Almeno 29 persone, tra cui sei poliziotti, sono rimaste ferite nell’esplosione di un’autobomba di fronte a un edificio della polizia egiziana al Cairo. La potente deflagrazione ha colpito il distretto di Shubra al-Khaima a nord della Capitale nelle prime ore di ieri mattina. Un comunicato del ministero dell’Interno ha spiegato che “un uomo ha improvvisamente fermato la sua auto di fronte al palazzo statale della sicurezza, è saltato fuori ed è fuggito a bordo di una moto”. L’attentato è stato rivendicato sia dallo Stato Islamico sia dai black bloc egiziani. Ne abbiamo parlato con padre Samir Khalil Samir, gesuita egiziano e uno dei massimi studiosi del mondo islamico.
Chi sono secondo lei i veri autori di questo attentato?
I terroristi jihadisti del Sinai di recente hanno affermato che la linea da seguire in Egitto è che tutti coloro che non sono “autentici” musulmani, cioè che non seguono la linea rigida degli estremisti islamici, non sono musulmani e sono dunque “atei” o “miscredenti” (kuffar, plurale di kafir). Ora, secondo un passo coranico, Dio ha dato ordine al Profeta (cioè a Muhammad) di «combattere i miscredenti» (kuffar) (Corano 9,73) e i commentatori aggiungono “con la spada” (bi-l-sayfi). Questo versetto, e tanti altri sono diventati oggi la giustificazione sempre più diffusa per uccidere chiunque non la pensa come loro. Poiché i jihadisti non possono condurre una guerra in senso classico ricorrono agli attacchi terroristici.
Con quale obiettivo?
Il gruppo del Sinai ha come scopo la distruzione di Israele e dei suoi amici. Tra questi ultimi hanno nominato espressamente l’Egitto. Fin dal ’73 infatti il Cairo ha siglato un’intesa pacifica con Israele.
Per quale motivo i gruppi del Sinai sono giunti a questo atto così efferato?
Il terrorismo è la risposta brutale di chi è disperato e non vede altra soluzione se non la violenza. Gli attentati terroristici però hanno come unico risultato che ogni anno c’è un nuovo pezzo della Palestina che diviene parte di Israele. Ritengo che questa strategia sia un grave errore non solo ovviamente sul piano umano, ma anche dal punto di vista del perseguimento degli interessi dei palestinesi.
Perché?
Il terrorismo non può avere come conseguenza delle conquiste territoriali, e quindi l’unico risultato di gesti come quello di ieri, se fosse contro israeliani, sarebbe di fare morire ancora più palestinesi. Bisogna prendere atto del fatto che Israele è più forte, e che se lo volesse potrebbe uccidere migliaia di arabi in un colpo solo.
Perché è così certo che ci sia un legame tra questo attentato e la questione israeliano-palestinese?
In Egitto il terrorismo è presente soprattutto nel Sinai, e solo da due anni. I jihadisti vi sono arrivati da Gaza attraverso dei tunnel nel 2012-2013, con il beneplacito dell’allora presidente Morsi. Quando è subentrato il presidente Al-Sisi, si è trovato con migliaia di jihadisti nel Sinai. Il loro scopo è lottare contro Israele e i suoi “alleati”. Ha deciso di combatterle, anche se sono dei cosidetti “fratelli”, per rispettare la legalità e mantenere la pace.
Ma perché colpire proprio il Cairo?
Organizzando un attentato al Cairo sperano che la popolazione, stanca del sangue, faccia venir meno il suo sostegno ad Al-Sisi. Intendono inoltre fare del Sinai una base da cui possa partire la lotta contro Israele. E’ una politica stupida che è praticata anche a Gaza, dove si uccidono alcuni israeliani, provocando poi la distruzione di centinaia di case di palestinesi. L’unica possibile soluzione è quella diplomatica.
Quali sono gli intoppi lungo questa strada?
Israele sta occupando un numero sempre maggiore di territori ufficialmente palestinesi, sia a Gerusalemme che nelle zone sancite come palestinese dall’Onu. Per questa ragione ritengo che Israele sia uno Stato terrorista, dove il terrorismo non è messo in atto da alcuni gruppuscoli ma dallo Stato stesso. Chiamo terrorista chi uccide e compie azioni di guerra senza essere nella legalità. Sia i jihadisti palestinesi che lo Stato israeliano non fanno che aumentare l’odio mutuo, uccidendo e distruggendo.
Questo attentato è stato rivendicato dall’Isis. Significa che il Califfato ha deciso di schierarsi contro Israele?
Il Califfato entra in tutti i fenomeni di stampo terroristico, direttamente, o mostrando attraverso il suo esempio che il jihadismo è una strada che paga. Questo ha ridato forza a movimenti che fino a poco tempo fa sembravano esauriti, quali Al-Qaeda. Adesso gruppi e gruppuscoli provano ha ripetere quanto è avvenuto in Siria e Iraq.
Che cosa rappresenta l’Egitto in questa partita?
Ci sono tre Stati in Medio Oriente che si oppongono all’ideologia fondamentalista con particolare forza: Iran, Siria ed Egitto. Mentre i primi due si limitano a difendere il loro territorio, l’Egitto ha deciso di mettere al bando anche i gruppi ideologicamente affini ai terroristi. Siamo arrivati a una fase che richiede un accordo più globale, e da questo punto di vista l’Egitto ha un ruolo importante perché è il più grande Paese arabo (con 90 milioni di abitanti) e il più organizzato militarmente. Ora, questa politica interessa anche l’Europa. Se oggi il jihadismo si diffonde nel mondo arabo-islamico, presto penetrerà l’Europa e l’Occidente in genere.
(Pietro Vernizzi)