Da più di tre mesi sono accampati nella centralissima Avenida 9 de Julio di Buenos Aires per protestare contro l’oppressione e il menefreghismo del Governo sulla loro situazione. Il 29 maggio i rappresentanti delle 25 etnie originarie dell’Argentina, provenienti da 17 regioni del Paese, si sono riuniti in un congresso alla fine del quale un’ampia delegazione con alla testa il Premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel, ha marciato verso la residenza presidenziale della Casa Rosada per chiedere un incontro con Cristina Kirchner e informarla. Quello che è successo ce lo descrive lo stesso Esquivel, intervistato a Buenos Aires.



Quali sono le ragioni di questa manifestazione?

È da molti anni che le popolazioni originarie dell’Argentina lottano per preservare la loro cultura e identità ed evitare di essere oppresse o rimosse dai propri territori da parte di imprese che si occupano di sfruttare le risorse delle loro terre. Anni di richieste alle autorità sia nazionali che provinciali per incontri destinati a risolvere questi problemi che non hanno ottenuto nessuna risposta. Chiediamo solo che si rispetti il paragrafo 17 dell’articolo 75 della legge nazionale e la dichiarazione dell’Onu sui diritti delle popolazioni indigene.



Cos’è successo nei giorni scorsi?

Arrivati alla Plaza de Mayo ci siamo incontrati con un nucleo operativo di polizia che aveva eretto barriere metalliche per impedirci di accedere. Hanno permesso solo a 5 di noi di avvicinarci e alla nostra richiesta di un incontro con la Presidente ci hanno vietato l’ingresso all’anticamera e volevano che passassimo il documento che dovevamo consegnare attraverso le sbarre. Successivamente il capo di gabinetto della Presidenza, Annibal Fernandez, ci ha mandato cinque suoi impiegati a discutere e alla fine, con un chiaro atteggiamento razzista, hanno dato solo a me il permesso di accedere, cosa che ovviamente ho rifiutato. Davanti a tanto disprezzo e mancanza di rispetto, dopo 4 ore di attesa, ci siamo ritirati.



Ma quello dei diritti umani non è sempre stato un caposaldo della politica dei governi kirchneristi fin dal 2003?

Questo Governo ha ristretto i diritti umani alla sola epoca della dittatura con alcuni risultati condivisibili, ma facendone un uso partitico e dividendo le organizzazioni che se ne occupano. E questo è tragico, come l’uso di una giustizia dipendente dal potere politico, con il risultato di una repressione nei confronti dei popoli originari: quando i loro rappresentanti protestano contro l’espropriazione o la distruzione delle loro terre vengono incarcerati.

Allora che democrazia c’è in Argentina?

Democrazia non è poter mettere un voto in un’urna, significa diritti e uguaglianza per tutti. Cosa che qui non esiste: questo Governo oppone gli uni contro gli altri e non è aperto al dialogo. Quando si arriva a questo bisogna parlare di autoritarismo. La superbia di chi governa l’Argentina non ha limiti. Durante i recenti festeggiamenti per l’anniversario dell’indipendenza, il 25 maggio, i grandi assenti sono stati i patrioti che hanno formato questa Nazione e che, come Juan José Castelli, parlavano di un’Argentina che restituisse la libertà e le terre ai popoli originari. E non come ora dove si riduce il concetto di Patria a un prima e a un dopo l’avvento del kirchnerismo.

 

(Arturo Illia)