“La guerra di Obama contro l’Isis anziché distruggere il Califfato rischia di trasformare la Siria in un altro Stato fallito come Libia e Iraq”. Lo afferma Gian Micalessin, inviato di guerra de Il Giornale, uno dei pochi giornalisti italiani ad essere stato nei territori siriani in mano ai jihadisti. Ieri il presidente Obama ha chiesto al Congresso i poteri di guerra per tre anni per combattere lo Stato Islamico. L’autorizzazione dell’organo legislativo di Washington consentirebbe a Obama di usare la forza, ma non di mettere in atto un’invasione di terra. Secondo Micalessin la strategia americana è votata al fallimento per due errori strategici fondamentali: considerare la Russia come un nemico anziché un alleato e illudersi di poter combattere contemporaneamente l’Isis e Assad.
Che cosa ne pensa dei poteri di guerra chiesti da Obama?
Un conto è chiedere i poteri di guerra e un altro utilizzarli, anche perché il Congresso conferirà un mandato che può essere utilizzato nell’arco di tre anni, mentre Obama resterà in carica soltanto per altri due. La richiesta del presidente Usa arriva inoltre molto in ritardo.
Perché?
Sono passati più di sei mesi da quando l’Isis è diventata un’emergenza internazionale e di fatto gli Stati Uniti si sono limitati a interventi aerei che non hanno cambiato la situazione reale sul terreno. Ma soprattutto i poteri di Obama devono essere guidati da una visione ben precisa. E’ inutile fare la guerra se non esiste un disegno politico sul modo di attuarla, su che cosa realizzare e su quali obiettivi conseguire.
In che senso la strategia di Obama è carente?
Finora le politiche di Obama in Medio Oriente si sono caratterizzate per l’assoluta confusione. Fino a poche settimane fa Obama continuava a ripetere che il suo nemico era Bashar Assad il quale andava rimosso. Di fatto gli Usa hanno continuato a combattere una guerra su due fronti, contro l’Isis e contro Assad. Una guerra distruttiva che anziché risolvere il problema rischia di trasformare la Siria in un altro Stato fallito come Libia e Iraq.
Come vede invece la posizione dei Repubblicani Usa?
Mi sembrano ugualmente confusi, dal momento che John McCain 18 mesi fa ha incontrato i capi jihadisti in Turchia e dichiarato loro che Assad era il principale nemico.
Secondo un rapporto del Centro Jane’s di studi sul terrorismo (Ihs), Isis e Assad si ignorano sul terreno. E’ veramente così?
Questo è complottismo allo stato puro, basta ricordare che l’Isis ha sgozzato 30 soldati siriani catturati nelle loro basi. L’Isis combatte dall’inizio della guerra contro il governo di Bashar Assad, che risponde contrapponendosi lungo l’intero territorio.
Come va organizzato l’attacco contro l’Isis per risultare efficace?
Bisogna in primo luogo sapersi scegliere gli amici e gli alleati giusti. L’Occidente deve capire che la guerra contro il jihadismo va combattuta con chi ha il principale interesse a sconfiggere questo nemico, cioè innanzitutto la Russia. Se Obama pensa di combattere contro la Russia in Ucraina anziché fare di Mosca un alleato per sconfiggere il jihadismo, le guerre americane sono votate alla sconfitta.
Tra i Paesi del Medio Oriente, quali potrebbero essere alleati affidabili contro l’Isis?
Questi ultimi non sono né Arabia Saudita né Qatar né Turchia, che in questi anni hanno armato e finanziato l’Isis e le altre formazioni jihadiste che combattono in Siria, nelle quali militano anche 3.500 fuoriusciti europei. Oltre alla Russia, gli alleati giusti sono Iran, Egitto, Algeria e Tunisia, che sono a loro volta minacciati dal fondamentalismo islamico e sono pronti ad aiutarci a sconfiggerlo.
I negoziati sul nucleare dell’Iran possono aiutare ad andare in questa direzione?
I negoziati sul nucleare probabilmente porteranno a un nulla di fatto, perché l’Iran non può né vuole fare marcia indietro, e gli Stati Uniti probabilmente chiedono a Teheran di fare dei passi indietro che non ha nessuna intenzione di compiere. Sono però una “scusa” per giustificare un dialogo tra le due nazioni e mettere a punto un accordo contro l’Isis.
Che cosa comporta il fatto che i poteri di Obama non includeranno la possibilità di condurre offensive di terra?
Una guerra senza offensiva di terra non può essere vinta, lo dimostrano tutti i conflitti più recenti. A maggior ragione contro l’Isis occorre combattere casa per casa, non ci si può illudere che bastino i raid aerei. Nel 2007-2008 il generale Petraeus ha vinto la guerra contro Al Qaeda in Iraq inviando i suoi uomini nelle zone in cui operavano i terroristi e facendoli vivere lì giorno e notte. Senza l’utilizzo di queste tattiche la guerra è persa in partenza.
Eppure la Giordania ha annunciato di avere distrutto il 20% della capacità militare dell’Isis con i soli raid aerei. E’ una dichiarazione attendibile?
La prima vittima di ogni guerra è la verità. La Giordania è stata costretta a entrare in gioco perché il fatto che il suo pilota Moaz al-Kasasbeh sia stato bruciato vivo rischiava di travolgerla trasformandosi in una rivolta interna. Pensare però che abbia distrutto il 20% del potenziale bellico dell’Isis è pura propaganda. Non dimentichiamoci che la Giordania sta scontando i suoi stessi errori, in quanto sul suo territorio i servizi segreti occidentali hanno addestrato i militanti jihadisti. Questi ultimi sono entrati nell’Esercito Siriano Libero, per poi passare nelle file dell’Isis.
Ma lei come si spiega il sostegno di cui gode l’Isis in molte parti dell’Iraq?
Si spiega con i disastri dell’ex premier irakeno Nouri Al-Maliki, che era legato a doppio filo all’Iran sciita di Ahmadinejad. I gruppi sunniti sono stati marginalizzati e spinti alla lotta armata, trasformandoli in complici dell’Isis e rafforzando così Al-Baghdadi. Dopo l’elezione del nuovo presidente iraniano Hassan Rouhani, la politica di Tehran però è cambiata e, di conseguenza, è cambiata anche la politica del governo irakeno, suo principale alleato. Se si raggiungesse un’alleanza politica con Iran e Iraq, questa potrebbe essere la vera coalizione che porta a termine la guerra contro l’Isis.
(Pietro Vernizzi)