NEW YORK — Martedì 22 settembre, 4 del pomeriggio. Papa Francesco arriva negli Stati Uniti. Atterra a Joint Base Andrews. Sarà Barack Obama a fare gli onori di casa, così come George Bush fece con Papa Benedetto nel 2008 — primo presidente ad accogliere di persona un Pontefice. Il Papa “dei poveri” e “dell’ecosistema” arriva nel paese dove tutti sognano di diventare ricchi e dove — a parte east e west coast — l’ambiente è dove gli uomini fanno fruttare la natura, senza troppe precauzioni. Prima di Benedetto XVI, Giovanni Paolo II, il grande pellegrino, ci aveva marcato stretti: 1979, 1981, 1984, 1987, 1993 ed infine nel 1995 quando espresse pubblicamente il suo affetto e la sua gratitudine per questo Paese. E prima di lui Paolo VI, quando mai un Papa aveva attraversato l’oceano. Paolo VI, il primo “Papa volante”, il primo Papa a portare la sua voce alle Nazioni Unite.
Sono passati 50 anni dalla visita di Papa Montini. Tante cose sono cambiate profondamente, tante solo all’apparenza. Se Paolo VI si trovò a parlare con Lyndon Johnson della guerra nel Vietnam e delle lotte civili contro la segregazione razziale, Papa Francesco avrà l’imbarazzo della scelta sia rispetto alle guerre che alle tribolazioni e agli sconquassi della società civile. Sono cambiati anche i cattolici in questo paese. Numericamente è senz’altro l’immigrazione latina a mantenere la cattolicità americana al primo posto tra i gruppi — perdonatemi la definizione asettica — di religione organizzata. I 70 milioni circa di cattolici rappresentano all’incirca il 22 per cento dei credenti. I protestanti sfiorano il 50 per cento, ma oltre che dispersi in una miriade di chiese e congreghe perdono affiliati omne die. Le statistiche — per quel che valgono — parlano di qualcosa come 1.000.000 (un milione!) di protestanti all’anno che mollano qualsiasi forma di pratica religiosa. Una emorragia inarrestabile.
Se ne vanno anche i cattolici di una volta, chiudono anche le loro parrocchie e chiudono le loro scuole (tradizionalmente ogni parrocchia aveva la sua scuola). Ma cresce questo zoccolo duro di uomini e donne che vengono dal centro e sud America. Tanti entrati in questo paese illegalmente, gente povera, gente alla ricerca di una vita con un briciolo di dignità.
Vengono e si attaccano a Santa Romana Chiesa, l’unica “madre” disposta ad accoglierli come sono e per quello che sono. “La grande ed unica speranza della Chiesa cattolica americana”, come li definiva monsignor Lorenzo Albacete. Verissimo, ma c’è un cammino da fare, c’è una grande sfida da accettare, perché questo nuovo popolo cattolico fatica a diventare una cosa sola con il paese dove ha scelto di vivere. E’ il cammino che San Paolo chiamerebbe “farsi americani con gli americani”, così che la fede possa diventare un seme di nuova civiltà per tutti, qui ed ora.
Papa Francesco si fermerà sulla costa east, ma in questi giorni getterà un grande ponte fino alla costa opposta dove questa nuova presenza è preponderante. Come fece padre Junipero Serra, il francescano spagnolo che alla fine del ‘700 percorse in lungo e in largo la California avviando la nascita di tante “missions“. Il Santo Padre lo canonizzerà mercoledì pomeriggio, offrendocelo come testimonianza da seguire perché anche noi possiamo lavorare a questa costruzione. Costruire “missions“, pietre vive di una civiltà di verità e amore.