Una sera di qualche mese fa ero a cena da amici e un signore di una certa età, diciamo un anziano, raccontò che sarebbe presto andato in vacanza a Cuba. Ci avrebbe passato quindici giorni, spendendo pochissimo: la cosa che mi colpì fu che, nella spesa, era previsto anche l’affitto di una donna. Praticamente funzionava, e credo che ancora funzioni, così: si arriva a Cuba, si prende un appartamento, si contatta chi di dovere e una donna farà compagnia al turista per tutto il periodo,  tutto (tutto) compreso. Finito, si paga e amici come prima. Quel signore lo faceva da anni (era vedovo), e come lui, ci disse, tantissimi altri italiani e europei. Anche questo è Cuba: un’amena isola caraibica dove una delle industrie principali è la prostituzione. Dal 14 agosto 2015 il peggior nemico dell’isola, gli Stati Uniti d’America, non è più nemico: alla presenza del segretario di Stato John Kerry, e soprattutto della gran fanfara retorica dei mass media, la bandiera a stelle e strisce è tornata a sventolare nella capitale cubana, L’Avana. Era stata ammainata cinquantaquattro anni fa, dopo una guerra, scontri diplomatici e militari, le navi russo-sovietiche che ronzavano nei Caraibi e addirittura il rischio di un conflitto atomico. 



Da una parte dunque gli Stati Uniti, che avevano tentato di impedire l’ascesa di un regime comunista a Cuba e avevano fallito; da lì l’embargo imposto ai contatti commerciali, economici, sociali e politici di Cuba. Una storia che ha davvero del demenziale: gli Usa in politica estera sono capaci di svarioni dettati da una superficialità che talvolta ha del grottesco, se non sapessimo che nasconde altri fini segreti politico-economici, come la storia della democrazia esportata in Medioriente con la guerra. 



Quali risultati ha prodotto l’embargo a Cuba? Il rafforzamento del regime comunista a cui, come a tutti i regimi, conviene la favola del nemico alle porte e della cenerentola perseguitata, e la fame della popolazione, ridotta come abbiamo visto a prostituire le proprie mogli e figlie. Dall’altra parte il regime marxista instaurato dal più longevo dittatore del mondo, quel Fidel Castro che ancora in questi giorni, dopo una sparizione di mesi che aveva fatto ipotizzare la sua morte, sbeffeggia gli Usa chiedendo i danni dell’embargo e facendosi vedere in giro con altri due leader marxisti sudamericani, il boliviano Morales (quello che ha regalato la falce e martello al Papa) e il venezuelano Maduro, proprio mentre Kerry giungeva a L’Avana. 



Un regime incrollabile, fondato su una rivoluzione mitizzata anche dalla partecipazione di Che Guevara, il geniale terrorista oggi universalmente imitato, il primo a suggerire nel suo manuale del guerrigliero di far esplodere treni e mercati pieni di gente per dare più risonanza alla causa rivoluzionaria, così amato anche dagli intellettuali nostrani, specie quelli che insegnano in certe facoltà di storia. 

Un regime che oggi continua  col fratello Raul, in questa strana successione al potere sulla linea familiare che ricorda i regimi aristocratici europei dell’Ottocento, cose che, supponevamo, il marxismo si era preso la briga di rovesciare. Ma tant’è. 

Insomma, tutta questa storia di Stati Uniti e Cuba, compreso l’alzabandiera americano di questi giorni, sarebbe ridicola, se non fosse tragica per il popolo cubano, affamato e immiserito sia dall’embargo che dal regime, così tanto che appena nel passato si apriva qualche spiraglio di una porta, in migliaia si mettevano sui barconi facendo di Miami, in Florida, quello che oggi dall’Africa fanno di Lampedusa. Alcune generazioni di debosciate classi dirigenti americane e cubane hanno giocato ai nemici, azzardando l’incubo di un conflitto nucleare, in nome di che cosa? 

Per fortuna, sia all’inizio della crisi, sia ai nostri giorni, come ha ammesso lo stesso Kerry, la soluzione dello scontro ha avuto come grande suggeritore il Papa, di allora e di oggi: e forse davvero gli atei di stato cubani e i miscredenti di mercato americani farebbero bene a ringraziare quel Dio in cui non credono se la stupida cecità dei loro leader non ha portato a conseguenze così disastrose che la sciocca retorica dello sventolamento di oggi non può certo far dimenticare a nessuno.