Da quando nel 1996 il politologo statunitense Samuel Huntington scrisse “The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order” (pubblicato da Garzanti nel 2000 con in titolo “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale”) nella politica italiana, ma anche e soprattutto all’interno del cosiddetto “mondo occidentale”, si sono sviluppati aspri dibattiti in merito all’inevitabilità dello scontro tra il mondo arabo-islamico e quello occidentale.
A incancrenire gli animi sull’argomento, oltre agli immancabili opportunismi politico-elettorali portati avanti da singoli parlamentari piuttosto che da intere formazioni politiche, vi sono una serie di episodi quali i continui flussi migratori provenienti principalmente dalle coste dell’Africa settentrionale verso l’Europa occidentale, con il corollario di inevitabili tensioni socio-economiche in seno alle comunità di approdo. Ma soprattutto s’impone il dramma del terrorismo islamico legato ad Al Qaeda con gli attentati alle Torri Gemelle di New York, alla metropolitana di Londra e alla stazione ferroviaria di Madrid e, cronaca di questi giorni, gli attentati terroristici di Parigi. Per contro non si possono dimenticare le guerre che l’Occidente ha mosso (non dichiarato, ma mosso di sua sponte!) contro i Talebani in Afghanistan e il Rais Saddam Hussein in Iraq, fino alla nascita dell’Isis (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), l’autoproclamato Califfato Islamico guidato da al-Baghdadi, riconducibile ai territori di Iraq e Siria.
Secondo la vulgata dei rispettivi fondamentalismi, gli occidentali considerano il mondo arabo come formato da terroristi ed estremisti, mentre gli arabi considerano gli occidentali come imperialisti e infedeli. Questo argomento è un terreno molto scivoloso, pertanto è opportuno fissare immediatamente dei paletti etici, morali e valoriali: l’assoluta sacralità della vita umana! Qualsivoglia forma di violenza verso un altro individuo non può e non deve trovare giustificazioni alcune, siano quelle legate a fattori di presunta legittimazione religiosa, siano quelle legate a pretestuosi motivi “umanitari”.
E se in ciò si può facilmente rimandare all’ultima azione terroristica che ha visto come teatro di scena la città di Parigi, non si può non considerare anche quello che accade nelle città e nei villaggi del mondo arabo a opera del mondo occidentale. Perché se è vero che il rischio concreto per il mondo occidentale sono attentati terroristici portati a segno da parte di singoli fanatici ed estremisti religiosi islamici o da piccole cellule di “combattenti”, è altresì vero che dal Secondo dopoguerra sino ai giorni nostri i governi dei paesi occidentali hanno disposto del mondo arabo e delle sue genti a proprio piacimento pur di soddisfare interessi di geopolitica e interessi economici dei propri maggiori gruppi industriali o di lobbies.
Per decenni si sono sostenuti dittatori, rispettivi clan familiari e gentaglia marcia sino al midollo, solo al fine di poter ottenere commesse industriali o licenze produttive o estrattive, in spregio ai tanto reclamati “diritti umani”. Ma quando questi personaggi sono risultati scomodi o non più così affidabili nel soddisfare gli interessi occidentali, si è provveduto a rovesciarli intervenendo attivamente nel sobillare le rivolte, finanziandole e persino armando coloro che venivano definiti genericamente “ribelli” dagli indottrinati media occidentali, ma che altri non erano che estremisti islamici.
Sì, perché se una cosa sapevano garantire i dittatori del Medio Oriente, era la loro assoluta e imparziale difesa delle religioni professate nel loro Paese, a essi interessava l’esercizio del potere, pieno ed esclusivo, non creare uno Stato basato sul fondamentalismo religioso. Ma i paesi occidentali, nella loro incorruttibile ipocrisia, agendo secondo il motto “il nemico del mio nemico è mio amico”, si sono messi a rovesciare regimi e armare “ribelli”, con il risultato di aver fatto del mondo arabo una polveriera pullulante di estremisti religiosi. A ciò si aggiunga che ogni intervento diretto del mondo occidentale è stato un intervento militare, dall’Afghanistan all’Iraq, passando per la Somalia, la Libia e, da ultima, la Siria di Assad, dapprima minacciata d’intervento militare poi, a seguito della creazione del Califfato Islamico, tornata nuovamente amica e alleata affidabile (!).
