di Forbes.
Evidentemente, i criteri di scelta sono diversi, ma difficile sottrarsi all’impressione che Time abbia voluto allinearsi a quella che è forse l’opinione di molti americani, identificando nel capo dell’Isis il “cattivo” a cui contrapporre un “buono”, e la Merkel, per le ragioni anzidette, è parsa avere le caratteristiche più idonee.