“In Iraq c’è molto fanatismo, che nasconde in realtà interessi materiali. Ma anche in questa situazione noi cristiani vogliamo mostrare l’amore per tutti”. Sono le parole di monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare dei Caldei a Baghdad. Dopo che nel corso del 2014 l’Isis ha conquistato un terzo dell’Iraq, ben 200mila cristiani irakeni sono dovuti fuggire dalla regione settentrionale di Ninive, l’antica culla della chiesa orientale assira. Centinaia di cristiani sono stati rapiti dallo stato islamico, e alcuni di essi uccisi. Le loro chiese e monasteri sono stati bombardati, e in molti casi sono stati costretti ad abbandonare le loro case. La popolazione cristiana in Iraq è precipitata da 1 milione e 300mila persone nel 1997 alle attuali 650mila. Quest’anno il Natale cade proprio il giorno dopo la nascita di Maometto, e la città di Baghdad ha deciso di festeggiare entrambe le ricorrenze come segno di fratellanza nei confronti della comunità cristiana irakena. Anche se mai come ora in duemila anni, lo stato islamico sta rendendo la loro esistenza in Iraq sempre più incerta e difficile.
Monsignor Warduni, il Natale è la nascita di Gesù. Come ci raggiunge il Mistero di Dio nell’Iraq di oggi?
Noi cristiani abbiamo sempre il ricordo della salvezza. Abbiamo la speranza nel Signore, lui che ci ha dato il suo unico figlio fatto uomo per il nostro riscatto. Certamente in questo mondo abbiamo tanti problemi e tante sofferenze a causa delle guerre e del fanatismo religioso. Per questo noi soffriamo, ma la nostra speranza nasce dalla fiducia nel Signore.
I cristiani irakeni come vivono il Natale?
Abbiamo preparato il Natale come gli altri anni e come tutto il mondo, anche se con grande sofferenza. Abbiamo celebrato le cresime dei bambini e le messe cantate, la Vigilia alle 20 e oggi, 25 dicembre, alle 9.
In questo momento per lei che cos’è la misericordia?
Noi cristiani apprendiamo che cosa sia la misericordia leggendo il Nuovo Testamento, dove si realizza la vera misericordia del Signore. Cristo ci insegna: “Siate misericordiosi come il vostro Padre è misericordioso”. Anche nei testi sacri dei nostri fratelli musulmani si parla della misericordia, ma quest’ultima in pratica non si vede. In Iraq c’è molto fanatismo, ma noi preghiamo per tutto il mondo in quanto è ovunque colpito da guerre che nascono da interessi materiali. Noi cerchiamo di mostrare l’amore di Dio a tutti. Gesù ci ha detto: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Cristo è il Dio di misericordia che ci dà la vera gioia e la vera speranza.
Il Papa ha detto che bisogna vincere la guerra con la misericordia. Come è possibile?
Certo che questo è possibile, ma solo quando l’uomo ama Dio e non pensa soltanto agli interessi materiali. La misericordia, che è amore, vince tutto.
Lei questo Natale per che cosa sta pregando?
In Iraq stiamo attraversando una grande sofferenza e un grande male. Perciò noi preghiamo Dio perché dia la grazia nei cuori di tutti. Io prego con le parole degli angeli: “Non temete. Sia gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Il mio auspicio è che tutto il mondo ritorni a Dio, perché l’Europa si è allontanata. Ma io ho fiducia nel Signore e chiedo che lui dia il suo amore a tutti quanti.
Papa Francesco ha sottolineato che “a Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona”. Perché allora c’è la sofferenza?
Per noi Dio è sempre misericordioso perché ci ha creati, ci ha salvati e ci ama. L’uomo cerca sempre il male per l’altro uomo, ma la misericordia di Dio vince su tutto. Gesù dice: “Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto, cercate e troverete”. Quindi noi andiamo dal nostro Padre celeste che non ha risparmiato suo Figlio, ma lo ha dato come sacrificio per noi. Noi auguriamo quindi ogni bene a tutto il mondo per questo Natale e speriamo che il nuovo anno sia diverso.
(Pietro Vernizzi)