“Una soluzione pacifica in Libia può essere trovata solo attraverso il dialogo con tutte le parti in causa che serva come premessa a un intervento sotto l’ombrello dell’Onu”. Lo afferma Taieb Baccouche, ministro degli Esteri della Tunisia, secondo cui “l’egida dell’Onu è più adeguata di quella della Lega araba in quanto tutti gli Stati arabi, con l’eccezione della Tunisia, stanno sostenendo alcune fazioni libiche contro le altre”. Il ministro Baccouche ieri era in Italia, dove ha partecipato al Meeting di Rimini nel corso del quale si è incontrato con il suo collega italiano, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.



Come si spiega la stabilità politica della Tunisia? E’ perché la Primavera araba ha avuto successo o per l’esatto contrario?

Si spiega con una presenza millenaria dello Stato in Tunisia. Anche dopo la rivoluzione c’è stata la continuità nello Stato, che rappresenta un elemento di stabilità. E’ ciò che ad esempio è mancato in Libia. A ciò si aggiunge una società civile dinamica. Sono questi i due elementi che hanno contribuito alla riuscita della transizione democratica in Tunisia. Affinché questa transizione riesca in modo irreversibile, deve essere consolidata attraverso uno sviluppo economico e sociale duraturo.



Quale ruolo può giocare la Tunisia nell’instabilità del Medio Oriente dovuta all’Isis?

La politica estera della Tunisia è ispirata a principi e valori. Il punto di partenza però è la volontà di non immischiarsi negli affari interni degli altri Paesi. Non abbiamo neanche la pretesa di esportare la nostra esperienza, e siamo comunque per soluzioni politiche e mai per soluzioni militari. Quindi da parte nostra operiamo affinché i problemi che ci sono in alcuni Paesi possano essere risolti attraverso la negoziazione.

La Tunisia ha subito due gravi attentati terroristici. Come è cambiato il sentimento della popolazione?



La popolazione sente che l’esperienza tunisina è minacciata. L’opinione pubblica è cosciente del fatto che il terrorismo vuole colpire la democrazia tunisina per sabotare la sua economia.

Che cosa può fare la Tunisia per quanto riguarda la crisi dei migranti?

I migranti approfittano dell’instabilità della Libia per raggiungere Tunisia ed Europa. La migliore soluzione è contribuire a stabilizzare le regioni da cui provengono questi rifugiati, contribuendo allo sviluppo affinché i giovani trovino lavoro nei loro Paesi. Nella fase di transizione occorre accettare alcuni migranti, come sta facendo la stessa Tunisia. Dopo la guerra civile in Libia oltre un milione di persone si sono rifugiate in Tunisia, dove ne sono rimaste a tutt’oggi alcune centinaia di migliaia. La Tunisia sta inoltre aiutando a trovare soluzioni concertate tra le due sponde del Mediterraneo.

Come valuta il modo in cui si sta comportando l’Italia nei confronti dei migranti?

L’Italia è il primo Paese europeo di passaggio di questi migranti, ma non è il Paese di destinazione. La maggior parte preferisce recarsi in Germania e nei Paesi scandinavi, dove c’è un’economia sviluppata e una richiesta di manodopera. In Italia non è così, ma anche il vostro Paese potrebbe approfittare di questa manodopera.

La Libia è uno Stato fallito. Quali sono le scelte della Tunisia nei suoi confronti?

Non si può dire che sia uno Stato fallito, piuttosto in Libia non c’è uno Stato e non c’era neanche ai tempi di Gheddafi. Lo Stato quindi è da costruire da zero, e bisogna aiutare la Libia a erigerne uno democratico e moderno. Ciò può essere possibile con l’aiuto di Europa e Tunisia: possiamo giocare il ruolo di catalizzatori, pur senza dare lezioni né forzare le cose. Il nostro compito è aiutare le diverse parti in causa a sedersi attorno allo stesso tavolo e trovare un compromesso. Questo obiettivo non è impossibile da raggiungere.

 

Una volta messe d’accordo tutte le fazioni libiche si deve chiedere un intervento internazionale?

L’ombrello dell’Onu può essere il contesto ideale per raggiungere questo obiettivo, in quanto garantirebbe legittimità alle soluzioni approvate.

 

Meglio l’Onu o la Lega araba?

Le due cose non sono in contraddizione, ma nella Lega araba ci sono dei Paesi che sostengono alcune fazioni libiche contro le altre. L’unico Paese arabo a non fare così è la Tunisia. L’ombrello dell’Onu è dunque più adeguato.

 

Come dovrebbe cambiare l’equilibrio dei Paesi del Mediterraneo per avere una Regione più sicura?

Bisogna semplicemente che tutti i popoli prendano coscienza del fatto che hanno un’identità comune, che rappresenta una componente della loro identità specifica: l’appartenenza alla millenaria cultura mediterranea. E’ un punto in comune che bisogna far fruttificare e sviluppare, perché può contribuire a cementare l’unità del Mediterraneo.

 

Il titolo del Meeting fa riferimento a una mancanza nel cuore dell’uomo che solo Dio può colmare. Che cosa significa questo per un politico di religione musulmana ma anche laico come lei?

Certo, è vero che l’uomo dall’antichità più lontana non ha mai accettato che la morte sia una fine. E quindi la speranza in una vita migliore non si può concepire che con Dio e l’aldilà. Questo è un punto che hanno in comune tutte le civiltà, dall’antichità più lontana, e quindi è una dimensione spirituale inerente all’essere umano. Questa dimensione è riempita dalla fede e da un sistema di valori cui l’essere umano vuole legarsi. Il Meeting di Rimini cerca di rispondere a questi interrogativi tramite il dialogo tra le diverse componenti del Mediterraneo nella loro diversità. E la diversità non è in contraddizione con ciò che è universale.

 

(Pietro Vernizzi. Ha collaborato Isabelle Rey)