“La vera colpa di tutti i leader europei, a partire da Juncker e Merkel, è stato il fatto di non avere previsto la possibilità per i singoli Paesi di uscire dall’euro. Se alla Grecia fosse concesso il modo di uscire dall’Eurozona, avere un periodo di tempo per risolvere i suoi problemi e poi rientrarvi, sono convinto che ciò non comporterebbe nessuna catastrofe per gli altri 18 Paesi aderenti”. Lo evidenzia Thomas Schmid, ex direttore del quotidiano tedesco Die Welt. Il premier greco, Alexis Tsipras, ha presentato un piano di riforme al Fondo Salva Stati in cambio di aiuti, anche se le vere decisioni sul futuro di Atene saranno prese nel vertice europeo di domenica.



Tsipras si è impegnato ad attuare una riforma di Iva e pensioni. E’ sufficiente?

Non posso esprimere un sì senza riserve, ma si tratta di un passo in avanti. Finora Tsipras aveva bloccato quasi tutto, affermando che la Grecia non era pronta per le riforme. Il premier di Syriza prima di ieri aveva sottolineato che il compito di cambiare spetta a Bruxelles e non ad Atene. In questo senso quello compiuto è un passo in avanti importante.



In che senso finora Tsipras aveva bloccato tutto?

Per esempio il governo di Atene non ha mostrato interesse rispetto alla necessità di un intervento sui conti correnti dei greci in Svizzera. Finora inoltre non ha fatto quasi nulla per quanto riguarda la riforma dell’amministrazione e la necessità di ridurre i dipendenti pubblici. Mi stupisce inoltre che un governo di sinistra radicale non abbia fatto nulla per aumentare la tassazione sui più ricchi. Sono scelte che trovo strane, e che vanno cambiate se la Grecia vuole rimanere nell’Eurozona.

Tsipras ha detto che finora la Grecia ha applicato le ricette dell’Ue, ma che queste non hanno funzionato. E’ veramente così?



Negli ultimi cinque anni la Grecia ha compiuto alcune riforme, ma non le ritengo sufficienti. Per Tsipras la Grecia è stato il laboratorio in cui si sono concentrati tutti i problemi di Europa ed Eurozona: la ritengo un’affermazione molto esagerata. Lo documenta il fatto che Irlanda, Portogallo, Spagna, Slovacchia e Paesi Baltici hanno messo in atto degli enormi impegni di riforme interne.

Quali sono nello specifico le riforme che deve fare la Grecia?

Ritengo essenziale una riforma della pubblica amministrazione. Lo stesso vale per il catasto, che al momento in Grecia non esiste. Occorre inoltre una riforma del fisco, che non funziona più. Io non sono contrario agli aiuti, anche molto ingenti, da parte dell’Ue nei confronti della Grecia. Il contratto deve prevedere però aiuti in cambio di riforme. In Germania le riforme furono fatte tra 1998 e 2005, in una fase di crescita, a opera di Schroeder che poi non fu rieletto, tanto che al suo posto salì al potere la Merkel.

Non è una contraddizione che oggi la Merkel chieda a Tsipras di fare quelle stesse riforme in una fase di recessione? 

Lei ha ragione. L’essenziale però è che in Grecia ci sia un consenso sulla necessità di fare le riforme. Nessuno pretende che queste riforme siano fatte in due giorni, anche uno o due anni di tempo possono andare bene. Basta che il governo prenda un impegno chiaro a favore delle riforme. Dopo di che io sono favorevole all’haircut (il taglio del debito greco, Ndr) purché Tsipras si impegni a cambiare le cose.

 

Lei ritiene possibile un’uscita della Grecia dall’euro?

Sì, anzi sono contrario all’idea che nell’Ue sia possibile fare solo dei passi in avanti e non indietro. La vera colpa di tutti i leader europei, a partire da Juncker e Merkel, è stato il fatto di avere detto: “Mai indietro e sempre avanti”. Ciò ha generato una pressione sugli Stati membri che non è stata veramente utile per il progetto europeo. Personalmente ritengo possibile che un Paese lasci la zona euro, senza che ciò determini un crollo per l’intera area, a condizione che per questo stesso Paese esista la possibilità di rientrare nell’euro dopo avere avuto alcuni anni di tempo per rimettersi in sesto. Non ritengo che questa uscita sia una catastrofe, anzi può essere un modo per risolvere i problemi.

 

Un’uscita della Grecia dall’euro non sarebbe preoccupante?

Sì, è un fatto in qualche modo preoccupante. Ue e Eurozona sono molto interdipendenti al loro interno. Basta un piccolissimo cambiamento in un Paese per produrre grandissimi effetti in altre nazioni. In questo senso Grexit è un pericolo, ma la politica finanziaria dei governi europei dopo la grande crisi finanziaria del 2008 ha prodotto alcune misure di sicurezza per fare sì che Grexit non generi il fallimento dell’intera Eurozona.

 

(Pietro Vernizzi)

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