Migliaia di tunisini sono scesi in piazza ieri a Sousse e nella capitale per manifestare contro il terrorismo, scandendo slogan quali “No al terrorismo” e “Tunisia libera”. Dopo l’attentato di venerdì nel quale sono morte 38 persone, i manifestanti sono sfilati a poca distanza dal punto in cui è avvenuto l’attacco dei jihadisti tenendo in mano delle candele in onore alla memoria delle vittime. Per Ibrahim Magdud, professore di Lingua e letteratura araba all’Università libica d’Italia, “l’Isis non conta su una struttura organizzata in Tunisia e nulla vieta di pensare che l’attentato sia stato rivendicato solo perché il suo esecutore materiale è morto e quindi non più smentire”. E aggiunge il professor Magdud: “L’Italia non corre il rischio di attentati organizzati dallo stato islamico, anche se esiste sempre la possibilità che quale cane sciolto si faccia saltare in aria. In questo momento il califfato è molto più impegnato a uccidere degli altri musulmani, quella su un eventuale attacco a Roma è soltanto propaganda”.
Qual è la sua analisi dell’attentato avvenuto venerdì in Tunisia?
Non si tratta del primo attentato in Tunisia. Tutto è iniziato con degli attacchi nel Sud del Paese, quindi c’è stato l’attentato al museo del Bardo del 18 marzo e venerdì è stata la volta di Sousse. Ci sono gruppi che si organizzano autonomamente per questo tipo di azioni criminose. La conseguenza è un colpo molto forte all’economia tunisina, basata principalmente sul turismo.
Quanto è forte l’Isis in Tunisia?
Non c’è un gruppo organizzato, quanti hanno colpito sono dei cani sciolti. La maggior parte dei tunisini affiliati o che combattono con l’Isis si trovano in Siria (circa 2mila persone) o in Libia (altre mille persone).
L’Isis però ha rivendicato l’attentato a Sousse…
Qualcuno evidentemente è tornato dalla Siria o dalla Libia e si è infiltrato in Tunisia. Però non esistono aree della Tunisia controllate direttamente dall’Isis.
Ieri migliaia di tunisini sono sfilati contro il terrorismo. Chi organizza attentati come quello di venerdì è isolato nel Paese?
Il fatto è che è difficile controllare la scelta dei singoli cittadini di aderire alle idee del califfato: non è un discorso istituzionalizzato. Ma potrebbe essere anche stato un atto individuale di tunisini che hanno deciso di sparare sui turisti. Ora l’Isis rivendica l’attentato come se a organizzarlo fosse stato Al-Baghdadi, mentre non è così. Del resto l’attentatore è morto e non può smentire.
L’Italia è a pochi chilometri di mare dalla Tunisia. Quanto è grave il rischio di attentati nel nostro Paese?
E’ molto difficile che l’Isis colpisca in Italia. Il suo obiettivo è più che altro colpire quei musulmani che considera come eretici, come gli sciiti e alcuni gruppi di sunniti. Ciò che sta avvenendo è che i musulmani ammazzano altri musulmani, come è avvenuto anche durante la guerra civile algerina (1992-1999) nel corso della quale 200mila persone sono state uccise. I morti tra gli arabi di fede musulmana sono molto più numerosi di quelli tra gli occidentali, in tutto si parla di 500-800mila persone.
L’Isis però ha minacciato più volte di voler colpire Roma…
Sì, ma sono solo dichiarazioni propagandistiche, non c’è un vero e proprio progetto che riguarda la capitale italiana. Non è una cosa credibile un attentato dell’Isis a Roma. La vera questione è un’altra…
Quale?
Quando in un attentato muoiono dieci o quindici europei se ne parla per giorni su giornali e tv. Mentre quando alcuni mesi fa l’Isis ha ucciso 700 sunniti iracheni la notizia non è uscita né in Europa né in America. Un massacro fa notizia solo quando tocca l’Occidente, e io lo ritengo un fatto che andrebbe rivisto.
Il terrore non è sempre più un fatto globale?
Appunto. Venerdì c’è anche stato un attentato in una moschea del Kuwait nel corso del quale sono morte 70 persone che stavano pregando. La notizia è stata appena accennata, ma le si è dato un peso ben inferiore rispetto alle uccisioni di occidentali in Francia e Tunisia.
Secondo lei perché?
La mentalità dell’uomo europeo è che la sua vita vale infinitamente di più di quella di una persona che vive a Mosul, Aleppo o Tripoli. Dunque la vita di un musulmano non ha lo stesso valore della vita di un occidentale.
Lei distingue tra musulmani e occidentali. Ma esistono anche musulmani occidentali e cristiani arabi…
Sì. Ma resta il fatto che quando ci sono dei massacri in Paesi come Siria e Iraq non se ne parla. Non per forza mi riferisco a uccisioni di musulmani sunniti, ci sono anche gli yazidi, gli sciiti. Ma solo se ci sono delle vittime cristiane allora c’è un filo che collega quegli eventi con l’Occidente.
(Pietro Vernizzi)