Hillary Clinton scende in campo per la Casa Bianca. Lo sapevano tutti, anche se alla luce degli scandali che hanno coinvolto l’ex first lady non si era poi così sicuri. La sua è una candidatura forte, come spiega a ilsussidiario.net Edward Luttwak: “ha la macchina elettorale più forte di tutti, ma ha un handicap notevole, non è in grado di dire perché vuole essere il prossimo presidente americano. E non si va alla Casa Bianca se non si ha uno slogan, un programma da proporre”. Non solo: per Luttwak lo scandalo delle e-mail in cui la Clinton è rimasta coinvolta dimostrato che ha la stessa qualità del marito Bill: mentire. E moltissimi democratici non la vogliono. Una cosa è certa, dice Luttwak: chiunque vincerà, democratico o repubblicano, andrà contro le politiche di Obama, che nessuno oggi in America approva.
Dopo otto anni di presidenza democratica, che chance ha un candidato democratico di conquistare la Casa Bianca?
Le chance devono tenere conto del fatto che nelle ultime elezioni per il Congresso proprio in reazione a otto anni di governo democratico, i repubblicani hanno conquistato sia la Camera che il Senato, una cosa che succede raramente. I repubblicani controllano il Congresso che in America è molto più potente sull’esecutivo di quanto lo siano i parlamenti europei.
Dunque questa vittoria al Congresso non potrà essere bissata anche alla Casa Bianca?
Non funziona così. Proprio il fatto che i repubblicani abbiano vinto, in un certo senso indebolisce il candidato repubblicano. Se fosse stato il contrario, cioè con il Congresso in mano ai democratici, allora i repubblicani sarebbero stati favoriti.
Che possibilità ha Hillary Clinton?
Hillary Clinton ha sicuramente la migliore squadra elettorale oggi in America, grazie al sostegno degli obamiani, dei vecchi che fecero vincere il marito, gente molto in gamba, e poi c’è la macchina dei sostenitori che genera soldi. Il punto debole della Clinton è che non è in grado di spiegare perché vuole essere presidente.
Cioè?
Un presidente americano deve portare un messaggio per farsi eleggere, dire quello che ha intenzione di fare. Lei non ha questo messaggio e non può averlo, qualsiasi posizione prenda la indebolisce fortemente in un senso o nell’altro. Ad esempio, se va a sinistra rischia di perdere la macchina dei soldi che ha oggi.
Tra l’altro gli scandali in cui è rimasta coinvolta non la rendono molto amata, è così?
C’è un profondo spirito in America che è contrario al ritorno dei Clinton alla Casa Bianca. Con lo scandalo delle mail private ha fatto una grave violazione della privacy e ha riaffermato come il marito che i Clinton non rispettano le regole.
Addirittura?
I Clinton sono bravi a governare, lo fanno bene, ma sono bugiardi. Molti non la voteranno per questo, ha una opposizione molto dura nel Partito democratico.
Mettiamo che invece vinca. Come opererà la Clinton, in discontinuità o continuità con la politica di Obama?
Non ci sarà continuità con Obama chiunque vinca. Le elezioni per il Congresso hanno fatto vedere che il popolo americano si oppone all’intera linea di Obama sia in politica estera che interna. C’è opposizione contro tutte le politiche di Obama. Chiunque vinca, repubblicano o democratico, ci sarà forte discontinuità. Hillary Clinton poi rispetto a Obama è molto più a destra.
Che cosa resta dello slogan “We can change”, otto anni dopo?
Resta una politica estera debole e inefficace e una politica interna che non ha risolto le grandi problematiche, ma le ha complicate, vedi la legge sanitaria, l’Obamacare. La vittoria repubblicana al Congresso è il rifiuto dell’Obamacare, gli americani non vogliono diventare dei socialdemocratici europei, non vogliono l’istituto del welfare, non vogliono questa interpretazione della vita in stile europeo. Non vogliono pagare le tasse per sostenere un grosso welfare state.
A proposito dei repubblicani, che ne pensa della candidatura di Rand Paul?
Ha molto modificato le sue posizioni e adesso offre una versione dello spirito americano classico antistatalista e antifederalista. E’ molto popolare e può vincere. Non è un populista ha una visione molto pratica, ridurre cioè il potere dello stato e di tutte le entità pubbliche e anche la riduzione del potere federale. Per lui ad agire devono essere i privati, non lo stato, e sa prendere posizioni responsabili. La sua candidatura può avere molto sostegno, ma il suo handicap è che non è parte dell’establishment, non ha una grande squadra elettorale e inoltre è una debolezza non essere un governatore.
Con un nuovo inquilino alla Casa Bianca, che cosa succederà alla questione dei diritti gay?
Non si tornerà ovviamente indietro, ma non si andrà neppure più avanti di così. Non si continuerà sulla strada di Obama, ad esempio la sua ultima folle idea di vietare alle organizzazioni religiose di “convertire” gay o transgender, cioè avere colloqui e terapie per far loro cambiare approccio, come ha promesso in questi giorni. La sua è una evidente interferenza di potere nelle libertà che nessuno accetterà mai.
(Paolo Vites)