Il 2015 sarà un anno di elezioni in Spagna. Un appuntamento che vedrà la novità della scomparsa del bipartitismo dato l’exploit populista di Podemos e la crescita di altri partiti nuovi di centro come Ciudadanos. La situazione è nuova anche per il cosiddetto voto cattolico. Dopo le politiche di distruzione antropologica di Zapatero, molti cattolici si aspettavano una correzione di rotta da parte del Partito Popular, almeno su quei temi che in un’altra epoca si chiamavano diritto naturale (matrimonio omosessuale, aborto, ideologia gender). Quando era all’opposizione, infatti, il Pp aveva fatto di questi temi una bandiera, arrivando persino a presentare due ricorsi alla Corte Costituzionale.



La messa in moto e il successivo stop della riforma della legge sull’aborto ha rivelato fino a che punto la destra non si identifica più con i cosiddetti “valori non negoziabili”. E questo ha causato una sorta di spaccatura fra il piccolo gruppo di parlamentari del Pp che si dichiarano cattolici e gli altri. Ha ancora senso in questo contesto parlare di voto cattolico?



Il modo con cui si è realizzata la Transizione in Spagna ha fatto sì che il voto cattolico non si sia mai riversato su un solo partito. Persino durante gli anni di Zapatero, quando il socialismo portava avanti politiche chiaramente laiciste, il 50% degli elettori del Psoe si dichiarava praticante. Questo fenomeno ha diverse spiegazioni. Il peso del franchismo ha fatto sì che leader ecclesiali degli anni ‘70 si opponessero alla creazione di una Democrazia cristiana all’italiana. La confessionalità della dittatura appena finita e le brutte esperienze del XIX secolo raccomandavano di non seguire questa strada.



D’altro canto, il cattolicesimo delle élite economiche e politiche, che avevano reso possibile la modernizzazione del Paese, enfatizzava il dualismo tra l’esperienza religiosa e quella politica. Questa posizione, in realtà, è stata espressione dell’incapacità a risolvere un problema complesso. Il fatto che religione e politica siano due ambiti differenti non significa che la fede debba necessariamente ricorrere alle “cure” dell’ideologia o di “privatizzarsi”. La fede genera un soggetto nuovo, come ha spiegato Benedetto XVI in numerose occasioni. E senza invocare la legge divina per fare quella umana, può usare, e di fatto usa, la ragione in modo diverso, il che gli permette di fare politica in modo diverso.

Questo soggetto nuovo, il soggetto cristiano, è sempre comunitario. In Spagna è mancata un’esperienza di unità che non si esprimesse come inaccettabile integralismo. Una carenza che si completa con la mancanza di vocazione politica, clima spiritualista, scarsa strutturazione delle numerose opere sociali e un eccesso di passività che fa pensare che sia il partito e non l’iniziativa sociale a poter cambiare le cose. A tutto ciò si aggiunge il fatto che i partiti spagnoli sono quelli che gli esperti chiamano “formazioni cartellizzate”: piccole strutture, chiuse su se stesse, molto poco interessate alla propria base e molto focalizzate a ottenere la maggior parte possibile di gestione dello Stato.

In questo contesto, ha senso parlare di unità del voto cattolico se questo significa parlare di unità nella persona dell’elettore cattolico. È indispensabile, perché la fede non venga mortificata, che sia ragionevole il fare politica o il votare. Deve dimostrarsi utile per generare una maggior intelligenza o un miglior legame di quello che le ideologie offrono nel compromesso con le sfide della vita pubblica così come si mostrano ora, con le loro reali urgenze e non con agende dettate da progetti astratti.

E le grandi urgenze per la vita comune sono due. La prima è salvare il sistema costituzionale dalla minaccia del populismo. La seconda è tutelare la libertà delle opere sociali, specialmente la libertà di educazione. La situazione è cambiata molto durante questa legislatura e le nuove sfide non possono essere affrontate da un solo partito. Forse non sarebbe sbagliato, data la situazione, scegliere caso per caso, secondo le circostanze, qual è il partito più opportuno da votare.