Il caso di Alberto Nisman, il magistrato argentino morto in circostanze misteriose alla vigilia di esporre una denuncia nei confronti dei vertici dello Stato in relazione all’attentato all’associazione ebraica Amia del 1994, continua a destare l’interesse dell’opinione pubblica del Paese. Mentre il giudice, appartenente all’organizzazione kirchnerista “Justicia legitima”, Javier De Luca ha di fatto annullato per sempre l’indagine di Nisman contro la Presidente Kirchner, la stessa ha in questi giorni lanciato l’ipotesi che il magistrato fosse in combutta con i “fondi avvoltoio” americani (da tempo in causa contro lo Stato argentino per la faccenda dei “Tango bond”) nelle sue accuse contro di lei. Ne abbiamo parlato con il dottor Julio Piumato, che oltre a essere uno dei principali organizzatori della storica marcia in memoria di Nisman, svoltasi il 18 febbraio scorso e che ha visto più di mezzo milione di partecipanti, è il segretario generale del sindacato che riunisce i lavoratori del settore giudiziario Uejn (Union de Empleados Judiciales de la Nacion).
Dottor Piumato, il caso Nisman si può considerare un omicidio di Stato, come si sostiene da molte parti?
A mio giudizio sì, perché in questo caso assume valore la teoria giuridica conosciuta come preclusione: le responsabilità dello Stato sono di azione e omissione. Perché era responsabilità del Governo garantire la vita di un magistrato che era minacciato, autore di una denuncia seria nei confronti della Presidente della nazione, un Ministro del potere esecutivo e altri collaboratori – accusati di coprire le responsabilità dei colpevoli in quello che è considerato il maggiore attentato della storia argentina -, che doveva esporre conclusioni delle sue indagini davanti a una Commissione Parlamentare. Non lo hanno protetto, dato che le falle nel sistema delle forze di polizia e dei servizi durante quel tragico fine settimana sono state da subito evidentissime.
Ma su cos’altro si basa questa teoria?
Le indagini fin dai primi momenti hanno registrato un’invasione di persone sul luogo dell’accaduto tale da inquinare la scena in modo irreparabile. E un’accanimento sull’ipotesi del suicidio quando la magistrata Fein che conduce le indagini ha dichiarato di come “sfortunatamente” non sono state trovate tracce di polvere da sparo sulle mani del defunto, fatto che allontanava questa ipotesi. Si è inoltre acuita la campagna mediatica del Governo tesa a a squalificare il magistrato da parte di molti suoi esponenti , facendo entrare in questo gioco macabro, visto che Nisman non può difendersi, anche aspetti della sua vita privata che nulla avevano a che vedere con le sue indagini, ricche di prove contundenti alle quali si aggiungono in questi giorni quelle che aveva passato in copia alla sua famiglia, che verranno trasmesse alle autorità. Ma è chiaro che in primis a Nisman non è stato permesso di esporle: quindi ci sono delle responsabilità gravissime come anche delle pressioni notevoli affinché tutto il caso venga dimenticato al più presto.
Quindi la verità non la sapremo mai…
Non so se sia un caso, ma recentemente in Argentina è stata trasmessa una pellicola intitolata “Fuori controllo” con Mel Gibson. C’è una scena dove tra un gruppo di mafiosi e uomini del Governo si decide freddamente di lanciare varie teorie su di un omicidio di cui sono colpevoli, perché così la verità “non verrà mai a galla”.
(Arturo Illia)