Il Pubblico ministero Gerardo Pollicita ha presentato un denuncia nei confronti della Presidente Argentina Cristina Fernandez de Kirchner e membri del suo Governo, con l’accusa di aver coperto le responsabilità logistiche dell’Iran nell’attentato alla mutuale ebraica Amia del 1994. Si tratta di un atto dovuto, in quanto la misura faceva parte del lavoro di Alberto Nisman, misteriosamente scomparso 24 ore prima di presentare la sua relazione al Congreso de la Nacion, che in un primo momento aveva pensato anche all’arresto, misura poi non realizzata né facente parte del procedimento, ma l’impatto mediatico della notizia è stato grandissimo anche a livello globale. L’Argentina è una nazione che ora ha una Presidente denunciata e il suo vice sotto processo per lo scandalo della vendita delle zecca privata delegata alla stampa delle banconote.



Il giudice Rafecas, che ha ereditato il lavoro di Nisman, ha impartito l’ordine di procedere al suo collaboratore, che ha dato il via alle indagini. In pratica Cristina Kirchner è accusata di aver ordinato al ministro degli Esteri, Horacio Timerman, di procedere a un accordo con l’Iran attraverso l’intervento fattivo di due membri del Governo kirchnerista, Luis D’Elia e Hector Larroque, che hanno agito in questa faccenda come una sorta di diplomazia parallela. Con il risultato di un memorandum, firmato nel 2013, nel quale in pratica si annullavano le indagini svolte dalla giustizia argentina sul caso per delegare il tutto ad una “Commissione della verità” sotto il controllo anche del Governo di Teheran. È facile intuire come il tutto mirasse a sollevare il Governo iraniano dalle sue responsabilità, ma costituisse un episodio gravissimo perché: “Questo complotto e il suo funzionamento sarebbero stati orchestrati da parte delle più alte autorità del governo argentino, in collaborazione con terzi, e si configurano in azioni criminali quali i reati di occultamento aggravato, favoritismo personale, preclusione di atto funzionale e violazione dei doveri dei funzionari pubblici (artt. 277 commi 1 e 3, 241 comma 2 e 248 del Codice penale)”.



Accuse che pesano come macigni sulla gestione attuale del potere, anche se c’è da dire che il famoso Memorandum di accordo alla fine non è stato messo in pratica e la Commissione non ha mai funzionato: in primo luogo perché, essendo pieno di parti ritenute “segreto di Stato” ha perso la costituzionalità, nonostante una prima approvazione da parte del Congreso de La Nacion, e poi per gli sviluppi sconcertanti delle indagini di Nisman. Ma anche la sua sola creazione viene presa come una chiara intenzione destabilizzatrice dell’ordine costituzionale e di conseguenza, condannabile, come recitano testi giudiziari citati nella denuncia e il cui autore, quasi ironicamente, è il ministro kirchnerista Zaffaroni.



Ma nelle ultime ore altri macigni sono caduti sull’attuale Governo: l’inchiesta sullo scandalo Hotesur, società di proprietà della famiglia presidenziale accusata di riciclaggio di capitali e anello di un più ampio giro di società offshore gestite per conto dei Kirchner da Lazaro Baez, un ex impiegato di banca, hanno provocato l’intervento della magistratura nei locali della Compagnia area nazionale “Aerolineas Argentinas”, nei cui bilanci non cristallini è stata scoperta una connessione con la società indagata. Contemporaneamente la sorella di Nestor Kirchner, Alicja, ministro dello Sviluppo sociale, il portavoce della Presidente, Jorge Capitanich, e Juan Manzur in qualità di ministro della Salute sono stati citati dal magistrato Nestror Femenia e sono stati accusati di presunto omicidio per la morte di un bambino di sette anni, appartenente alla tribù Qom, per denutrizione. Rivelando così che nella ricchissima Argentina, oltre a livelli di povertà che raggiungono il 40%, intere regioni del Paese registrano livelli di morte dovuta a denutrizione davvero preoccupanti, in antitesi con la favola kirchnerista che da anni viene ripetuta nel patio della Casa Rosada, sede della Presidenza.

Nel frattempo Cristina Kirchner si è rifugiata nella sua casa del Calafate, in Patagonia, ben lontano dal clamore e dalle scomode situazioni che abbondano a Buenos Aires, ripetendo, in una dichiarazione, quello che ormai sta diventando un mantra governativo: “Noi siamo l’amore..lasciamo a loro (l’opposizione e i magistrati, ndr) l’odio”. Chissà cosa ne penserà papa Francesco, mentre l’entourage governativo continua a sostenere l’ipotesi di un complotto: ma giova ricordare che anni fa, quando il Governatore di Buenos Aires Mauricio Macri ricevette delle accuse, poi rivelatesi false, nello stesso Governo parlavano di un normale corso della Giustizia… corsi e ricorsi della storia, a quanto pare.