L’ex presidente egiziano Mohamed Morsi è stato condannato dalla Corte d’assise del Cairo a 20 anni di carcere per aver commissionato “arresto e tortura di manifestanti” che il 5 dicembre del 2012 protestavano davanti al palazzo presidenziale. Prosciolto invece dall’accusa di istigazione all’omicidio di due manifestanti e di un giornalista nel corso della manifestazione del 2012. In quell’occasione persero la vita una decina di persone. Oltre a Morsi sono stati condannati altri 14 leader dei Fratelli Musulmani, e la maggior parte di loro ha ricevuto la stessa pena a 20 anni di reclusione. Intanto gli avvocati difensori hanno preannunciato appello. Mentre per quanto riguarda Morsi, il tribunale chiederà direttamente a lui quali sono le sue intenzioni, dal momento che si è rifiutato di nominare un legale. Morsi e gli altri condannati hanno evitato la condanna a morte ma si attende adesso l’esito di altri processi: sono accusati di aver “complottato con stranieri”allo scopo di realizzare un’evasione di massa nel 2011 nel corso dei moti contro il presidente Hosni Mubarak, e ancora: operazioni di spionaggio a favore di Hamas, Hezbollah e Iran, e di aver consegnato “informazioni sensibili” alla tv Al-Jazeera del Qatar. Intanto c’è chi parla di processo farsa: una “farsa, scritta e controllata dal governo e non supportata da alcuna prova. Le autorità – dice Amr Darrag, ex ministro della Fratellanza Musulmana – vogliono far passare una sentenza all’ergastolo per democrazia in Egitto”. Il vero obiettivo sarebbe, secondo Darrag, “verificare la reazione della comunità internazionale. Se il mondo non protesterà, nel Paese saranno inflitte condanne più gravi, compresa la pena di morte”. La pena di morte è infatti prevista in almeno tre dei quattro processi che lo attendono. (Serena Marotta)