Deputata per il partito di opposizione Pro, Patricia Bullrich conosceva bene Alberto Nisman, morto in circostanze non del tutto chiare, essendo la Presidente della Commissione parlamentare presso la quale il Pubblico ministero doveva presentare la relazione sulle indagini per l’attentato all’Amia di Buenos Aires del 1994. «Con Nisman – ci dice – ci sentivamo ogni qualvolta c’era bisogno di scambiare pareri su di una causa molto importante per l’Argentina come quella dell’attentato all’Amia. Mi è parsa sempre una persona estremamente professionale, correttissima e molto impegnata a trovare la verità: era convinto di esserci arrivato attraverso l’accusa che aveva formulato sia nei confronti di otto alti dirigenti iraniani che dello Stato stesso come protettore del braccio armato dell’attentato, il gruppo terrorista Hezbollah. Credeva che a ciò mancasse il percorso processuale»
In cosa consiste quest’ultimo?
Se formulo a uno Stato un’accusa intellettuale su di un attentato, perché diversamente sarebbe un’atto di guerra (e non è questo il caso), e poi anche a suoi funzionari, bisogna trovare un percorso perché il processo inizi. L’Iran non aderisce a trattati di estradizione, quindi bisognava trovare il modo di far partire la causa: o attraverso un processo per crimini di lesa umanità, ma con l’accusato assente, o mediante il coinvolgimento di un Paese terzo in grado di ospitare la causa o tramite un Tribunale internazionale.
Quindi cos’è successo?
Tutti questi percorsi, secondo il nostro Governo, l’Iran non li ha accettati, per conformarsi invece a qualcosa di improponibile: un memorandum di accordo che in pratica azzerava tutto con l’istituzione di una Commissione per la verità sul caso, mettendo in dubbio quella giuridica costruita da Nisman. Questo lo aveva convinto che il Governo argentino alla fine non era tanto interessato a chiarire la cosa. Fatto che nella sua personalità, fatta di volontà e perseveranza nel risolvere il caso, anche come membro della comunità ebraica, deve esser suonato come un tradimento: dopo anni di indagini irrisolte, il suo lavoro lo aveva portato a una soluzione che il Governo voleva distruggere.
Ma com’è arrivato Nisman a scoprire tutto?
È chiaro che politicamente l’indagine di Nisman è molto forte e scoprire il cammino della diplomazia ufficiale unito a quella parallela, con il ruolo della Presidente argentina, nei due anni precedenti la firma dell’accordo, porterebbe il ministro degli Esteri, Hector Timerman, a un processo politico, perché avrebbe trattato alle spalle del Parlamento, della società e sopratutto della giustizia, tentando di screditarla. Nisman stava lavorando, ascoltando le comunicazioni dell’addetto culturale dell’Ambasciata iraniana all’epoca dell’attentato, Rabani, per localizzarlo e vedere se non era in Iran per catturarlo, dato che aveva un mandato dell’Interpol, quando ha scoperto conversazioni di una diplomazia parallela che cercava di screditare i risultati della giustizia argentina. Da qui parte tutto.
Molti giuristi, però, affermano che il suo lavoro, di grande peso politico, non era supportato giuridicamente da una struttura convincente.
È vero che nella sua denuncia lui utilizza una figura inedita nel codice penale argentino, che è quella della cospirazione criminale, rimpiazzabile però con l’associazione illecita, come potrebbe sostenere un giudice. C’è da chiedersi a questo punto: costituisce un delitto che funzionari argentini tentino di negoziare con un Paese accusato dalla giustizia argentina e provino a distruggerne il lavoro? Se li consultiamo, la metà dei testi giuridici ci risponderà di sì, l’altra metà di no: il giudice che prenderà in carico questa causa, sia esso Lijo (al quale Nisman pensava di appoggiarsi, ndr) o un altro, lo deciderà. In ogni caso, il provvedimento finale che porterà al processo verrà preso ascoltando le intercettazioni telefoniche presenti nella documentazione. Credo che lì risieda la sicurezza dell’apertura della causa.
Nisman rientrò precipitosamente dalla Spagna, dove trascorreva le vacanze, forse dietro pressioni dei servizi, in particolare di un suo collaboratore: l’agente Antonio Horacio Stiuso. Dopo poco tempo muore… Per quali ragioni un’indagine durata anni doveva essere finalizzata così rapidamente?
Bisogna dire un paio di cose al riguardo: una obiettiva, l’altra una mia ipotesi. La prima: Nisman diceva a chiare lettere che temeva che la Procuratrice Generale Gils Carbò, esponente governativa, lo volesse sollevare dall’incarico. C’è poi un dato importante, anche se poco conosciuto: le intercettazioni prendono un arco di tempo di due anni e la Presidente può esserne venuta a conoscenza in dicembre. Questa può essere la causa della sua decisione sul “pensionamento” e conseguente allontanamento dell’agente Stiuso dai Servizi segreti.
Perché?
Perché se quest’ultimo poteva dedurre dalle intercettazioni l’inclusione della Kirchner nella causa, secondo la logica distorta della Presidente sulle sue funzioni deve aver preteso di essere avvisata prima da Stiuso stesso, mentre in verità tutto il materiale i servizi e il Pm della causa avrebbero dovuto metterlo nelle mani del giudice, come da regolamento. Che avrà pensato la Presidente: si sta preparando una causa contro di me e i servizi non mi avvisano?
