“Sui migranti il governo Renzi sta offrendo una prova di inefficienza e di incompetenza. Non solo impieghiamo un anno e mezzo per accertare se un profugo abbia o meno diritto all’asilo, ma facciamo anche i ‘furbetti’ lasciando che vadano indisturbati nei Paesi confinanti. Non stupisce che l’Europa risponda rifiutandosi di essere solidale nei nostri confronti”. A evidenziarlo è Claudio Martelli, che nel 1990 in quanto vicepresidente del Consiglio affrontò l’emergenza dei 23mila albanesi sbarcati sulle coste della Puglia. L’Ue sta stringendo sulla questione dei rimpatri anche perché il 25 e il 26 giugno è previsto il vertice dei capi di Stato e di governo a Bruxelles. Ieri intanto è stata sgomberata la stazione di Milano, dove da giorni avevano trovato riparo migranti precedentemente sbarcati in Sicilia.



Il governo sta studiando un piano per attuare rimpatri più veloci. Lei che cosa ne pensa?

Mi domando come si faccia a essere più veloci nei rimpatri se ci si impiega un anno e mezzo ad accertare la condizione del “migrante”, cioè se è un avente diritto all’asilo o se si tratta di un migrante economico. Stiamo assistendo a una totale mancanza di organizzazione e al precipitare di atteggiamenti superficiali. Il tutto per un’impreparazione preoccupante e per un’improvvisazione politica costante. Il tema dei rimpatri non può che essere connesso all’accertamento dell’identità dei migranti. Già l’anno scorso c’erano stati 170mila profughi e se ne prevedeva un numero superiore per il 2015. Eppure nel frattempo non è stato fatto nulla.



E’ così complicato accertare l’effettiva condizione dei migranti?

Non è affatto un’operazione complicata. Quando ero vicepresidente del Consiglio nel 1990 in pochi giorni a Bari e Brindisi arrivarono 23mila albanesi. Accertammo l’identità e lo status di ciascun singolo migrante. Quello che il diritto internazionale vieta sono i respingimenti in massa, e dunque bisogna accertare qual è la condizione di ciascuno. Allora ci impiegammo circa due mesi, e poi con un ponte aereo ne rimpatriammo in Albania 20mila, mentre agli altri 3mila fu riconosciuto il diritto all’asilo.

Quando arrivarono gli immigrati in Puglia nel 1990 l’Albania era comunque uno Stato e quindi un interlocutore chiaro. Che cosa possiamo fare oggi con una Libia nel caos?



La Libia è un Paese diviso. A Tobruk però c’è un governo legittimo con il quale abbiamo parlato pochissimo, e lo stesso vale per il governo di Tripoli che pur non essendo legittimo ha a sua volta un suo riconoscimento. In Libia opera l’Eni e si tratta di un Paese che conosciamo da quasi un secolo. Non capisco perché non si riescano a fare degli accordi per ridurre gli imbarchi.

Perché il nostro Paese è così disorganizzato?

Le rispondo con un aneddoto. L’accordo di Schengen lo sottoscrissi io nel 1991. Perché l’Italia entrasse effettivamente nell’area Schengen si dovettero aspettare però otto anni. Ci volle tutto quel tempo per informatizzare i nostri valichi di frontiera e connetterli in tempo reale con i valichi di frontiera degli altri Paesi dell’area Schengen.

Oggi però il problema è innanzitutto politico. Lei come giudica la “non politica” del nostro governo su questo tema?

Malissimo. La giudico come una prova di inefficienza e di incompetenza. Già il fatto che sui rimpatri si sveglino solo adesso è un fatto incredibile. Per poter fare i rimpatri bisogna sveltire e potenziare le strutture di accertamento dell’identità dei migranti. Nel frattempo bisogna trovare luoghi per accoglierli, altrimenti finiscono nelle strade e stazioni e si offre questo spettacolo pauroso di incuria, di ritardo e di inefficienza. Per non parlare del fatto che ai migranti non si riesce ad assicurare un trattamento minimamente decente.

 

Che cosa ne pensa della linea seguita da Gentiloni e Mogherini, responsabili degli Affari esteri italiani ed europei?

Una volta si annuncia che siamo pronti a combattere in Libia, dopo di che non si fa assolutamente nulla. La Mogherini quindi dichiara che noi non respingeremo neanche un migrante. Poi facciamo i furbi e dopo averli accolti nei centri di accoglienza li lasciamo scappare. Oppure li mettiamo sui pullman e li portiamo al Nord, dando loro il via libera perché vadano negli altri Paesi Ue. Dopo un po’ austriaci, tedeschi e francesi si sono resi conto che facciamo i furbi e hanno chiuso le frontiere.

 

Che cosa sta avvenendo?

Di fatto sono tornati i “passeur”, cioè i trafficanti transalpini che nel primo Novecento aiutavano i clandestini italiani ad arrivare in Francia. Se le autorità italiane si mettono a fare il mestiere del “passeur”, poi è difficile che l’Europa sia solidale nei nostri confronti.

 

Ma in fondo le “furbizie” italiane non sono anche un modo di difenderci da un’Europa che si rifiuta di applicare le quote dopo avercele promesse?

L’Italia sta facendo la furba già da tempo. Ieri il Corriere ha pubblicato la notizia che oltre 50mila richiedenti asilo sono scomparsi senza lasciare traccia, ma nel 2013 il Comune di Milano aveva reso noto che questo fenomeno stava già avvenendo. Siccome gran parte dei migranti non vuole rimanere qui ma ambisce ad andare in Francia, Germania o Svezia, allora l’Italia li lascia andare.

 

(Pietro Vernizzi)