L’esercito iracheno supportato dai miliziani sciiti è entrato ieri nei sobborghi della città di Tikrit, dopo la capitale Mosul la seconda roccaforte dello stato islamico, e sta cercando di avanzare verso il centro. La caduta di Tikrit sarebbe certamente una svolta nella guerra all’Isis. Come spiega a ilsussidiario.net il generale Jean, questa è una conseguenza dell’impossibilità da parte delle milizie islamiche, che contano su un numero ridotto di effettivi, di controllare tutto il vasto territorio che costituisce lo stato islamico e anche la conseguenza di importanti errori strategici, come il tentativo di conquistare la città di Kobane in Siria dove hanno subito forti perdite. Ma la caduta di Tikrit significherebbe soprattutto la fine del mito di invincibilità dell’Isis, con conseguenze anche in Libia.



L’esercito iracheno ha sferrato un significativo attacco alla città di Tikrit. Questo significa che le truppe di Baghad dopo quasi un anno di nulla di fatto si sono finalmente riprese?

Innanzitutto, lo scorso agosto, quando è cominciata l’offensiva di Isis, abbiamo assistito al completo collasso di ben sei divisioni dell’esercito iracheno nel nord del paese. Questo ha permesso quella rapida avanzata dell’Isis da Mosul fino a Tikrit e fino a Samarra, a pochi chilometri da Baghad…



L’esercito iracheno è dunque tornato efficace?

L’esercito iracheno in tutto questo periodo di tempo è stato fortemente aiutato dagli Stati Uniti e dall’Iran; i primi con armi che erano depositate in Kuwait e con l’invio di più di 1500 addestratori sul territorio.

I bombardamenti aerei che durano da mesi sono stati importanti? 

Senza un’azione di terra come quella a cui stiamo assistendo adesso non è possibile sconfiggere un nemico come questo, che è un esercito, non si tratta di bande di terroristi. Un esercito, poi, inquadrato da ex ufficiali di Saddam Hussein, dunque efficace.



I miliziani sciiti che stanno prendendo parte all’attacco di Tikrit sono iraniani?

No, sono iracheni, alcuni più legati a Baghdad, altri autonomi, inquadrati da guardie della rivoluzione islamica iraniana. Ma l’impegno iraniano è stato sicuramente forte, soprattutto con il rifornimento di armi, munizioni, personale di inquadramento e di intelligence.

Le cartine che vediamo sui media ci mostrano una presenza dell’Isis sul terreno a macchia di leopardo, sfrangiata: questo fa parte di una strategia?

Questo tipo di presenza è dovuta al fatto che per via degli effettivi ridotti Isis non è in grado di avere il controllo completo dell’ampio territorio in modo efficace, eccetto nelle zone per loro critiche di Mosul e del territorio siriano.

A proposito di Siria, come è la situazione sul fronte curdo?

Continuano gli scontri tra Isis e l’esercito di Assad da un lato e le formazioni che fanno capo ad Al Qaeda dall’altro.

 

Da quello che sappiamo non sembra che l’esercito siriano sia così attivo nel fronteggiare le forze islamiste.

Direi che non è così: l’esercito siriano ha riconquistato la zona di Aleppo e mantiene il territorio del corridoio strategico che parte da Damasco per giungere fino alla zona alawita.

 

L’Iraq ha le forze per chiudere la partita? L’Isis sta davvero declinando come dicono in molti?

C’è un effettivo declino dell’Isis ed è dovuto soprattutto alla necessità strategica di occupare il territorio. L’Isis però, ricordiamolo, ha dato vita al califfato con strutture amministrative, una notevole propaganda, e l’utilizzo del petrolio del nord dell’Iraq, anche se l’aviazione americana ha distrutto i due terzi delle raffinerie di petrolio utilizzate dall’Isis. Sembra infatti che il profitto giornaliero sia caduto da quattro milioni di dollari a uno e mezzo. Comunque hanno ancora notevoli fondi per pagare i foreign fighters che sono attirati qui dall’allettante stipendio: non vengono solo per Maometto ma soprattutto per i petrodollari.

 

Ma come funziona il commercio petrolifero dell’Isis? Chi lo compra?

Il contrabbando di petrolio è basato sulla rete costruita al tempo dell’embargo petrolifero imposto a Saddam Hussein durato una dozzina di anni, una rete di contrabbando che si avvale anche del fatto che nel nord dell’Iraq ci sono piccoli giacimenti con vicino raffinerie che permettono di vendere prodotti raffinati al 50% del costo di mercato.

 

Che succederà una volta caduta Tkrit?

La caduta di Tikrit avrà sicuramente dei riflessi sulla capacità di tenuta dell’Isis, in quanto l’alone di invincibilità che avevano i miliziani islamici per la prima volta verrà intaccato. Questo si ripercuoterà in Libia, dove le forze dell’Isis sono solo poche centinaia di combattenti, anche se al Baghdadi ha inviato qui un emiro mentre un predicatore è giunto dallo Yemen. Ma c’è un altro dato di fatto che rischia di essere trascurato.

 

Ci dica.

Il problema che viene sottovalutato è quello che resta di Al Qaeda che a differenza dell’Isis non è vulnerabile perché non ha un territorio. Si immergono tra la popolazione e non vengono trovati e quindi non si possono attaccare. 

 

Il fronte dell’estremismo islamico arriva fino in Nigeria, dove Boko Haram pochi gironi fa ha annunciato l’alleanza ufficiale con Isis.

Sì, ma è pura propaganda per aumentare la propria importanza. La distanza territoriale impedisce ogni collegamento pratico, non possono certo fare fronte unitario.