Il presidente russo Vladimir Putin giovedì è tornato ad alzare i toni contro la Turchia durante il suo discorso annuale in Parlamento. “Eravamo pronti a collaborare con Ankara su tutte le questioni più sensibili in modo più intenso dei loro stessi alleati. Allah sa quello che hanno compiuto. Apparentemente Allah ha deciso di punire la cricca che comanda in Turchia privandola della sanità mentale”. Mercoledì il governo russo aveva accusato la famiglia di Erdogan di trafficare con il petrolio dell’Isis. A fare crescere la tensione è anche la decisione della Nato di ammettere il Montenegro tra i Paesi membri, una notizia che non è stata accolta dalla Russia in modo favorevole.



Il governo russo è riuscito a provare in modo convincente i traffici di petrolio tra Turchia e Isis?

Finora non è stata fornita alcuna prova. Il petrolio dell’Isis è nell’ordine dei 30-40mila barili al giorno, mentre il consumo in Turchia è pari a circa 720mila barili: la proporzione sarebbe quindi abbastanza limitata. Gran parte del petrolio prodotto dall’Isis è venduto in Siria e agli stessi curdi siriani.



Perché Putin sta aumentando la tensione contro Erdogan?

Perché il suo prestigio è stato scalfito dall’abbattimento dell’aereo. Erdogan aveva avvertito i russi diverse volte. C’è la documentazione delle proteste della Turchia nei confronti dell’ambasciatore russo ad Ankara. Quest’ultimo era stato informato del fatto che l’aviazione turca avrebbe rispettato rigidamente le regole d’ingaggio fornite dal governo, cioè che qualsiasi velivolo fosse entrato nel suo spazio aereo sarebbe stato abbattuto.

La collaborazione della Turchia alla guerra contro l’Isis è messa in discussione dalla crisi con la Russia?



La Turchia ha sempre avuto un atteggiamento piuttosto ambiguo, dovuto al fatto che l’Isis frena l’influenza dell’Iran nella mezzaluna fertile.

La Turchia continuerà a fornire le sue basi ai Paesi Nato?

La base Nato di Incirlik sicuramente sarà aperta anche a voli da parte di Regno Unito e Francia. D’altra parte gli inglesi hanno una base a Cipro e i francesi hanno degli aerei in Giordania e negli Emirati.

Veniamo invece all’ingresso del Montenegro nella Nato. Come valuta questa novità?

E’ una mossa che serve per infastidire la Russia, che non a caso si è subito agitata. Da un punto di vista militare però le preoccupazioni di Mosca è infondata. La capacità militare del Montenegro infatti è pari a zero, parliamo di un Paese con 600mila abitanti, e quindi per la Nato non cambia nulla se non dal punto di vista del messaggio politico. In questo modo la Nato dice alla Russia che non ha rinunciato all’allargamento ai Paesi che chiedono di entrare nell’alleanza.

Allargare la Nato aumenterà le tensioni internazionali?

Anche se la Russia non ha gradito, stiamo parlando di un’alleanza siglata da parte di Stati sovrani. Il fatto è che Mosca ritiene che l’ingresso del Montenegro sia una minaccia alla sua stessa sovranità. Soprattutto teme che i movimenti di protesta come quello di piazza Maidan a Kiev possano raggiungere la stessa Russia e destabilizzare il regime.

 

Nel momento in cui non c’è più la guerra fredda, la Nato non è diventata un modello obsoleto?

Per i Paesi Baltici, la Polonia e la Romania sicuramente no, mentre per Italia e Germania è così. Tutto sommato però dare sicurezza ai Paesi dell’Europa dell’Est consolida lo status quo, riducendo il pericolo che la Russia potrebbe rappresentare per queste nazioni.

 

Mosca oggi non è più il centro dell’impero sovietico, ma soltanto la capitale di una nazione che si limita a difendere i suoi confini. La Nato dovrebbe tenerne conto?

La Russia è sempre stata un impero. Ora dovrebbe trasformarsi in uno Stato nazionale come gli altri Paesi europei, ma questo processo è particolarmente difficile da attuare. Non a caso Mosca ha dato vita alla Collective Security Treaty Organization della quale fanno parte Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan.

 

(Pietro Vernizzi)