“Per risolvere il problema migranti apriamo negoziati con singoli Paesi Ue in modo attuare una deroga che consenta di identificare una parte degli extracomunitari in Francia, Austria e Germania”. Lo propone l’ex ministro degli Esteri ed ex Commissario Ue per la Giustizia, la Libertà e la Sicurezza, Franco Frattini, secondo cui “trattare con 28 Paesi Ue è estenuante e non produce risultati. Molto meglio verificare l’effettiva disponibilità di ciascuno di essi con dei colloqui bilaterali, per capire se alla solidarietà proclamata da alcuni a parole seguano anche i fatti”.
Renzi ha presentato un piano B per risolvere l’emergenza migranti. Lei lo condivide?
La parte più difficile da attuare di questo piano è impedire alle navi straniere di sbarcare nei porti italiani i migranti che raccolgono in mare. Nel momento in cui fosse richiesto a una nave francese di portare nel suo Paese i migranti salvati nel Mediterraneo, il giorno dopo Parigi si ritirerebbe dalla missione europea. Il divieto di sosta nei porti italiani quindi non funzionerebbe.
Secondo lei allora qual è la soluzione?
Il nostro governo può chiedere una deroga al principio della convenzione di Dublino, in base a cui ogni Paese di prima destinazione dei profughi deve esaminare le richieste di asilo (e quindi ospitarli finché si decide se sono rifugiati o migranti economici, ndr). La stessa convenzione di Dublino prevede che per ragioni di emergenza umanitaria si possa derogare a questo principio.
E quindi?
Il governo potrebbe accordarsi con singoli Paesi, per fare sì che l’identificazione di un certo numero di migranti non avvenga in Italia bensì per esempio in Francia, Austria o Germania. Ciò farebbe emergere, più che a livello europeo, la solidarietà bilaterale di questo o quel Paese. E in caso di un no sapremmo contro chi puntare il dito.
La Francia intanto ha ribadito che i migranti non passano. Come commenta la sua posizione?
E’ una grave violazione dell’accordo di Schengen. Quest’ultimo stabilisce con grande chiarezza che i controlli di polizia del Paese di destinazione non possono essere svolti mediante posti fissi, perché altrimenti si cadrebbe nel regime di chiusura delle frontiere, ma tutt’al più con controlli random di polizia. La Francia invece sta eseguendo dei controlli mediante posti fissi con un filtro macchina per macchina e persona per persona.
Che cosa dovrebbe fare Renzi?
Quello che fece il governo Berlusconi nel 2011. Quando ci fu l’“esplosione” degli sbarchi dalla Tunisia si verificò un analogo caso Ventimiglia. In quanto responsabile della Farnesina chiamai il ministro degli Esteri francese, Berlusconi parlò con Sarkozy, e dopo qualche giorno Parigi sbloccò le frontiere. All’epoca il nostro non fu un appello alla “cortesia personale” dei francesi, bensì una chiara minaccia che ci saremmo rivolti alla Commissione Ue. Bruxelles può aprire una procedura d’infrazione perché Parigi sta violando le norme comunitarie.
Lei che cosa ne pensa dell’ipotesi di fare dei campi di raccolta in Libia?
E’ ciò che si deve fare. Io lo proposi nel 2006 quando ero Commissario Ue e incassai l’ok di Antonio Guterres, che allora era ed è tuttora direttore dell’UNHCR, l’agenzia Onu per i rifugiati. Il Parlamento Ue però bocciò la mia proposta, e lo stesso Gheddafi replicò: “Non voglio dei campi perché in Libia non ci sono rifugiati. Sono tutti miei fratelli africani e io sono il re dell’Africa”. Ancora oggi però quella dei campi per rifugiati sotto garanzie dell’Onu resta l’unica strada percorribile. E non soltanto in Libia, ma anche in Nigeria e Ciad.
Lei come vede la prossima missione di Alfano in Lussemburgo?
E’ una missione puramente mediatica, perché purtroppo non ci sono possibilità che i Paesi Ue contrari cambino idea. Già si è detto in modo chiaro che la parola finale l’avranno i capi di governo, e quindi i ministri degli Interni non decideranno nulla. Sarà una missione in cui Alfano dovrà proporre il piano B dell’Italia, ma anche quelli C e D, per togliere l’alibi a quanti sono contrari.
Vanno stretti accordi anche con i Paesi d’origine dei migranti?
Sì, tanto più che l’Europa ha annunciato un grande piano europeo di rimpatri dei migranti economici. Le norme Ue stabiliscono però che se un profugo non è in possesso del passaporto, per rispedirlo a casa occorre il permesso del Paese d’origine. E naturalmente la prima cosa che fa un immigrato quando arriva qui è strappare i documenti.
Quale modello va seguito per gli accordi?
Quando ero commissario Ue strinsi un accordo con il Marocco, e l’Italia ha fatto altrettanto con Egitto, Tunisia e Gambia. Funzionano bene, ma in cambio a quei Paesi vanno offerte attrezzature per le forze di polizia, equipaggiamenti per proteggere le frontiere, navi e pattugliatori.
(Pietro Vernizzi)