Lei ha anche affermato che un agente dei servizi ha tradito Nisman…
Non un agente. Alcuni di loro passarono informazioni all’Iran su di lui, la sua famiglia e le sue indagini e questo per Nisman costituiva una prova contundente della complicità del Governo argentino per distruggere la causa e salvare l’Iran dal caso Amia.
Ritiene plausibile il suicidio di Nisman?
Cerco di non formulare ipotesi perché in primo luogo ciò spetta a chi conduce le indagini. Tuttavia lui alle sei del pomeriggio del sabato mi ha chiamato per chiedermi, in merito alla discussione di lunedì al Congresso: “Ma Esteche (uno degli accusati da Nisman, appartenente al gruppo Quebracho, un’associazione protagonista di picchettaggi e manifestazioni violente, ndr) sarà presente? Si comporterà in modo violento?”. Lo tranquillizzai dicendogli che alla riunione della Commissione (di cui Bullrich è Presidente, ndr) sarebbero entrati solo deputati, in quanto a porte chiuse. “Scapperà qualche insulto, qualcuno si porrà di fronte a lei in con modi prepotenti, ma non credo nulla di più. Viviamo in un periodo di violenza permanente, il kirchnerismo insulta ma si tranquillizzi”.
Quindi lei dice che non aveva motivi per un gesto estremo?
Sarebbe un po’ come se lei partecipasse a una cena e d’un tratto un commensale si alzasse dal tavolo e si suicidasse: qualcosa di totalmente inaspettato, anche perché generalmente chi compie l’estremo gesto nel tempo qualche segnale lo lascia trapelare. Questa è la mia personale sensazione.
Nel suo discorso a reti unificate, Cristina Kirchner ha detto di aver elaborato un progetto per cancellare definitivamente la Side (i Servizi segreti, ndr) e sostituirla con organismi federali: suo marito, Nestor, sempre da Presidente ci aveva provato due volte senza riuscirci: perché?
Io credo che quando un Governo utilizza per tanti anni i Servizi segreti, nella legalità o no, portandoli a compiere operazioni come intercettare le comunicazioni o intimidire giornalisti, imprenditori e politici, una volta che si pretende un cammino corretto, non si possa tornare indietro. Credo che la Presidente abbia raccolto quanto da lei seminato:il kirchnerismo non ha mai voluto cambiare i servizi. Lo dico con cognizione di causa, visto che nel 2008 presentai un progetto uguale all’attuale di Cristina con l’aggiunta dell’elezione dei responsabili da parte delle Camere e carriere meritocratiche, ma non venne mai preso in considerazione.
Molti politici kirchenristi, e anche alcuni dell’opposizione, vedono nella figura di Stiuso quella del gran manovratore…
Quando nel 2010 facevo parte della Commissione di controllo dei Servizi segreti lo denunciai, ma non successe nulla. Ma direi che pure l’altro agente rimasto a comandare i servizi, Fernando Pocino, è uguale. E poi Stiuso per 10 anni ha fatto quanto il Governo gli chiedeva: il primo a denunciarlo per operazioni di spionaggio contro politici e giornalisti è stato il ministro della Giustizia Gustavo Beliz, collaboratore di Kirchner nel 2005. E cosa è successo? Beliz si è dovuto dimettere mentre Stiuso è rimasto. Adesso si è trasformato nel diavolo, ma per dieci anni è stato l’angelo custode del potere.
Tanto da essere scelto da Nestor Kirchner al fianco di Nisman per le indagini sul caso Amia.
Sì, ma si ricorda come la Presidente ha dipinto Stiuso nel suo ultimo discorso? Come uno che aveva un’altra teoria sull’attentato: difatti concordava pienamente con Nisman mentre la visione presidenziale si incentrava nel sollevare l’Iran e gli otto accusati dalle indagini.
Nel famoso Memorandum di accordo del 2013 al centro della questione, pare che ci siano contropartite economiche che appaiono inverosimili. C’è anche dell’altro?
Il Memorandum con l’Iran costituisce la manovra più forte che è esistita in America Latina di costruire un polo di potere contro Europa e Stati Uniti da parte di Chavez. L’ex Presidente venezuelano ha introdotto l’Iran come attore principale in Sudamerica, convincendo la Presidente a instaurare l’accordo per scagionare l’Iran dall’attentato all’Amia. Credo che siamo di fronte a un accordo geopolitico e ideologico contro il sionismo e Israele. Uno può anche affermare che l’attuale Presidente Iraniano sia un moderato, ma Ahmadinejad, che lo ha preceduto, ha rappresentato la quintessenza del fondamentalismo negazionista dell’Olocausto. È stato il peggior momento dell’Iran, che per me è una grande nazione. L’avevo detto a Nisman che per me l’accordo commerciale era solo una copertura: credo che Chavez volesse costruire un polo internazionale molto forte, al quale poteva aggiungersi la Russia, con l’Iran e i paesi socialisti latinoamericani.
(Arturo Illia)