Rapimenti, regole ferree e l’obbligo di pagare la Jeziah, la tassa islamica riservata ai non musulmani. Camille Eid, opinionista libanese e giornalista di Avvenire, racconta come vivono i cristiani nei territori controllati dallo stato islamico. “Il rischio è che i cristiani scompaiano per sempre dal Medio Oriente – spiega Eid -. Qualsiasi espansione territoriale dell’Isis in Siria tocca zone densamente popolate da cristiani, che con l’arrivo del califfato si troverebbero in pericolo”.
Eid, che cosa succede ai cristiani nelle zone controllate dall’Isis?
Dobbiamo distinguere tra Raqqa e Mosul. Un giornalista palestinese è riuscito a girare un video sui cristiani di Raqqa, nel quale si racconta che le famiglie hanno accettato di pagare la Jeziah e quanti non voleva farlo se ne sono andati. Fonti dell’Isis hanno inoltre diffuso dei video nei quali dei cristiani invitavano i loro parenti a tornare in città, sostenendo che la Jeziah non è particolarmente pesante. Mostrano inoltre che i loro lavori proseguono e che devono semplicemente attenersi alle regole. Anche se ovviamente queste persone non sono libere di esprimere gli aspetti negativi della loro vita. Resta il fatto che a Raqqa rimangono alcune decine di famiglie cristiane.
E a Mosul?
Secondo fonti dell’Isis, a Mosul i cristiani si sono rifiutati di scendere a patti. E’ quindi scattato l’ultimatum e nel giro di poche ore hanno dovuto abbandonare la città senza portare niente con sé. A Mosul quindi non ci sono più cristiani.
Si verificano anche rapimenti ai danni dei cristiani?
Sì. Ad Al Qariatayn, in Siria, l’Isis ha catturato 270 ostaggi cristiani, tra i quali c’era padre Jacques Mourad che in seguito è riuscito a fuggire. In questo caso gli stessi militanti dell’Isis hanno diffuso il testo del “patto” con le condizioni imposte ai cristiani.
Che cosa prevede?
Tra gli obblighi per i cristiani ci sono quelli di non costruire nuove chiese o monasteri, non mostrare croci, non usare i microfoni durante il rito, non usare campane, non agire contro lo stato islamico ospitando spie, informare Isis di eventuali mosse del nemico. Devono inoltre pagare la Jiziah fissata in quattro dinari d’oro per i benestanti, due per i meno abbienti e uno per i poveri, con facoltà di dilazione in due rate. A ciò si aggiunge il divieto di detenere armi e di vendere maiali e vino ai musulmani.
Ma nella realtà come sono trattati i prigionieri cristiani?
Su questo ho raccolto alcune testimonianze dirette. L’Isis ha catturato 200 ostaggi cristiani nei villaggi assiri della Valle del Khabur, vicina alla siriana Hasakah. I più anziani sono stati rilasciati a piccoli gruppi, ma restano ancora un centinaio di prigionieri. Queste persone erano state rapite con l’inganno e con la complicità dei curdi e portate su un monte.
Da dove vengono le testimonianze dirette?
Alcune donne una volta liberate hanno raccontato che ogni giorno era chiesto loro di convertirsi all’islam, ma che non sono state minacciate di morte. Sono state inoltre sottratte loro le croci e l’oro che avevano indosso, inclusi anelli, collane e braccialetti. La notte di Pasqua i fedeli, in mancanza di un prete, hanno prima cantato degli inni e poi si sono scambiati a vicenda la comunione sotto la forma di pane imbevuto di acqua, perché mancava il vino.
I giornali parlano di massacri e uccisioni. Quanto c’è di vero?
E’ difficile avere delle notizie di prima mano, ma a me non risultano stermini di massa dei cristiani nei territori controllati dall’Isis. Abbiamo avuto casi di detenzione e torture, e qualcuno ha diffuso delle foto di un prete crocifisso. E basta già questo per documentare l’atrocità e la barbarie che caratterizzano l’Isis. Per non parlare delle distruzioni di monasteri e chiese, che nella piana di Ninive non si contano più.
Il New York Times di recente si è chiesto: “E’ la fine del cristianesimo in Medio Oriente?”. E’ un rischio reale?
Sì. Qualsiasi espansione territoriale dell’Isis in Siria tocca zone popolate da cristiani. In Siria la località di Sadad prima della guerra accoglieva 10mila cristiani, con almeno 15 chiese, e oggi la cittadina rischia di finire nelle mani dell’Isis. Alcuni villaggi sono continuamente presi dall’Isis e liberati da Assad. Sadad si trova inoltre sulla strada che collega Aleppo a Damasco, ed è il primo di una lunga serie di centri cristiani.
(Pietro Vernizzi)