Il governo russo ha accusato la famiglia del presidente turco Erdogan di essere direttamente coinvolta nei traffici di petrolio con lo stato islamico. Il vice ministro alla Difesa, Anatoly Antonov, ha detto che la Turchia è il principale acquirente di petrolio rubato da Siria e Iraq. Erdogan ha replicato che la Russia non ha alcun diritto di calunniare la Turchia con queste affermazioni. Le due nazioni si stanno confrontando aspramente da quando Ankara ha abbattuto un jet militare di Mosca. Il presidente russo Vladimir Putin aveva già accusato la Turchia di avere colpito l’aereo al confine siriano per proteggere i suoi rifornimenti di petrolio. Ne abbiamo parlato con il professor Camille Eid, opinionista libanese e giornalista di Avvenire.



Ritiene che questa notizia sia attendibile?

Tutto rientra nelle conseguenze dell’abbattimento del jet russo, e quindi è una notizia che va presa con le pinze. Siccome c’è una guerra di nervi tra Russia e Turchia, ognuno vuole screditare l’altro. Il viceministro russo non è una parte neutrale, bensì pur sempre una delle due parti coinvolte nella guerra.



A quali conseguenze può portare questa nuova mossa?

Questa nuova mossa mette la Turchia in una posizione difficilissima. In pratica si dice che Ankara finge di voler fare la guerra all’Isis, ma intanto ha connivenze ad alti livelli inclusa la stessa famiglia di Erdogan. Il presidente turco aveva sfidato la Russia a fornire le prove del coinvolgimento, dicendo che in questo caso si sarebbe dimesso. Sono addirittura circolate foto che mostrano i figli di Erdogan in compagnia di persone sospettate di essere esponenti radicali.

La tesi dei traffici di petrolio è solo una ipotesi complottista?



Ci sono elementi che fanno propendere per una tesi complottista e altri che ci parlano di connivenze tra Turchia e Isis. L’elemento che insospettisce di più è il fatto che l’Isis continua ad avere una striscia di territorio di 100 chilometri al confine con la Turchia. Da Jarablus partono i kamikaze per andare a colpire a Kobane e in altre zone curde. Non si comprende perché la Turchia non chiuda questa striscia di territorio, anche per fermare l’arrivo di nuovi jihadisti. E’ un tema collegato al traffico illecito di petrolio.

Da dove passano le rotte dei traffici?

Una delle tre presunte rotte coinvolge la fascia di contatto diretto. Se le altre però interessano l’area di controllo dei peshmerga curdi irakeni (Ypg), significa che c’è un terzo elemento che entra nel gioco. E’ possibile che questo elemento chiuda gli occhi perché ha una percentuale sul transito. Resta che la Russia discredita la Turchia in quanto protagonista della lotta al terrorismo dell’Isis sia all’interno della coalizione internazionale sia a livello di membro della Nato.

Che interesse ha la Turchia ad attuare questa politica ambigua?

Per qualcuno ciò avverrebbe in funzione anti-curda, cioè per il timore che i curdi arrivino a costituire un loro Stato autonomo. I turchi hanno continuato a bombardare nel Nord dell’Iraq i campi del Pkk. Sulla stampa turca qualcuno aveva fatto delle allusioni, accusando Erdogan di tramare. Il direttore di un quotidiano turco è stato citato in giudizio per un articolo uscito cinque mesi fa in cui si affrontava questo argomento. Nei mesi scorsi abbiamo avuto delle indicazioni che si fermavano al livello di accuse. Se queste accuse sono veramente confermate da elementi più tangibili, è chiaro che provocheranno una crisi all’interno della Turchia.

 

(Pietro Vernizzi)