In un weekend tra i più importanti negli ultimi mesi, tra scadenze elettorali e il riacutizzarsi della crisi finanziaria, l’Europa ha un po’ cambiato la sua geografia politica.

La Spagna ha premiato i candidati di Podemos, il governo di Tsipras ha ammesso che le casse greche sono vuote, mentre anche i polacchi hanno mandato un messaggio chiaro a Bruxelles.



La vittoria a Varsavia del giovane conservatore Duda è un risultato carico di implicazioni. La Polonia è diventata negli scorsi anni un player fondamentale degli equilibri europei, protagonista della definizione del bilancio comunitario e tra i più attivi percettori di fondi per lo sviluppo. Politicamente, la Polonia sostiene la necessità di contenere il più possibile le mire espansionistiche russe, si è schierata con Kiev e non perde occasione di ricordare agli europei quanto Varsavia per prima, storicamente, abbia sofferto dell’influenza di Mosca. Duda ha posto alcuni temi che evidentemente toccano da vicino la sensibilità dei polacchi: no all’ingresso del Paese nell’euro ma no anche ad un ulteriore approfondimento dell’integrazione politica europea. 



Quest’ultimo punto è particolarmente sensibile. Nelle diverse ipotesi che si fanno a tutti i livelli sul futuro dell’Ue, la più pragmatica è quella che immagina, in un futuro più o meno lontano, un’Europa a due velocità, nella quale un gruppo di testa — il nocciolo duro — accelera sull’integrazione politica, fiscale e normativa, lasciando agli altri la facoltà di aggregarsi in un secondo momento. È senz’altro un’ipotesi suggestiva ma che deve fare i conti con la realtà. Oggi soprattutto che Cameron vince nel Regno Unito promettendo un referendum sulla permanenza nell’Ue e che la Polonia dice implicitamente no all’approfondimento magari in senso federalista. È un contraccolpo indiretto questo anche per gli interessi italiani. In un ipotetico nocciolo duro futuro sarà interesse dell’Italia esserci da protagonista, magari associando l’interesse di almeno un Paese mediterraneo — la Spagna — ed uno baltico — la Polonia, appunto.



Su questa prospettiva l’Italia si è molto spesa negli scorsi anni. Da rimarcare l’iniziativa dell’ex presidente Napolitano di promuovere un meeting trilaterale tra Italia, Germania e Polonia ogni anno. Il presidente polacco uscente, Komorowski, si è dimostrato partner attivo in quelle circostanze, garantendo un appoggio convinto alla costruzione di una nuova dimensione europea.

Le lezioni che possiamo trarre dall’esito delle elezioni polacche sono altrettante riflessioni per i decisori politici europei: l’Ue ha perso appeal e spinta propulsiva ed occorre immediatamente invertire questo trend, innanzitutto risolvendo presto e bene lo spinoso dossier greco. I Paesi dell’est europeo si sentono fortemente e direttamente minacciati dalla retorica russa. Occorre rassicurare i nostri partner ma soprattutto non chiudere nessuna linea di dialogo con Mosca, perché senza la Russia non ci sarà alcuna sicurezza condivisa in Europa. 

Infine, gli Stati Uniti. Per Washington l’amicizia, recente ma preziosa, con i Paesi dell’Est è una priorità in funzione antirussa. Se chiedeste a Washington a cosa serve la Nato oggi vi risponderebbero che l’unica e ultima missione è il containment di Mosca. Spetta a noi europei fare in modo che la prospettiva militare non eclissi le importanti ragioni politiche ed economiche che sono alla base della nostra convivenza in Europa.