Le conseguenze della crisi greca sembrano avere un impatto molto più duro sugli abitanti delle città, grandi e piccole, nelle quali si concentra gran parte della popolazione. Nelle campagne, nei villaggi e nelle isole invece, le ripercussioni sulla vita di tutti i giorni sembrano meno pesanti. Questa almeno è l’impressione che traggo da ciò che vedo e dai racconti della gente che incontro nel mio breve viaggio a Evia, la seconda isola greca per grandezza dopo Creta.



“Ad Atene muori di fame, mentre nel villaggio puoi sempre raccogliere qualche verdura dall’orto e mangiarti un pollo,” dice Georgios, allevatore in pensione a Prassino, un villaggio di montagna non lontano dal lago Dystos. Ad Aliveri, piccola città industriale situata nella parte sud dell’isola, si notano le vetrine vuote di negozi che hanno chiuso. Come ad Atene o a Salonicco, le città più grandi, sono il segno visibile di una crisi che soffoca i piccoli commercianti e le attività imprenditoriali.



Rispetto alle elezioni del 20 settembre, prevalgono sentimenti di rassegnazione (tanto non cambierà nulla) e di disgusto per la politica e i politici. “Non cambierà nulla per noi, qualsiasi sarà il risultato di queste elezioni”, dice Maria, 30 anni, tornata sei anni fa ad Aliveri per sposarsi dopo aver vissuto a lungo a Birmingham, in Gran Bretagna. Tornare in Inghilterra è difficile ora che ha due bambini, anche se sua sorella è rimasta là.

Lavora con il marito in un bar che serve caffè e deliziose paste alla crema (bugaccia) su una affollata via pedonale del centro. Dice di pagare a fatica un mutuo di 800 euro al mese, perchè i salari hanno perso potere d’acquisto. “Promettono cose prima delle elezioni e poi fanno altro”, dice dei politici. La cosa che la preoccupa maggiormente è il futuro dei suoi figli. Se una volta i genitori mettevano da parte i loro risparmi per lasciare ai figli una casa e un pezzo di terra, spiega Maria, oggi i figli ereditano solo debito per le tasse introdotte sulla proprietà nel 2011.



“Mio figlio non voterà più Syriza”, interviene Vasso, proprietaria del negozio di parrucchiera dove si svolge la nostra conversazione. Il partito di Alexis Tsipras ha deluso coloro che, inizialmente, hanno creduto alle sue promesse e lo hanno votato per il proclamato rifiuto dell’austerità, salvo poi ritrovarsi con la peggiore austerità dall’inizio della crisi. Eppure, il peggio ancora deve arrivare perchè è troppo presto per vedere gli effetti delle pesanti misure approvate recentemente dal Parlamento.

Molti pensano che le tasse sulle imprese soffocheranno ancora di più l’economia e spingeranno gli imprenditori a spostare altrove la produzione. “Syriza? Loro sono la più grande delusione”, dice un uomo che incontro alla stazione di polizia di Aliveri. Racconta che da giovane si interessava attivamente alla politica, ma ora, a 67 anni, pensionato della locale compagnia elettrica, non sa cosa andrà a votare. “Non mi fido di nessun politico, mi danno il voltastomaco”, dice. Hanno alzato le tasse e tagliato la sua pensione. “Che altro possono fare? Non possono fare peggio di così”, aggiunge. Un giovane accanto a lui annuisce vigorosamente.

La rabbia è soprattutto rivolta contro la Germania, responsabile per lui del taglio alle pensioni. Questo succede perchè la Grecia è parte dell’Unione europea, osservo. “No, siamo parte dell’Unione tedesca”, aggiunge sarcastico. La vita rurale, lontano dai centri urbani, potrebbe forse rappresentare un’alternativa – per chi può spostarsi – alla città. Soprattutto se le cose dovessero ulteriormente peggiorare.

Demetra ha 77 anni e dopo una vita di duro lavoro in una tabaccheria ad Atene ora è in pensione e vive a Prassino, nella casa di famiglia, con i suoi due gatti. Dice che in tutto ci saranno massimo 500 abitanti nel villaggio e che, tra Prassino e Atene, preferisce di gran lunga il primo. Sua nipote Ioanna vive ad Atene con marito e due figli nell’ex villaggio Olimpico. Entrambi lavorano e non pensano di lasciare la città, ma intorno a loro molte persone se ne sono già andate. “Prenderei in considerazione di andare all’estero, da mio fratello, oppure di tornare al villaggio dove sono cresciuta”, dice Ioanna.

La sua migliore amica è partita per gli Stati Uniti, dove ha trovato un lavoro grazie al fatto di avere il passaporto americano. E un’altra amica, di origine bulgara, ha deciso di tornare con la famiglia in Bulgaria. A Sofia sta pensando di trasferirsi anche l’azienda di accessori per la moda dove lavora suo marito, racconta, a causa delle tasse.

Anche chi non ha problemi economici si scontra quotidianamente con l’attuale politica del controllo del capitale (capital controls). “Mio marito voleva comprare un’auto nuova, una Nissan, ma la concessionaria gli ha detto ci dispiace, non possiamo importarla”, racconta Maria, 46 anni e madre di tre figli, mentre prendiamo un caffè a Karavos, il piccolo porto di Aliveri. L’impresa del marito, specializzata nel taglio del marmo, va a gonfie vele nonostante la crisi. Maria voterà Nuova Democrazia. “Tsipras vorrebbe riportare indietro l’orologio a dieci anni fa”, dice, aggiungendo che andare a tassare le imprese vuol dire non avere più chi investe nell’economia. È convinta che tra i sostenitori di Syriza ci sia “principalmente chi ha debiti con le banche”. Per dieci anni, prima della crisi, molta gente in Grecia otteneva prestiti per tutto, così si è indebitata, spiega.

Dimitris, insegnante in pensione che vive a Chalkida, la città principale dell’isola, propende per un ritorno alla vita rurale. “La Grecia non è mai stata una potenza industriale”, dice, aggiungendo che tutti i negozi che vendono servizi dovrebbero chiudere e al loro posto si dovrebbero aprire aziende agricole. Sua moglie Maria, ex impiegata in una fabbrica di porcellana, dice di essere delusa da Tsipras. Ma l’ex primo ministro gode del supporto di molti giovani, che “spesso non votano con la loro testa”, aggiunge Dimitris.

Ma non sono solo i giovani i sostenitori di Tsipras. C’è chi, come Stamatis, anche lui un insegnante in pensione nel villaggio costiero di Amarinthos, circa 7.000 abitanti, voterà ancora Syriza. Si dice “deluso”. però il partito attualmente al governo è “il male minore”. Tutti i mali di oggi vengono dalla destra, dice, e Tsipras resta l’unico baluardo contro la cancelliera tedesca Angela Merkel e la sua politica di austerità in Europa. Sua figlia, anche lei insegnante, ha appena ottenuto il trasferimento ad Atene che tanto voleva. Grazie a questo governo, che continuerà a votare.

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