“Maggiore è la pressione cui è sottoposto l’Isis e maggiori saranno i suoi sforzi per colpire con attentati l’Occidente e Israele. Dobbiamo quindi stare all’erta perché molte persone ascolteranno l’appello alla mobilitazione di Al-Baghdadi”. E’ il commento di Michael Herzog, analista strategico israeliano e international fellow del Washington Institute for Near East Policy. In un messaggio audio diffuso in rete, il califfo Al-Baghdadi ha ammonito gli israeliani: “La Palestina non sarà la vostra terra né la vostra casa ma il vostro cimitero”. Le minacce sono state pubblicate poche ore prima della liberazione di Ramadi, avvenuta domenica. L’esercito irakeno ha potuto così annunciare la sua prima significativa vittoria sullo stato islamico in una guerra che dura ormai da 18 mesi.



L’esito della battaglia di Ramadi significa che l’Isis è in difficoltà?

Sì, l’Isis è in difficoltà per la grande pressione esercitata nei suoi confronti da più direzioni. La coalizione guidata dagli Usa e la Russia stanno conducendo due campagne aeree parallele. Nel frattempo è in corso un’offensiva di terra da parte di curdi, sunniti ed esercito irakeno.



Che cosa rappresenta per l’Isis questa sconfitta?

Per l’Isis la perdita di Ramadi è una sconfitta molto importante sia sul piano simbolico sia su quello pratico, e rappresenta in qualche modo una pietra miliare. L’Isis però è molto lontano dall’essere totalmente sbaragliata. Conquistare Mosul sarà molto più difficile, perché si tratta di una città molto più grande con oltre un milione di abitanti.

Intanto Al-Baghdadi ha diffuso un nuovo audio in cui minaccia l’occidente e Israele. Lei come lo interpreta?

Potrebbe indicare che l’Isis è sotto pressione e in cerca di nuovi obiettivi. Maggiore è la pressione cui è sottoposto il califfato e maggiori saranno i suoi sforzi per colpire con attentati l’occidente e Israele. Dobbiamo quindi stare all’erta perché molte persone ascolteranno l’appello alla mobilitazione di Al-Baghdadi.



Secondo il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, “il comunicato di Al Baghdadi vuole esibire forza in un momento che invece è di vera difficoltà militare”. E’ d’accordo con lui?

L’Isis è molto sotto pressione, ma è ben lontano dall’essere sconfitto o anche solo pienamente contenuto. Sono tre gli elementi di cui dobbiamo tenere conto.

Quali?

Innanzitutto l’Isis sta ancora combattendo in modo aspro sul terreno tanto in Siria quanto in Iraq. Poi, ogni mese riesce a richiamare oltre mille musulmani da tutto il mondo. In terzo luogo può contare su gruppi affiliati in Libia, Sinai e Africa. Su un punto però Gentiloni ha ragione: la pressione militare dell’occidente su Siria e Iraq accresce il rischio di attentati.

Che cosa occorre per sbaragliare l’Isis?

Per debellare l’Isis è necessario raddoppiare i blitz aerei, che in questo momento sono molto limitati, e avviare una campagna di terra. E’ necessario sviluppare maggiormente le forze locali, sul modello di quanto l’esercito irakeno sta compiendo a Ramadi.

 

Le minacce di Al-Baghdadi a Israele rappresentano anche una svolta ideologica?

L’ideologia dell’Isis è da sempre caratterizzata dall’antisemitismo e dall’odio per Israele, come è stato notato più volte dai discorsi dei suoi leader. Di solito però nei suoi messaggi Al-Baghdadi evita di concentrarsi su Israele, e in questo senso l’ultimo audio è stato un’eccezione.

 

In che modo il califfo potrebbe attaccare Israele?

E’ difficile attaccare Israele dai confini perché ci possiamo difendere. Anche se ci sono degli jihadisti nel Sinai, al confine egiziano, e sull’altopiano del Golan, al confine siriano, il nostro esercito è comunque in grado di fermarli. Lo scenario più probabile sul quale ci dobbiamo concentrare è la possibilità di attentati terroristici contro obiettivi ebraici in Europa e Stati Uniti.

 

Israele è più preoccupato per le minacce di Al-Baghdadi o per l’Intifada dei coltelli?

La minaccia principale per Israele è l’Intifada dei coltelli. Quest’ultima ha un impatto sul sentimento di sicurezza di ogni cittadino israeliano. Si tratta di un pericolo immediato di cui Israele sta facendo esperienza diretta. Quella dell’Isis invece è una minaccia esterna, e richiede un diverso tipo di allerta, più intelligence e maggiore concentrazione operativa. Di fronte agli accoltellamenti non ci si può difendere con l’intelligence, perché sono perpetrati da giovani individui influenzati dall’atmosfera del momento. Nei confronti dell’Isis è possibile invece usare i servizi segreti per allertare in anticipo le autorità.

 

(Pietro Vernizzi)