ATENE — Avanti con i colpi bassi. Siamo in campagna elettorale e i sondaggi dicono che il partito dei “Greci indipendenti” non  riuscirà ad oltrepassare la soglia di sbarramento del 3%. Eppure è stato alleato di Syriza per sette mesi, e il suo presidente, Panos Kammenos, è stato ministro della Difesa. Ma la tradizione politica ellenica insegna che i piccoli partiti personali, cioè che si sono aggregati attorno ad un politico, non sono destinati a durare, a maggior ragione se hanno fatto parte di un governo. 



Ma Panos Kammenos non demorde. Anzi contrattacca. L’ultima sciabolata l’ha diretta contro l’ex ministro delle Finanze, Yanis Varufakis. “Non escludo – ha affermato Kammenos – che abbia giocato un brutto ruolo nelle trattative. Chi aveva da guadagnare? Sicuramente la Germania, ma anche alcuni Fund americani con i quali Varufakis aveva in precedenza collaborato”. Ovviamente, così emarginato, nessuno ha sollevato obiezioni. Tranne Varufakis stesso il quale in un tweet ha scritto: “Chiunque dimostri che ho lavorato per un Fund vince una moto Yamaha (la sua, ndr) XJS modello 2010″. 



Strana campagna elettorale autunnale, dove gli attacchi diretti sono all’ordine del giorno. Si va verso una “grande coalizione” sinistra-destra, una “piccola coalizione” sinistra-centro? Per la prima ipotesi si sta spendendo il presidente di Nea Democratia, il quale, smentendo se stesso, ha dichiarato ieri che non vuole Tsipras quale primo ministro. Della seconda nessuno parla, tantomeno i due piccoli partiti interessati – i socialisti del Pasok che hanno imbarcato anche i superstiti di un partitino nato alcuni anni fa da una scissione in Syriza (e ovviamente sparito) e i moderati di “To Potami”. Molto dipenderà dai “desiderata” dei creditori. Si aspetta la prossima settimana per conoscere i loro consigli interessati. 



Alexis Tsipras ha adottato una linea parallela a quella del gennaio scorso: orgoglio di partito e certezza di rappresentare il nuovo che deve governare per cambiare il Paese e, ovviamente, i termini dell’accordo firmato a luglio. E sta sostenendo di puntare alla maggioranza assoluta (151 seggi). “Chiediamo due parlamentari in più (a gennaio erano 149, ndr) per non essere loro ostaggi”. Dunque nessuna collaborazione con i “vecchi” partiti e i loro “pesi morti” (ministri troppo compromessi). Ma per arrivare al 38% (oggi i sondaggi danno il suo partito al 27-30%) deve convincere gli indecisi, coloro cioè che a gennaio hanno votato Syriza. Il partito – ha sostenuto Tsipras – resta una formazione di sinistra, uguale a quello che i cittadini hanno scelto otto mesi fa. Ma il suo dna è uguale a quello del partito del 3-4%, quando era un partito di “protesta” e in prima fila nelle lotte sociali. Ora, “metà di loro ci dicono che restiamo un partito di protesta, e metà che siamo incollati alle poltrone. A questo ultimi dico che abbiamo gli stessi valori, gli stessi ideali che ci hanno accompagnati fino a qui”. 

E’ probabile comunque che si arriverà ad una “grande coalizione” qualora il neo-Syriza sia il primo partito. In caso di vittoria di Nea Democratia, è possibile che Tsipras non voglia entrare al governo. Ma potrebbe andare all’opposizione e votare contro misure che lui stesso ha votato?

In ogni caso, qualunque sia la composizione dell’esecutivo, si dovrà procedere con la tabella di marcia stabilita dal terzo Memorandum e fare i conti di quanti euro ci sono nella casse statali. Le stime dicono che sono vuote. All’orizzonte non si vedono investitori stranieri, il mercato interno langue, il “capital controls” non verrà abolito domani, la disoccupazione è aumentata, così il tasso di recessione. Di futuro, di prospettive non si parla in questa campagna elettorale. La strategia è creare un alone di simpatia e di consenso attorno ai leader. E anche la campagna pubblicitaria è a dir poco deludente, al pari del primo confronto televisivo tra i leader, mentre lo spot elettorale del dracmista Panajotis Lafasanis lascia esterrefatti. Lui, Lafasanis, ferma un taxi per strada. Sale e dice al tassista di portarlo alla Zecca dello Stato. Per fare che cosa? Assaltarla come aveva consigliato a Tsipras?

Aspettiamo la seconda puntata. E pensare che Tsipras lo ha voluto ministro.

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