“L’Ue è strutturalmente bloccata, e su questo ha ragione Orbán: o si cambiano le regole o nessuno può costringere l’Ungheria ad adottare le decisioni degli altri Paesi Ue”. Lo afferma Gian Enrico Rusconi, professore di Scienze politiche nell’Università di Torino, dopo che il Consiglio europeo straordinario ieri ha dato il via libera al ricollocamento di 120mila profughi da Italia e Grecia verso altri Paesi. “Devo rispettare Schengen e ristabilire l’ordine. Se non seguiamo le regole, tutta l’Ue piomba nel caos”, ha detto il premier ungherese Orbán. Mentre la Slovacchia ha annunciato che ricorrerà legalmente contro le decisioni europee.



Professore, quale Europa emerge dal vertice straordinario di ieri?

E’ uno scenario caratterizzato dalla paralisi. Nessuno riesce a imporsi, per la ragione molto semplice che Juncker non ha né l’autorità né l’autorevolezza per costringere Orbán a seguire le sue decisioni. Il presidente ungherese del resto ha ragione a dire che sta seguendo le regole, e la conseguenza è una empasse tremenda.



E’ un’empasse di natura politica, culturale o altro?

Nessuna delle due, quella dell’Ue è una paralisi proprio strutturale e la vicenda dei migranti la mette in evidenza. Tutti criticano l’Ungheria, ma non c’è nessuna autorità che possa imporre alcunché. Il vero problema è che non esiste un governo europeo. Schauble una volta ha detto in faccia a Jucker un’amara verità: “il presidente della Commissione Ue deve solo applicare le regole”.

Come si esce da questa empasse strutturale?

L’unica che potrebbe fare qualcosa è la Germania, ma più a livello di capacità diplomatica che di possibilità di costringere altri Paesi. Potrebbe esercitare un’influenza sulla Polonia, forse sui Paesi Baltici, ma non certamente sull’Ungheria. L’unico vero governo europeo del resto è il Consiglio Ue composto dai capi di governo, ed è in questa sede che alcune volte la Germania riesce a prevalere.



Polonia e Ungheria sono del tutto allineate?

No. A differenza della Polonia, cui probabilmente basterebbe dare degli aiuti per convincerla a cambiare posizione, l’Ungheria ne sta facendo una questione di principio. Il vero problema è geopolitico.

In che senso?

Mentre la Polonia considera Putin un avversario, l’Ungheria lo vede quasi come un alleato. Anche questi aspetti di politica internazionale interferiscono, paralizzando di fatto l’Ue. A ciò si aggiunge il fatto che in questo momento la Germania è in difficoltà: sulla vicenda dei migranti la Merkel si è dimostrata molto coraggiosa, ma al suo interno ha dei nemici molto forti e il contenzioso da questo punto di vista non è ancora chiuso.

Secondo lei come si spiega la linea così dura dell’Ungheria?

Il vero problema è che non sono i governi, bensì i popoli che non vogliono i migranti. Per ragioni che non sono chiarissime, la gente dell’Est non vuole saperne dei rifugiati. E anche se durante la Guerra fredda erano gli ungheresi a chiedere asilo nell’Europa occidentale, dal loro punto di vista è un’altra cosa.

 

Per l’ex ministro Andrea Riccardi, Juncker e Tusk rappresentano lo “scontro tra due mentalità contrapposte”. Lei è d’accordo?

No. Il commissario polacco Tusk in alcune circostanze si è mostrato disponibile, l’unico politico a essere espressione della linea dura è l’ungherese Orbán. La posizione della Polonia invece è più oscillante, e per comprenderla a fondo bisogna considerare il suo rapporto con Russia e Germania. Abbiamo sottovalutato completamente il ruolo della Russia, e ora ne paghiamo le conseguenze. E’ inutile che Riccardi faccia un discorso di carattere puramente etico, qui è la politica brutale che è entrata in scena. Abbiamo gente che scappa, e anche dietro a questa fuga ci sono motivazioni politiche.

 

Il commissario greco Avramopulos intanto prepara una serie di proposte tra cui una Blue Card per i migranti. E’ la soluzione di cui c’è bisogno?

Stiamo girando attorno al problema. Se non ci fossero i Paesi dell’est la questione sarebbe risolta. Anche se non dobbiamo dimenticarci che la stessa Francia non è stata particolarmente elegante, come ha dimostrato il caso Ventimiglia. Invece l’Ungheria polarizza tutta l’aggressività su questa vicenda. E’ una situazione estremamente ambigua. Quindi i burocrati europei possono fare tutti i progetti che vogliono, ma finché l’Ue non avrà un governo basta che uno dica no e tutto si ferma.

 

(Pietro Vernizzi)