Il fatto che un Paese come il Burundi, nei decenni passati teatro di uno dei genocidi più estremi della storia, sia oggi quasi del tutto dimenticato, la dice lunga di come i media e la comunità occidentale prestino attenzione solo a ciò che fa comodo ai loro interessi. In Burundi invece, dove ieri si è diffusa la notizia di un colpo di Stato (largamente ignorata dai media italiani) sono in corso sanguinose manifestazioni da diverse settimane, in cui il numero di morti, feriti e arresti non è da poco. Manifestazioni, come ci ha spiegato Monica Treu, volontaria dell’associazione Avsi nella capitale Bujumbura, cominciate quando il presidente in carica, Pierre Nkurunziza, ha annunciato di volersi candidare per il terzo mandato consecutivo, cosa che la Costituzione del Paese africano non permette. Ieri, approfittando della sua visita nel vicino Tanzania, il generale Godefroid Nyombare ha dichiarato il colpo di Stato e la transizione dei poteri. Dal Tanzania Nkurunziza ha risposto con un tweed dicendo non c’era stato nessun colpo di Stato e che la situazione era sotto controllo. Monica Treu invece ci ha detto di una situazione del tutto diversa.



Le notizie che arrivano dal Burundi sono poche e contraddittorie: il colpo di Stato è avvenuto o no?

Quando il generale Nyombare ha annunciato alla radio il colpo di Stato erano circa le 13.30 e ci trovavamo ancora in ufficio. Dopo, recandomi a casa e percorrendo diversi chilometri, ho visto che il traffico era inesistente e che per strada c’erano moltissime persone che manifestavano contente per il colpo di Stato. Ho notato anche una notevole presenza di militari per le strade. 



Dunque il presidente Nkurunziza sta cercando di dare una versione inesistente dei fatti?

Al momento è tutto ancora poco chiaro, ma è un fatto che il generale abbia ordinato la riapertura di tutte le radio private che erano state chiuse il 26 aprile, giorno in cui erano cominciate le manifestazioni contro il presidente. E la gente felice per strada dimostra che qualcosa sta succedendo, le pesanti repressioni delle settimane scorse lo hanno messo definitivamente in cattiva luce agli occhi della gente.

Nkurunziza si trovava in Tanzania al momento dell’annuncio, le risulta che sia tornato in patria?



Non lo sappiamo, nessuno lo sa. Ha mandato un tweed dicendo che non c’era stato nessun colpo di Stato, ma la realtà è tutt’altra.

Ci parli di queste manifestazioni delle scorse settimane, in occidente non è arrivata notizia.

La gente è scesa in strada a partire dal 26 aprile, il giorno stesso in cui il presidente ha dichiarato di volersi ricandidare per la terza volta. Ci sono state manifestazioni nei quartieri periferici della capitale contro questo annuncio represse in modo violento dalla polizia. Si parla di venti morti ma sicuramente sono di più e poi centinaia di arresti e feriti ma soprattutto almeno 40mila persone fuggite nei paesi vicini, Congo Tanzania e Ruanda. 

Data la storia terribile del Burundi, la gente avrà avuto paura di nuovi spargimenti di sangue. C’è la possibilità che si ripeta la guerra fra le due etnie, quella dei tutsi e quella degli hutu? Il presidente a che etnia appartiene?

Il presidente è di etnia hutu però in queste manifestazioni si sono unite insieme le due etnie contro di lui, che è un segnale molto significativo. Anche all’interno del suo stesso partito c’è stata una divisione già all’inizio dell’anno da parte di persone che lo avevano consigliato di non ripresentarsi e poi sono state allontanate. Anche il generale Nyombare faceva parte del partito al potere.

 

Che giudizio si può dare di Nkurunziza? Il suo governo ha fatto più bene o male?

Durante il suo potere ci sono stati molti casi di corruzione, malversazioni e anche mala gestione della cosa pubblica. Si è circondato di persone poco pulite, ci sono ombre sul caso delle suore assassinate, molti omicidi e detenzione di personaggi della società civile, tutti episodi che dimostrano quanto poco amore per la democrazia avesse avuto.

 

Come vivete questo momento? Siete preoccupati? Le vostre opere sono al sicuro?

Abbiamo fiducia, ma la prima preoccupazione è per il nostro centro che si trova nei quartieri nord, un centro per mamme e bambini dove svolgiamo attività educative. Lo abbiamo chiuso immediatamente il 26 aprile per motivi di sicurezza quando sono cominciate le manifestazioni. Siamo preoccupati di poter riaprire il centro per far compagnia a questi bambini che in queste settimane hanno subito dei traumi vivendo in quartieri dove ci sono stati incidenti in cui la polizia ha represso in modo violento manifestazioni pacifiche.

 

La Chiesa cattolica del Burundi si è espressa in qualche modo?

La Chiesa si è espressa in modo chiaro contro il terzo mandato sostenendo i manifestanti, ma così anche la comunità internazionale, gli Usa e l’Unione africana. Lunedì il Belgio ha interrotto il finanziamento al programma della polizia e alle elezioni, tutti segnali chiari di isolamento del presidente.

 

Che cosa farete nelle prossime ore?

Io ho una nipotina di due anni e quando abbiamo sentito l’annuncio del colpo di Stato  il mio pensiero è volato subito a lei. Nei prossimi giorni staremo chiusi in casa per capire come si evolverà la situazione. Abbiamo fiducia che non ci siano scontri, ma c’è il rischio che la milizia del Partito dei giovani fedele al presciente possa causare incidenti. 

(Paolo Vites)