Le sanzioni alla Russia per la crisi ucraina? “Hanno un impatto devastante, non solo perché rialzano barriere artefatte inj relazioni commerciali ormai molto sviluppate in Europa. Le sanzioni, soprattutto, tendono a spezzare nuovamente in due un continente che ha forti radici culturali comuni, non ultima quella che continua ad animare una vasta comunità di credenti, di cristiani, di cattolici”. Ne è convinto Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia a Mosca. Da quarant’anni Fallico – docente di economia a Verona e console onorario della Federazione Russa – è uno degli esponenti di spicco della business community italiana a Mosca: noto anche per aver promosso l’Associazione Conoscere Eurasia.
Professor Fallico, l’opinione pubblica italiana è inondata di cifre sull’incidenza delle sanzioni alla Russia. Su quali stime reali è possibile contare?
Gli scambi nel settore agroalimentare sono particolarmente colpiti e valgono 1 miliardo di euro, inclusi vino e pastaLe sanzioni alla Russia per la crisi ucraina? Hanno un impatto devastante, non solo perché rialzano barriere artefatte in relazioni commerciali ormai molto sviluppate in Europa. Le sanzioni, soprattutto, tendono a spezzare nuovamente in due un continente che ha forti radici culturali comuni, non ultima quella che continua ad animare una vasta comunità di credenti, di cristiani, di cattolici. Il danno nel segmento ortofrutticolo e prodotti freschi è superiore ai 700 milioni di euro. Ma l’Azienda Italia è attiva sul mercato russo anche in comparti a importante contenuto tecnologico.
A cosa si riferisce?
A sicurezza, difesa, “drilling”: contratti già firmati o pronti per la firma sono stati congelati per valori importanti. In tutto almeno 4 miliardi di euro.
Lei guida un’importante presenza bancaria italiana a Mosca: i servizi finanziari sono rimasti impigliati nelle sanzioni?
Certamente: non possiamo più partecipare a finanziamenti oltre la scadenza di 30 giorni.
E il turismo?
E’ evidente che il peggioramento di clima nelle relazioni sta frenando le partenze e i soggiorni di russi in Italia. E anche la propensione a investire in case nelle località italiane.
Come sta realmente l’economia russa?
Le condizioni non sono indubbiamente facili, ma non sono neppure tragiche come alcune fonti riferiscono. Alcuni problemi dell’Azienda-Russia restano strutturali: l’imprenditorialità, soprattutto quella nella dimensione piccola e media, è ancora lontana dall’essere diffusa, radicata, sana. Gli standard nei rapporti tra aziende e con le istituzioni e amministrazioni pubbliche sono ancora precari. Sul piano congiunturale è chiaro che il Pil 2015 non potrà crescere al ritmo del 3 per cento originariamente immaginato. La Russia è in stagnazione: il 2014 si è chiuso con una crescita dello 0,6% e il Pil 2015 potrebbe contrarsi tra il 2 e il 3 per cento e dovrebbe essere positivo nel 2016-2017.
Quali sono gli indicatori più significativi?
L’inflazione si sta raffreddando e anche la Banca Centrale ha potuto allentare il tasso di sconto, dopo aver aumentato le sue riserve valutarie. Anche il rublo si sta riprendendo, segno che gli operatori hanno iniziato a invertire i flussi. Stanno certamente avendo influssi benefici le massicce misure adottate dal governo, pari a una novantina di miliardi di euro.
L’economia russa resta molto legata all’export di materie prime energetiche.
Uno dei profili importanti della politica economica russa è l’aver assunto una stima prudente e conservativa (50 dollari al barile) sull’evoluzione del prezzo del petrolio nel 2015. Nella seconda metà dell’anno le previsioni di consenso sono più ottimistiche. Ma già sul terreno critico delle risorse energetiche a favore della Russia sta giocando la crisi dello shale oil. Una crisi irreversibile? I prodotti “da scisti” costano non meno di 80 dollari al barile e l’averci puntato sta già lasciando tracce significative nei bilanci di molte grandi compagnie occidentali. Ma la crisi dello shale è legata soprattutto all’avanzare nell’opinione pubblica mondiale della consapevolezza dei gravissimi impatti ambientali della produzione.
Lo scacchiere geopolitico è attraversato da una maggiore instabilità, sia sul piano economico che su quello delle relazioni tra Stati e macro-aree. Già il summit Apec dello scorso autunno a Pechino ha fatto registrare un ulteriore avvicinamento fra Russia e Cina.
Il ruolo della Russia lungo la dorsale “eurasiatica” del globo resta peculiare e strategico: e se la Cina è il principale terminale di interlocuzione, non va dimenticata l’interfaccia con l’India o quella con il Pakistan. Senza trascurare il processo di assestamento delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale. La Shanghai Cooperation Organization – fra Cina, Russia, Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan – opera fin dal 2001: le dinamiche eurasiatiche, con la Russia come soggetto occidentale, sono già lunghe e complesse.
Come si sta muovendo la Ue?
L’Unione Europea ha avviato con gli Usa la negoziazione di una Trade-Investment Partnership. Tuttavia la recente adesione di Germania, Italia e Gran Bretagna alla Asian Infrastructure Investment Bank ha confermato una concreta attenzione strategica di alcuni importanti paesi-membri Ue verso l’area eurasiatica e la significatività del suo sviluppo. E paiono confermare anche che situazioni conflittuali come quella in corso in Ucraina possano essere alla fine episodiche rispetto a dinamiche storiche di lungo periodo.
Qual è il momento di Banca Intesa in Russia?
La nostra presenza non cambia: siamo al servizio delle famiglie sul segmento “retail”, cerchiamo di sviluppare la nostra attività sul versante “corporate” soprattutto a sostegno delle piccole e medie imprese. Siamo una banca per le persone, per il risparmio, per il lavoro, per l’iniziativa imprenditoriale. E stiamo cooperando per radicare in Russia una cultura creditizia adeguata alle aspettative che l’economia russa ha per se stessa.
Un’ultima domanda: lei è ottimista verso una soluzione positiva della crisi ucraina?
Certamente.
(Antonio Quaglio)