Addio Lauren, 19 anni, giocatrice di basket che aveva commosso l’America e anche il mondo. Nonostante un tumore al cervello che non le dava scampo, lo scorso novembre aveva voluto giocare la sua ultima partita in modo da coronare il suo sogno, debuttare in terza divisione con la squadra del suo college, il Mount St. Joseph. La Ncaa aveva acconsentito ad anticipare la partita di inizio stagione in modo da permetterle di scendere in campo. Aveva fatto due canestri, il secondo con la mano destra, quella che ormai quasi non funzionava più. Diecimila persone erano lì ad applaudirla, cantando in coro “We love Lauren, we love Lauren”. Era riuscita a giocare altre quattro partite, poi era stata nominata assistente coach e a febbraio la sua università le aveva dato la laurea ad honorem in lettere. La scorsa estate le era stata diagnosticata la malattia mortale, ma lei non aveva mai perso fiducia, serenità e voglia di sorridere, impegnandosi anche nella raccolta di fondi contro la malattia, raccogliendo ben un milione e mezzo di dollari. “La vita è preziosa, ogni momento che passi con qualcuno è un momento di benedizione autentica” aveva detto in uno dei suoi ultimi messaggi.



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