Dovunque l’Occidente si muova non esporta democrazia, cultura e speranza, bensì corruzione (tratto tipico della moderna declinazione di “democrazia”), morte e presidi militari. Sì, perché dobbiamo renderci conto che se troviamo doverosamente aberrante che persone vengano uccise per delle vignette satiriche a sfondo religioso, altrettanto sgomenti dovremmo essere quando con le tasse pagate (o meglio dire…estorte) dai cittadini dei vari paesi occidentali, i rispettivi governi ne fanno armi, mezzi blindati, mine anti-uomo, bombe, e il tutto condito con l’insopportabile propaganda retorica dell’intervento umanitario e della diffusione della “democrazia”, nuovo totem ideologico buono per ogni situazione.
I nostri media ci hanno offerto in tutte le salse i video dei tagliagola dell’Isis o l’azione terroristica del commando di Parigi, ma com’è che non abbiamo mai l’immagine dei corpi straziati dalle migliaia, o milioni, di bombe che dal 2001 a oggi sono state sganciate dalle varie coalizioni occidentali intervenute nei più diversi teatri di guerra del Medio Oriente? Com’è che quando si ammettono errori e conseguenti morti di civili a seguito di bombardamenti a tappeto degli occidentali, non vi sono telecamere sul campo che testimonino l’orrore e il crimine perpetrato? Perché, dobbiamo capirci, ognuno uccide con le armi che ha a disposizione, con un coltello si sgozza, ma con una bomba si squarciano i corpi!
I governi occidentali e l’opinione pubblica occidentale che tanto s’indignano per gli attacchi terroristici sul proprio uscio di casa da parte di invasati religiosi, dovrebbero capire gli uni che non si può predicare di diritti umani e presentarsi in casa altrui con coalizioni militari senza precedenti, gli altri dovrebbero pretendere di non essere presi in giro e avere il coraggio di dire ciò che due secoli fa scrisse nella sua opera “Disobbedienza Civile” l’illustre scrittore americano Henry David Thoreau a proposito delle tasse richieste dal governo americano per muovere guerra al Messico, ossia che accettava di pagare tasse giuste, per strade, scuole, non per farne proiettili con i quali uccidere vite umane per un puro interesse di potere su nuove terre.
Parimenti anche noi cittadini dei paesi occidentali, oltre a essere giustamente rigorosi contro chi vuole promuovere morte e violenza sul nostro territorio con azioni terroristiche tra loro scoordinate ma tremendamente efficaci sotto l’aspetto dell’insicurezza psicologica che producono, altrettanto dovremmo esserlo con i nostri governi, che si muovono in casa altrui come i più gretti spacconi malavitosi, pronti a soddisfare la sete di potere e denaro senza rendersi conto di coloro i quali a seconda delle convenienze passano dall’essere amici a nemici, e viceversa.
Quello che ci aspetta in futuro non sarà nulla di buono, il rapporto di forza tra mondo occidentale e mondo arabo temo possa essere ancora per molti anni a venire un rapporto dove l’Occidente interviene manu militari nei vari teatri di conflitto in Medio Oriente posizionandosi a seconda delle proprie convenienze, e il mondo arabo che colpirà con atti terroristici: noi sganciamo su di loro “bombe intelligenti”, loro si muoveranno nelle nostre città con commando e kalashnikov.
La volontà dell’Occidente di cristallizzare un mondo a sua immagine e somiglianza, pianificandolo a tavolino, pretendendo che ciò avvenga non solo con la diplomazia ma anche con l’Intelligence e le azioni militari, ha prodotto come per reazione un male persino peggiore di quello che nelle migliori intenzioni si voleva estirpare. E in un mondo dove, dopo la minaccia atomica susseguente il Secondo conflitto mondiale, le guerre si fanno ma non si dichiarano, né tantomeno si dicono, e dove l’equilibrio tra alcune aree del mondo è sempre lì per traboccare, rimarranno comunque conflitti latenti che da puramente ideologici diverranno armati.
La guerra vera e propria come l’avevamo conosciuta sino alla Seconda guerra mondiale aveva pochi ma fondamentali pregi, era dichiarata, e per il solo fatto di dichiarare guerra a qualcuno lo si riconosceva in quanto tale, lo si voleva conquistare non eliminare; mentre ora l’altro da sé non è più il caro vecchio “nemico”, bensì “il male”, e che come tale va eliminato, estirpato! Così le guerre si fanno ma non si dicono né si dichiarano, e non hanno più fine, perché colui o coloro che possono rappresentare “il male” variano continuamente a seconda delle situazioni o delle convenienze.
È un cane che si morde la coda, e noi cittadini inermi dei due mondi tra loro incomunicanti, siamo tra l’incudine (i governanti) e il martello (i nemici)…anzi, siamo proprio la coda morsicata dal cane!
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