Abramo, Papa Francesco, l’immigrazione in Europa e l’importanza delle religioni per un mondo dove tutti convivano in modo pacifico. Sono i temi che saranno toccati dal Gran Rabbino di Francia, Haim Korsia, nell’incontro inaugurale del Meeting di Rimini previsto per oggi, giovedì 20 agosto alle 15. Titolo dell’incontro è “Le religioni sono parte della soluzione, non il problema”, e insieme al rabbino Korsia interverranno anche il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e Azzedine Gaci, rettore della moschea Othmane di Villeurbanne in Francia.



Gran Rabbino, che senso ha parlare di religioni come parte della soluzione in un’epoca di fondamentalismi?

Ritengo una buona idea il fatto che il titolo dell’incontro affermi che la religione è parte della soluzione, e non il problema. Una persona non può pretendere di essere francese e nello stesso tempo disprezzare la nostra bandiera, lingua e inno nazionale. Allo stesso modo non si possono cambiare i veri contenuti di una religione per piegarla a un progetto violento.



Non è proprio quello che sta avvenendo?

Sì, ma chi usa la fede per un obiettivo violento non fa altro che inventarsi un’altra religione che esiste soltanto nella sua testa. Il fondamentalismo non corrisponde ai dettami né dell’islam né dell’ebraismo né del cristianesimo, e quindi non può essere definito una realtà religiosa quanto piuttosto un fenomeno che contraddistingue alcune sette.

Il Meeting di Rimini dedica anche un approfondimento al profeta Abramo. Quanto è moderna la sua figura?

Abramo ha ricevuto da Dio nient’altro che una promessa, e solo in un secondo momento gli sono stati dati dei segni del fatto che quella promessa si sarebbe realizzata. Abramo è quindi esattamente il contrario dell’atteggiamento del mondo d’oggi, che invece vuole qualcosa adesso, anzi tutto subito. E quindi questa figura è profetica proprio in quanto ci indica una posizione più profonda di quella che contraddistingue la modernità.



Nel libro dell’Esodo Dio dice: “Non molesterai il forestiero, né l’opprimerai perché voi siete stati forestieri nel Paese d’Egitto”. Si può dire che nello Stato di Israele oggi i più poveri e deboli siano i palestinesi?

E chi l’ha detto che i palestinesi sono poveri e deboli? Sono stato in Israele la scorsa settimana e ho visto con i miei occhi come vivono i palestinesi. La loro situazione è di gran lunga migliore di quella dei loro fratelli siriani, perché la loro vita quantomeno non è in pericolo. In Siria sono state uccise 200mila persone in cinque anni, ma vedo che questo per lei non è il problema principale. Allo stesso modo lei non mi ha chiesto nulla delle 50mila persone uccise in un anno di guerra civile nel Sud Sudan.

A me interessa appunto che cosa ne pensa di israeliani e palestinesi…

Per venire alla questione di israeliani e palestinesi, ritengo che si debba trovare una soluzione per vivere insieme. Ma se l’unica domanda che mi pone è chi in questo momento sia più debole ed emarginato, lo ritengo un modo ossessivo di vedere il problema che non aiuta a dialogare e a trovare una soluzione.

A proposito di dialogo, lei come valuta il Pontificato di Papa Francesco?

Quello di Papa Francesco è un ottimo Pontificato, perché è incarnato da una personalità molto profonda, corretta e umana. Ma soprattutto Francesco ha una grande capacità di parlare a tutti, anche a chi non condivide tutte le sue idee. Alcuni mesi fa mi sono incontrato con lui, e ho percepito che si poneva al mio stesso livello. In Francia si usa l’espressione “se retirer sur l’Aventin” (simile all’italiano “ritirarsi in Aventino”, ndr) per indicare l’atteggiamento di chi si concepisce fuori dal mondo. Proprio il contrario di Papa Francesco, che invece si pone dentro al mondo.

 

La Francia sembra essere più antisemita oggi rispetto al passato. Perché?

Non è la Francia a essere più antisemita, ma il mondo intero. Anche in Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Danimarca e in tutti gli altri Paesi c’è un diffondersi dell’antisemitismo. Una posizione che probabilmente nasce dalla paura e dalla sensazione che il mondo stia cambiando. Anche se resta il fatto che occorre costruire qualcosa di nuovo per combattere la minaccia rappresentata dall’antisemitismo stesso.

 

Per restare in tema di tolleranza e integrazione, che cosa ne pensa delle differenze nei modelli di accoglienza degli immigrati in Francia e Italia?

L’integrazione degli extracomunitari non è un problema francese o italiano, bensì una questione europea, internazionale e soprattutto umana. Se arrivano 20mila immigrati in Grecia, questo è un fatto che non riguarda Atene ma l’intera Europa. Garantire loro un’esistenza dignitosa non è dunque un dovere dei singoli Stati ma dell’Unione Europea e di tutta l’umanità.

 

Ogni Paese europeo ha però un approccio del tutto diverso. Come superare questa situazione?

Occorre un approccio comune a tutti e 28 gli Stati dell’unione Europea. Sarà un processo molto difficile da realizzare, ma troveremo la soluzione.

 

(Pietro Vernizzi)

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