“L’Italia non risolverà da sola la crisi libica, ma può esercitare un ruolo diplomatico fondamentale. Occorre fare pressioni nelle sedi Onu perché sia tolto l’embargo della vendita di armi al legittimo governo libico di Tobruk”. Lo evidenzia Ibrahim Magdud, professore di Lingua e letteratura araba nell’Università libica d’Italia. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha organizzato un grande summit sulla Libia che si terrà domenica a Roma. E ha motivato così l’iniziativa: “Daesh sta tentando di conquistare più spazio in Libia, regione cui siamo più legati, con ferocia e cinismo. L’obiettivo della distruzione di Daesh è l’assoluta priorità. L’Italia fornisce un contributo di primo piano”.
Quanto è forte l’Isis in Libia?
L’Isis è presente in Libia da oltre un anno e si è detto più volte che la minaccia era vicina. Quello che è in atto è un arruolamento di membri di Daesh che vanno a combattere nella filiale libica del califfato. L‘80% dei componenti dell’Isis in Libia non sono libici, in quanto la maggior parte proviene dalla Siria.
Renzi ha detto che “la distruzione di Daesh è l’assoluta priorità” per l’Italia. Condivide?
Su questo sono pienamente d’accordo, è la prima cosa da fare. Quanti fuggono dalla Siria arrivano in Libia attraverso la Turchia. I miliziani dell’Isis presenti in Libia al momento sono ancora pochi, ma rischiano di aumentare.
Che cosa deve fare l’Italia?
L’Italia deve fare pressioni sulla Turchia affinché smetta di favorire il traffico in entrata e in uscita dalla Siria, soprattutto verso la Libia. Ankara è un membro della Nato, eppure il suo ruolo ambiguo nei confronti dell’Isis crea un problema non da poco. Erdogan sta interpretando una parte attiva molto negativa.
In che modo?
Erdogan sta facendo il doppio gioco nel silenzio del resto del mondo. Eppure Turchia, Qatar e Arabia Saudita hanno un ruolo molto importante nell’impedire che l’Occidente riesca a combattere efficacemente l’Isis, soprattutto perché riforniscono di armi i terroristi. Ankara in particolare lo fa in cambio del petrolio.
Sul piano militare invece che cosa può fare il nostro governo?
L’Italia può giocare un ruolo importante in sede Onu per chiedere di togliere l’embargo di armi imposto al legittimo governo libico di Tobruk. La conseguenza è che l’esercito e la polizia del governo libico non sono riforniti di armi. Eppure nello stesso tempo sul mercato nero le armi sono ampiamente disponibili e i gruppi terroristici ne fanno incetta.
In Libia ci sono due governi, decine di milizie, centinaia di tribù. L’Italia con chi si dovrebbe alleare?
L’Italia deve lavorare certamente con il governo legittimo di Tobruk, riconosciuto a livello internazionale. Mentre non deve farlo con quello di Tripoli, che si è autoproclamato.
Che fine ha fatto la partnership di Egitto e Italia contro l’Isis?
Non se ne è fatto nulla. Abbiamo visto grandi titoli sui giornali e grandi dichiarazioni e poi stop.
Lavrov ha offerto l’aiuto della Russia per battere l’Isis in Libia. L’Italia si deve fidare di Mosca?
Da un lato l’Italia è un membro della Nato, dall’altra la Russia è sia pure indirettamente in linea con le richieste del governo di Tobruk. Tra Roma e Mosca ci possono essere però solo accordi di carattere organizzativo e di coordinamento, sul modello di quelli tra Mosca e Washington in Siria. Questi accordi possono essere finalizzati a evitare incidenti aerei. Non penso però che l’Italia possa stringere un patto con la Russia che vada al di là di questi obiettivi.
Mercoledì Putin ha detto: “Speriamo non sia necessario usare la bomba atomica”. A chi intendeva rivolgersi?
Le parole di Putin non significano che le armi atomiche saranno effettivamente utilizzate: il presidente russo si è limitato a dire che i suoi missili sono in grado di trasportare anche delle testate atomiche. Il suo è quindi un discorso più a uso e consumo della propaganda.
(Pietro Vernizzi)