Secondo il sito israeliano DEBKAfile, l’Egitto sta preparandosi ad azioni militari dirette contro l’Isis in Cirenaica, la parte orientale della Libia, dando inizio a una quarta guerra in Medio Oriente, dopo Siria, Iraq e Yemen. Secondo notizie raccolte in ambienti militari e dell’intelligence, l’Egitto starebbe ammassando truppe di terra e forze aeree ai confini con la Libia, mentre il contemporaneo afflusso di forze navali nei porti mediterranei farebbe pensare a un’azione combinata di marines e paracadutisti. L’obiettivo principale sarebbe la città di Derna, la capitale della regione occupata dall’Isis.



Sempre secondo le stesse fonti, l’Isis starebbe facendo a sua volta affluire ulteriori forze dalla Siria e dall’Iraq per contrastare gli egiziani, che sarebbero invece appoggiati dalle milizie del generale Khalifa Haftar, comandante del’esercito del governo di Tobruk.

Come ormai noto, in Libia vi sono attualmente due governi, quello di Tobruk, che gode del riconoscimento internazionale, e quello di Tripoli, controllato dalle milizie islamiste di Alba Libica (Fajr Lybia). Accanto a una serie di milizie di origine tribali (le tribù sono più di un centinaio), spicca poi Misurata, che con le sue milizie rappresenta una specie di “terza forza”. Pur lottando tra di loro, tutte e tre hanno un nemico comune che è l’Isis e scontri sono in corso da metà marzo; anche la scorsa settimana, Alba libica ha lanciato attacchi aerei contro posizioni dell’Isis a Sirte.



Ci si può chiedere perché l’Egitto voglia cacciarsi in questo vespaio e non si limiti agli attacchi aerei. Secondo DEBKAfile la spinta a un intervento così diretto è data dalle infiltrazioni dell’Isis non solo in territorio egiziano, ma addirittura nelle forze armate. Si tratta di un rischio giudicato troppo grave per il regime guidato dal generale Al Sisi, che non ritiene evidentemente più sufficiente un intervento indiretto attraverso l’alleato Haftar.

L’Egitto ha inoltre gravi problemi nella sua parte orientale, il Sinai, dove negli scorsi giorni è stato prolungato per altri tre mesi lo stato d’emergenza, che era stato proclamato dopo che lo scorso ottobre 31 soldati erano morti in un attentato rivendicato dall’Isis.



Il sito israeliano collega a questi preparativi di invasione la recente visita ad Al Sisi del direttore della Cia, John Brennan, che pare abbia comunicato la contrarietà di Obama a un intervento diretto dell’Egitto, preferendo un appoggio militare indiretto al governo di Tobruk. A quanto pare, Al Sisi non si sarebbe lasciato convincere, ma avrebbe assicurato agli americani di non aver alcuna intenzione di rimanere in Cirenaica: una volta liberata dall’Isis, la regione verrebbe riconsegnata al governo di Tobruk.

Se davvero avvenisse, l’intervento egiziano avrebbe conseguenze di non poco momento. Non vi è dubbio che l’azione combinata delle truppe egiziane e dell’esercito di Haftar avrebbe la meglio sulle forze dell’Isis, ma non altrettanto certa sarebbe la capacità del governo di Tobruk di mantenere il controllo della regione senza la presenza egiziana. 

L’Isis continuerebbe probabilmente a condurre la propria guerriglia e l’aiuto egiziano a Tobruk rischierebbe di rendere ancora più drastico il confronto con Tripoli, il cui governo è collegato ad Al Qaeda ma anche alla Fratellanza Musulmana, drasticamente repressa in Egitto dal regime militare.

La Tripolitania fa parte a tutti gli effetti del Maghreb, la parte occidentale del Nord Africa, mentre la Cirenaica ha storicamente sempre teso verso il cosiddetto Mashreq, l’Oriente, di cui fa parte l’Egitto. Sotto l’Impero Ottomano, le due province erano separate e furono unificate sotto la dominazione italiana all’inizio dello scorso secolo. Difficile non intravvedere il possibile desiderio egiziano di un più concreto controllo di quest’area.

Anche sullo scenario internazionale ci sarebbero riflessi importanti, perché l’intervento in Libia potrebbe essere propedeutico a una simile, e più pesante, azione nel Sinai, che riporterebbe l’Egitto a un coinvolgimento diretto nella questione palestinese, soprattutto verso Hamas, propaggine dei Fratelli Musulmani.

L’attivismo militare egiziano con l’inizio, citando ancora DEBKAfile, della quarta guerra mediorientale non lascerebbe neppure indifferenti le altre potenze regionali, la sunnita Arabia Saudita, nominale alleata contro gli sciiti in Yemen, l’Iran, molto attivo nella cosiddetta “mezzaluna sciita”, nemico in Yemen ma alleato importante contro l’Isis in Iraq, e la Turchia, che sembrerebbe giocare su tutti i fronti aperti.