2 febbraio 1990, giornata storica per il Sudafrica, il momento in cui viene annunciata la liberazione di Mandela. In un’altra parte del paese però avviene un terribile omicidio. Samuel Benedict Daswa, direttore di una scuola primaria viene lapidato a morte. Era cattolico e la sua unica colpa fu quella di aver spiegato che l’incendio che aveva distrutto diverse abitazioni del piccolo villaggio dove viveva era stato causato da un fulmine e non da una punizione divina. Superstizione contro ragione, l’uomo, padre di otto figli, non aveva voluto dare soldi a uno stregone come chiedevano gli abitanti del villaggio, per porre fine al maltempo che flagellava la zona. Mentre tornava a casa la sera del 2 febbraio venne attirato in un tranello, picchiato a morte con sassi e bastoni e per essere sicuri che fosse morto gli versarono acqua bollente nelle orecchie e nelle narici. Un martirio il suo, che adesso la Chiesa ha riconosciuto proclamandolo beato ,il primo del Sudafrica. Ieri la cerimonia dopo l’approvazione di papa Francesco: mentre veniva ucciso, Benedict pregava in ginocchio, è stato detto. E ancora: “Beato per la sua eroica testimonianza della parola di Dio, per la quale ha versato il suo sangue”. Ieri Bergoglio lo ha ricordato durante l’angelus: “Nella sua vita dimostrò sempre grande coerenza, assumendo coraggiosamente atteggiamenti cristiani e rifiutando abitudini mondane e pagane. La sua testimonianza aiuti specialmente le famiglie a diffondere la verità e la carità di Cristo. Sono passati appena 25 anni dal suo martirio e anche oggi bambini, adulti, famiglie vengono uccisi o perseguitati per seguire Gesù”.