“Nessuno può dire se il rapimento possa essere attribuito” alla lotta agli scafisti. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ai microfoni di “SkyTg24” in merito al rapimento dei quattro italiani avvenuto in Libia (Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla). «Non credo che possiamo escludere una pista, ma facciamo lavorare chi ha titolo a farlo e a farlo nel silenzio», ha aggiunto Alfano. Una ulteriore precisazione è arrivata ieri sera dal Viminale dove in una nota è stato scritto che il ministro «non ha accreditato alcuna ipotesi di scambio con scafisti» ma «si è limitato a non escludere nessuna pista», ribadendo che «l’unica cosa esclusa è che si tratti con gli scafisti». Intanto è un’ipotesi questa da verificare, mentre il governo di Tripoli sostiene che il rapimento sia opera di “Jeish al Qabail”, ovvero l’esercito delle tribù, che è alleato al generale Khalifa Haftar, una formazione composta da arabi e da berberi. “Non sappiamo chi li ha rapiti” ha detto il portavoce di Fajr Libya all’Ansa, la milizia islamista che si è imposta con un proprio governo parallelo a Tripoli, ribadendo che il suo gruppo «non è dietro il rapimento degli italiani». «Non sappiamo chi li ha rapiti», ha detto Alaa Al Queck, «ma sappiamo che gli italiani si trovano nel sud-ovest e che entro 10 giorni saranno liberi». Pare che i quattro italiani rapiti siano stati portati in una zona desertica del Paese, come ha scritto il quotidiano online libico ‘Akhbar Libia24’. «I rapitori hanno fatto scendere gli italiani dalla loro macchina, e li hanno fatti salire in un’auto obbligandoli a lasciare i loro telefoni cellulari», scrive il quotidiano, aggiungendo che «l’autista dell’auto degli italiani è stato legato e abbandonato nel deserto». Mentre il ministro dell’Interno ha ribadito che sarà fatto di tutto per liberare i nostri connazionali e ha aggiunto: «Non possiamo imprigionare» gli italiani che si trovano all’estero, «c’è un’assunzione di responsabilità quando decidi di spostarti da un luogo protetto in cui ti trovi in un altro, attraversando zone pericolosissime. È un’assunzione di responsabilità che attiene alla libertà individuale». E ancora: «L’Italia sta pagando un conto molto salato all’instabilità della Libia. Gheddafi comunque dava una stabilità, non voglio dare giudizi ma era così. Poi quel regime è stato destabilizzato, e noi non vogliamo continuare a pagare il conto all’inerzia della comunità internazionale. Non si riesce a risolvere il problema e quel lavoro lasciato a metà porta l’Italia a pagare un secondo costo». Intanto da Malta il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha risposto ai giornalisti che hanno chiesto se ci fosse un’offensiva fondamentalista contro l’Italia in particolare: «Tutti sono nel mirino: è nel mirino qualunque paese che si batta per la tolleranza, la civiltà e il rispetto delle vite umane», ha spiegato il presidente, augurandosi che i quattro italiani possano essere liberati nel più breve tempo possibile, sottolineando che l’impegno dell’Italia in questo senso è “molto forte”. (Serena Marotta)